
In un momento storico in cui i ristoranti lamentano la mancanza del personale di Sala, è andata in scena nell’esclusiva location del Palazzo delle Esposizioni a Roma la settima competizione di Emergente Sala per decretare il miglior cameriere d’Italia 2020 che, con un’edizione “indietro”, ha cercato di proiettarci in quello che potrebbe essere il futuro. Anche se il COVID ha fermato per un anno un intero settore (concorso compreso), in realtà non ha tolto la voglia a tanti giovani di partecipare e dimostrare che nella sala di un ristorante i ragazzi vogliono lavorare con tutto il loro bagaglio culturale e, nonostante la giovane età di molti, l’energia e la voglia di fare che si poteva respirare in quella finale era magica, merito per l’appunto di giovani promesse che mai come oggi stanno cercando di “svecchiare” una professione che negli ultimi 15 anni è forse stata gestita troppo in sordina. Non stupisce l’assenza alla kermess di tanti “maestri” di Sala che a quella finale, chi per un motivo chi per un altro, non erano presenti, ignorando quanto il mondo stia cambiando, compreso quello della Sala che passa anche attraverso questo concorso.
In un mondo in cui la figura di Sala è stata per anni bistrattata e considerata come una occupazione “in attesa di meglio”, qui l’improvvisazione ha tutt’altro che un futuro visto che la professionalità è il comune denominatore che ha portato in finale i 6 finalisti delle 3 selezioni regionali di sud, centro e nord Italia.
Sono Jessica Rocchi, Francesca Sileoni, Alessandro Poletto, Filippo Billis, Emanuele Ritacco e Giacomo Scatolini che si sono sfidati a suon di prove tecniche e teoriche per strappare il titolo di Emergente Sala a Gabriele Bianchi, eletto nel 2019 e che per ben due anni, causa COVID, è stato detentore di un titolo che, grazie a lui e al suo impegno nel web, ha fatto sì che questo concorso crescesse.
Rivoluzione sala: l’esempio concreto di Gabriele Bianchi
Ma chi è Gabriele Bianchi e cosa ha fatto dopo essersi conquistato il titolo di miglior cameriere d’Italia?
Per lui la passione per la ristorazione è nata da bambino, complice la sua famiglia che gestiva un ristorante a Marina di Bibbona. A 10 anni a Gabriele già piaceva servire a tavola: “Provavo soddisfazione perché vedevo i clienti felici: fu amore a prima vista”. Tant’è che terminate le scuole medie decise di iscriversi all’alberghiero di Rosignano Solvay.
Da qui in poi numerose esperienze nella ristorazione, partendo giovanissimo dall’Enoteca Pinchiorri, La Pineta (una stella) a Marina di Bibbona, Da Vittorio a St Moritz (due stelle) e a Brusaporto, fino ad approdare a Villa Crespi, quando partecipa e conquista il premio Emergente Sala 2019 facendosi notare per la sua passione per il “servizio del the” poco diffuso nei ristoranti, caratteristica che lo rese immediatamente diverso e riconoscibile tra gli altri concorrenti.
Un titolo vinto, quello di Emergente Sala, che Gabriele Bianchi mise subito a frutto creando Rivoluzione Sala, dove nel mese di ferie da Villa Crespi, autofinanziato da se stesso, girò 80 scuole, da Domodossola alla Sicilia, portando la passione per il servizio di Sala e l’arte dell’accoglienza per far vedere alle giovani leve che si può esser “fighi” anche facendo il cameriere. Un progetto, quello di Rivoluzione Sala, che oggi si è ingrandito a 110 scuole in tutta Italia.
Ma Gabriele Bianchi non si è fermato qui: in piena pandemia si è lanciato sui social fino a farsi notare da un’agenzia che lo ha voluto nella sua scuderia per portare il mondo della Sala e quello del the in televisione, approdando così in programmi tv Rai. Niente male se si pensa che ha solo vinto il concorso di miglior cameriere d’Italia.
Marco Colognese: la Sala è davvero la svolta nel futuro della ristorazione?
Lo abbiamo chiesto a Marco Colognese noto, attento e sopraffino gastronomo presente alla finale di Emergente Sala che, in tanti anni, di ristoranti e di sale ne ha visti parecchi: “Inizio ad avere una certa età, così mi sono passate davanti un paio di generazioni di sala e comincio a vedere lo sviluppo della terza. Ricordo con un pizzico di malinconia (e pure con un po’ di rimpianto) la manualità sapiente del servizio al tavolo, uomini – perché di donne, a dire il vero, non me ne vengono in mente – in grado di regalare uno spettacolo nello spettacolo del piatto grazie alla loro abilità nello sporzionare con maestria un grande pesce, oppure ancora impiattare con estrema eleganza un animale da cortile dopo averlo tagliato con cura certosina.
A un certo punto tutto ciò si è volatilizzato e il fine dining si è letteralmente dimenticato dell’esistenza di queste figure mitologiche in grado non soltanto di muovere le mani con raffinatezza, ma anche di intrattenere una piacevole conversazione al tavolo con un savoir faire senza tempo. Oggi figure ingessate, formalità, distacco, scarsa empatia: tanto tutto quel che c’è di buono sta in cucina ed è sufficiente che qualcuno lo faccia arrivare a tavola con fredda, chirurgica precisione.
Adesso ci stiamo risvegliando: pian piano, sebbene a ranghi sparsi com’è tradizione in questo paese di campanili, la Sala riprende vita grazie a pochi ragazzi che ne intuiscono il fascino e stanno imparando cosa significhi accogliere: la Sala è un palcoscenico sul quale recitare ogni giorno una commedia nuova, perché i protagonisti cambiano sempre e con loro lo spettacolo. Saranno gli stili a dare carattere al locale, coinvolgendo quando è necessario, rendendosi invisibili quando serve, ma soprattutto rendendosi conto che il confine tra la Sala e la cucina è soltanto una porta, non un modo differente di vedere la realtà: vuol dire che se non c’è un sano flusso di comunicazione, sala e cucina saranno sempre due entità distinte e incapaci di presentarsi così come dovrebbero, come un sistema unico che al centro ha e deve avere l’ospite.
Deve rimanere un concetto solido e mai abbastanza sottolineato: lavorare in sala è una professione, non un modo come un altro per raggranellare uno stipendio in attesa di cambiar vita”.
Oggi ci troviamo di fronte a una rivoluzione culturale e mediatica della sala che ben ci fa sperare: Gabriele Bianchi si è spinto fino ad essere considerato un web influencer della Sala e dell’ospitalità, cosa che fino a un paio di anni fa sarebbe sembrato impossibile. Jessica Rocchi è la trionfatrice di Emergente Sala 2020 e ha ora l’arduo compito di mantenere alta la bandiera dei camerieri, così come Bianchi ha fatto nei due anni precedenti.
Ma chi è la nuova miglior cameriera d’Italia?
Jessica Rocchi: abbattere le barriere e valorizzare la professione
“Passione: non c’è nessun’altra parola che possa meglio identificare la mia scelta di dedicare la vita al mondo della ristorazione. Tutto è iniziato a 14 anni quando ho deciso di chiedere ad un bar del paese dove sono nata se potevo trascorrere con loro qualche ora per imparare questo mestiere. Dopo aver intrapreso gli studi all’Istituto Alberghiero di Assisi, a soli 16 anni ho iniziato una collaborazione con le Tre Vaselle Resort&Spa 5*L a Torgiano (PG), conclusasi dopo 2 anni.
La mia carriera lavorativa prosegue presso Borgo Brufa Spa&Resort 5*L, luogo che mi ha permesso di fortificare la mia formazione professionale ancora in fase di sviluppo. Proprio da lì ho dato inizio ad una “carriera parallela”, quella della miscelazione.
A seguito di svariate esperienze all’estero, sono approdata a Milano al Ristorante Viva di Viviana Varese prima, e al Ristorante VUN di Andrea Aprea, poi.
Ora Maître & Sommelier alla corte dello Chef Nino di Costanzo al Ristorante Danì Maison.
La mia sete di curiosità e ambizione, in questi anni, è stata costantemente alimentata sia dall’opportunità di lavorare al fianco di grandi professionisti del settore, sia dalla possibilità di frequentare diverse accademie di formazione di bartender tra cui AIBES, Flair Academy e Campari Academy.
Il mio futuro nella Sala? Vorrei che fosse fonte di ispirazione per tutti coloro che scelgono questa strada. Vorrei poter essere un esempio di dedizione e devozione nei confronti di questo duro ma soddisfacente mestiere. Ma, soprattutto, vorrei, nel mio piccolo, abbattere le barriere di genere e dar valore alle figure professionali per quello che effettivamente sono. La recente vittoria a Emergente Sala sta solo alla base di un lungo percorso di crescita professionale che voglio intraprendere e che spero mi porti lontano”.
Francesca Sileoni: questo lavoro non è un ripiego
“Ho iniziato a fare questo lavoro all’età di 15 anni: questa passione per la sala per me è stata naturale e istintiva. Da noi a casa il momento dei pasti era il più bello, quello che ci faceva sentire più vicini e uniti. Ritrovarsi per mangiare e bere magari dopo una giornata trascorsa senza vedersi, è sempre stato, a mio avviso, il modo migliore per condividere e rinsaldare gli affetti.
Mi sono avvicinata a questo mondo grazie alla passione di mio padre per il mondo del vino. Ho avuto la certezza che fosse la mia strada, quando dopo un periodo difficile della mia adolescenza la Sala mi ha permesso di riacquistare fiducia in me e nelle mie capacità.
Ho iniziato il mio percorso professionale grazie alla scuola alberghiera; la prima esperienza importante è stata alla Madonnina del Pescatore a 16 anni, grazie alla quale ho potuto imparare moltissimo e che mi ha portato poi a lavorare in ristoranti come Uliassi, Piazza Duomo ad Alba ma anche all’estero. Attualmente sono l’aiuto sommelier del ristorante Uliassi, esperienza che mi stimola ogni giorno a crescere.
Cosa vorrei dal mio futuro in Sala? Vorrei che emergesse l’idea che questo lavoro non è un ripiego, che lo si sceglie e lo si ama anche con i suoi difetti. Credo che questo lavoro sia straordinario! La possibilità di creare contatti, lo scambio con altre culture, si può viaggiare anche stando seduti a tavola, rendendo semplice e alla portata di tutti l’esperienza che andiamo a proporre.
Vorrei un futuro in cui si dia il giusto valore al ruolo del cameriere, in cui si superi l’idea della Sala pomposa con i vassoi d’argento per dare spazio ad una Sala più rock and roll, dinamica e giovanile”.
Alessandro Poletto: generare sorrisi con l’arte dell’accoglienza
“Ho 24 anni e sono nato in provincia di Padova. Ora sono il food & beverage manager presso il ristorante Feva di Castelfranco Veneto e Zanze XVI a Venezia. In passato ho ricoperto il ruolo di assistant head waiter presso il ristorante Le Calandre a Sarmeola di Rubano, che per quattro anni mi ha annoverato nella sua brigata. La mia passione per l’alta ristorazione è sbocciata fin dall’età di 16 anni e mi ha portato a coronare questo sogno di condividere la mia quotidianità assieme alla famiglia Alajmo e a tutti i miei colleghi / amici a cui sono molto legato.
Tutto però ebbe inizio grazie alla conoscenza del mio professore della scuola alberghiera, Olivo, che mi accompagnò fin dai primissimi passi della mia vita lavorativa e che sono tuttora solito interpellare in momenti chiave della mia professione.
Fu proprio lui a farmi iniziare la carriera lavorativa presso il ristorante San Martino, una stella Michelin in provincia di Scorzè. I titolari, Michela e Raffaele, con la loro passione mi hanno insegnato ad affrontare i primi sacrifici e mi hanno trasmesso il valore dell’umiltà e la dedizione necessaria per raggiungere step importanti della mia carriera. Ho così potuto ricoprire il ruolo di Maggiordomo in palazzi privati di Venezia e approdare al ristorante Da Vittorio, (tre stelle Michelin) in Bergamo.
Lì ho avuto la possibilità di relazionarmi per più di un anno con un’altra importantissima famiglia della ristorazione italiana, la famiglia Cerea, incamerando nozioni importanti, insegnamenti, regalandomi grandissime soddisfazioni che saranno sempre parte della mia vita.
Ora, grazie al contributo di tutte queste persone, mi sento sereno e soddisfatto del mio lavoro. Mi piace il contatto con la gente e generare sorrisi praticando l’arte dell’accoglienza con la mia personale idea di familiarità. Certo, sono molto ambizioso e punto sempre al meglio in qualsiasi cosa.
Il mio futuro nella Sala spero sia sempre più improntato verso l’aspetto dirigenziale per la possibilità di essere dinamico e valorizzare i miei punti di forza, sperando in un futuro più sostenibile sotto tutti i punti di vista”.
Emanuele Ritacco: l’importanza del capitale umano nel servizio
“Sono Emanuele Ritacco, 25 anni, calabrese doc. Ho iniziato a lavorare nel mondo della ristorazione a 14 anni, un po’ per gioco, curiosità, un po’ per avere l’indipendenza di qualche spicciolo nella tasca. Ho perseguito un percorso di studio ben diverso da quello del mondo della ristorazione: potrei e potevo fare altro nella vita, ma la passione per questo mestiere mi ha spinto a rimanere, ad investire, a crescere a voler eccellere. Da esperienze in piccole realtà della mia cittadina, a maitre e sommelier di un importante resort calabrese, oggi sono sommelier in un noto ristorante di pesce in città, L’Agorà, ristorante di pesce, a Rende (Cosenza) con lo Chef e patron Michele Rizzo.
La ristorazione è da sempre il mio mondo, quel mondo dove l’accoglienza, la gentilezza, sono al primo posto. Forse, e dico forse, la stanchezza in alcune giornate ha la meglio, perché molte volte mi ritrovo a dover fare degli orari che sono al di fuori della normalità. Orari che non mi permettono di vivere una vita in famiglia, in coppia, una birra con un amico.
Ma continuo ad allacciare le mie scarpe nere, chiudo l’ultimo bottone della camicia, indosso il più bello dei sorrisi e vado ad accogliere i miei clienti, con la speranza che, in un giorno non troppo lontano, il mondo della ristorazione dia il giusto peso alla vita di cuochi, camerieri, pizzaioli, riuscendo a creare situazioni lavorative normali che ci permettano di vivere anche i nostri affetti, quando, forse, la sola passione non basterà più.
Ben vengano le guide, i cappelli, le stelle, ma ricordiamoci anche del capitale umano, ricordiamoci che per far stare bene il cliente deve essere sereno il personale. Quindi nella mia lista dei desideri: tovaglie stirate, tovaglioli impeccabili, cibo divino, materia prima locale, stagionale, valorizzazione dei piccoli produttori, vino buono, felicità, entusiasmo, sorrisi”.
Ora, leggendo le parole di questi ragazzi, capite perché la Sala sarà il futuro della ristorazione italiana?