Il mondo degli imballaggi alimentari è ormai nell’occhio del ciclone, anche grazie a una domanda sempre più sensibile ai problemi ambientali. E il settore continua a evolversi per rispondere a tali nuove esigenze di ecosostenibilità. Eppure si seguita a inquinare. Partendo dagli imballi ad alto impatto ambientale, si è qui cercato di esaminare una serie di nuove tendenze stimolanti e concrete, che stanno contribuendo a una drastica inversione di rotta nel settore del food & beverage.
Il problema dell’inquinamento ambientale e dello smaltimento dei rifiuti è sempre più discusso. Grazie al risveglio della coscienza ambientale delle aziende, ma soprattutto dei consumatori, l’esigenza di cambiare il modo in cui impacchettiamo o spediamo i nostri prodotti sta vivendo una rivisitazione necessaria. Diverse le iniziative prese per risolvere il problema degli imballaggi monouso: sia a livello governativo, come ad esempio il bando alla plastica monouso approvato dall’Unione Europea nel 2018, sia delle singole aziende.
Ma cosa si intende per ecosostenibile? Lo è quel tipo di packaging che, a lungo termine, non crea o addirittura riduce l’impatto ambientale. Questo può avvenire attraverso l’utilizzo di materiali riciclati al 100% e riducendo l’utilizzo di lunghe catene logistico-produttive.
L’obiettivo? Ridurre la diffusione di rifiuti e anidride carbonica nell’atmosfera. Infine, parola d’ordine della sostenibilità è: riutilizzo. Gli oggetti non vengono più concepiti come usa e getta, bensì pensati per essere impiegati più e più volte.
Numeri incoraggianti, ma nel food & beverage si è (quasi/ancora) agli inizi
Lo dimostrano le preferenze dei consumatori che, stando alla ricerca Ipsos del 2019, valutano la sostenibilità delle aziende sulla base dell’adozione di imballaggi ecosostenibili o riusabili, di materiali riciclati, così come sulla base di scelte di riduzione dei materiali impiegati nelle confezioni. Altroconsumo riporta infatti che in Italia 4 acquirenti su 10 sono attenti all’imballaggio dei prodotti e il 55% è disposto a pagare di più per la sostenibilità. Ma solo il 25% dei marchi offre prodotti green.
Secondo un report di GreenItaly del 2020, l’Italia è leader in Europa per il recupero dei rifiuti. Ricicliamo infatti il 79,3% degli scarti che produciamo, più del doppio della media europea, che si attesta al 39,2%. Secondo il Conai (Consorzio nazionale imballaggi), proseguendo a questo ritmo, si stima il raggiungimento di 9,5 milioni di tonnellate di packaging riciclate entro la fine del 2021. Anche le aziende non restano a guardare. Infatti, negli ultimi 5 anni, sono oltre 432mila le società che hanno puntato su prodotti e tecnologie green, circa 1 su 3.
Partendo dall’analisi, in macrocategorie, dall’impatto ambientale (ancora troppo alto) del packaging nel comparto food & beverage, presenteremo alcune strade alternative di come si possano impiegare materiali ecosostenibili e compostabili nella filiera, preferibilmente in una economia circolare. Scelte forse nell’immediato più difficili da implementare – da un punto di vista tecnico e di marketing – ma sicuramente appaganti nel medio-lungo periodo.
Gran parte del packaging ha in sé un “peccato originale”
Il problema comincia già a monte. Già la creazione dell’imballo genera spesso gas foriero di effetto serra, metalli pesanti e particolati, nonché acque reflue e/o fanghi contenenti contaminanti tossici. Non fa eccezione la produzione di carta e cartone, a oggi, ancora troppo sprecati.
Basti pensare ad Amazon e all’eccessivo utilizzo di imballaggi ingombranti e materiali riempitivi, spesso per spedizioni di piccoli prodotti. Moltissime, infatti, le critiche mosse nei confronti del colosso americano e della sua poca attenzione all’ecosostenibilità.
Un altro grande problema nel mondo del packaging riguarda lo scatolame di alluminio. Sebbene sia un materiale riciclabile al 100%, è quasi impossibile trasformare l’intero volume di lattine prodotte e utilizzate nel mondo. Infatti, si stima che delle centinaia di miliardi di lattine consumate ogni anno, meno della metà vengano riciclate (fonte: Iobevo.com).
Ma andando oltre il riciclo, il principale elemento contro le lattine è il costo dell’alluminio nuovo in termini ambientali. L’estrazione della bauxite, essenziale per la produzione delle lattine, ha un impatto ambientale elevatissimo, molto più di quello relativo alla produzione di plastica o vetro.
Gli imballaggi?
Sovente “Matrioske” grottesche e inquinanti
I moderni imballaggi per alimenti forniscono un modo per rendere questi ultimi più sicuri, affidabili, stabili e igienici. Sfortunatamente, la maggior parte è progettata per essere monouso e non viene riciclata. Che provenga da un negozio di alimentari o da un mercato, da un ristorante con posti a sedere o fast-food, da un servizio di delivery o da un mercato agricolo, è difficile trovare cibo che non sia incapsulato artificialmente.
I moderni imballaggi alimentari sono realizzati da una varietà di materiali tra cui spicca la plastica: solo poca è realizzata con mais e altri materiali vegetali, la maggior parte è a base di petrolio.
Quali sono le tipologie di packaging alimentare? Il tipo di imballaggio utilizzato dipende da diversi fattori, come il luogo di acquisto del cibo, l’uso previsto della confezione e la tempistica per il consumo del prodotto. Ad esempio, il cibo del supermercato viene generalmente venduto in contenitori di vetro, metallo, plastica o cartone e spesso viene fornito incapsulato in più strati. Quello da asporto viene spesso avvolto in un foglio di plastica o di alluminio, inserito in contenitori di carta, plastica o polistirolo, messo in sacchetti di carta e infine in buste di plastica.
Queste possono contenere anche posate di plastica, tovaglioli e cannucce. Gli alimenti trasformati hanno spesso più strati di imballaggio; ad esempio posti in vassoi, coperti di carta o pellicola trasparente o in scatole di cartone e poi, spesso, coperti di nuovo con pellicola trasparente.
Come si evince, il confezionamento degli alimenti pone la maggior domanda di packaging, con circa 2/3 di tutto il materiale prodotto destinato all’industria del food.
Secondo la Us Environmental protection agency (Epa), i materiali di imballaggio per alimenti costituiscono quasi la metà di tutti i rifiuti solidi urbani. Nel 2014, dei 258 milioni di tonnellate di rifiuti solidi urbani generati negli Stati Uniti, più del 63% era costituito da materiali di imballaggio e, complessivamente, solo il 35% (89 milioni di tonnellate) è stato riciclato o compostato.
Anche il delivery (soprattutto quello “d’autore”) ha legami diretti con l’inquinamento. Lo attesta uno studio pubblicato dalla rivista Nature Human Behaviour e realizzato dalla National university of Singapore (Nus): “Il pasto medio consegnato utilizza circa 2,8 articoli di plastica monouso, che in media pesano 54 grammi” riferiscono i ricercatori.
Il medesimo, fosse consumato al ristorante, comporterebbe un utilizzo di soli 6,6 grammi di plastica.
Secondo la Society for packaging market research, ogni anno, solo in Germania, 280mila tonnellate di stoviglie monouso finiscono nella spazzatura. L’Ue ha riconosciuto che qualcosa deve cambiare e a metà del 2021 bandirà posate usa e getta, piatti monouso, contenitori per fast food in polistirolo, cannucce e molti altri prodotti di plastica.
Il settore vinicolo, quanto incide sull’ambiente a livello di packaging?
Quanto incide il peso di una bottiglia di vino sull’ambiente? Come riporta BanfiVines, per ogni chilogrammo di vetro prodotto corrisponde un’emissione di CO2 pari a 2,7 kg. Non sembrerà strano, quindi, che sempre più cantine stiano optando per l’utilizzo di vetro più leggero, che oltre a far bene all’ambiente consente di ridurre i costi.
La bottiglia di vetro, inoltre, assume un ruolo importante sulla determinazione, da parte del consumatore, della qualità e del valore del vino. La diffusa percezione di una connessione tra vini di pregio e bottiglie di vetro, specie più pesanti, rende necessaria una campagna collettiva di comunicazione per aumentare la consapevolezza dei consumatori e spostare la percezione di qualità dagli elementi tradizionali alle scelte ambientali.
Ci sono paesi dove il peso conta ancora tanto, altri dove l’uso di bottiglie poco pesanti, non solo è un valore aggiunto, ma in alcuni casi è addirittura una condicio sine qua non. È il caso di Svezia e Canada, paesi in prima linea per l’ambiente. Nei Paesi asiatici, invece, spesso il vino è considerato di alto livello proprio in base al peso della sua bottiglia. Nel nostro paese solitamente si tendono ad usare bottiglie più leggere per vini bianchi (o non d’invecchiamento), mentre per le grandi riserve si continuano a scegliere bottiglie più pesanti.
Nel comparto vinicolo, l’impatto ambientale legato al wine packaging è quello che pesa di più: delle emissioni prodotte dalle cantine, che vanno dal 40% al 69%, almeno la metà sono dovute all’impiego di vetro.
È arrivata forse l’ora di abbandonare il vetro a favore del vino in lattina o in brik? Secondo Euromonitor il vino in lattina, a fine 2022, crescerà di circa il 9,3%, raggiungendo le 366 milioni di unità. Un’evoluzione che testimonia uno dei tanti cambiamenti nel mondo del vino.
Oggi possiamo affermare che questa tipologia di packaging è riuscita a superare molti dei pregiudizi che la caratterizzavano fino al recente passato. Non solo oggi vi è un numero sempre crescente di consumatori di vino in lattina, ma anche i più agguerriti detrattori sembrano oggi aver ammorbidito le loro posizioni.
I dati di Vinitaly-Iri dimostrano che nel periodo di lockdown primaverile dell’anno scorso è cresciuta la voglia di vino, come dimostrato dal risveglio dei vini comuni. Una categoria, quella dei vini da tavola, che da anni era confinata in una fetta residuale del mercato.
Nei primi mesi del 2020 si è registrata sia la grande ascesa del vino in brik (+8,8%), sia il vero e proprio boom del bag-in-box, le cui vendite sono cresciute del 36,8%.
Impatto ambientale: parliamo di acqua (e non solo)
Nel mondo delle acque minerali il cambiamento principale deve avvenire sul tema della raccolta differenziata per categorie di plastica. Questo materiale, in Italia, viene riciclato tutto insieme, sia che la plastica arrivi dal mondo alimentare sia per esempio dal mondo dei detersivi. Di conseguenza il riciclo costa caro. Il risultato? Che la maggior parte della plastica viene bruciata o buttata via.
Per ovviare a questo problema e aumentare il riciclo delle bottiglie, alcune nazioni (come Germania e Usa) applicano alle bottiglie di acqua minerale un costo aggiuntivo, una “cauzione” che viene restituita al consumatore una volta introdotta la bottiglia in apposite macchine per il riciclo delle stesse. Inoltre, attraverso un codice a barre, si viene a conoscenza delle varie tipologie di prodotti che ha contenuto quell’imballo, riuscendo così a determinare il prossimo utilizzo. Tutto ciò determina minori costi per il riciclo e meno inquinamento da plastica.
Ma quanto impattano realmente le bottiglie di acqua minerale in Pet in Italia? Nel 2018 erano 320mila le tonnellate di bottiglie di acqua minerale in Pet (stima di Corepla), tra queste, quelle disperse nell’ambiente arrivavano a 30mila tonnellate. Lo scorso anno, secondo Mineracqua, sono state avviate al riciclo il 55% delle bottiglie in Pet, mentre la media, per il totale degli imballaggi in plastica, si attestava al 43,5%.
I lati “positivi” sono che le bottiglie di acqua minerale sono diventate più leggere, contribuendo a un risparmio di plastica del 35%, mentre il tappo è calato da 3 a 1 grammo (fonte: International bottle water association). Circa l’80% dei consumatori preferisce ancora le bottiglie in plastica Pet, anche per convenienza: il prezzo medio al litro è di 0,22 euro (dati Nielsen 2017), uno dei più bassi al mondo. Anche il settore delle birre e bibite, tra vetro, lattine e plastica, ha il suo peso.
Lattine versus bottiglie di plastica: quale parte dell’ambiente interessa salvare? La plastica sporca l’oceano e devasta la vita marina, ma ha un minore impatto sul riscaldamento globale, soprattutto rispetto al vetro. Le lattine vengono riciclate più spesso e hanno una piccola impronta di carbonio, ma l’estrazione della bauxite è tossica.
Forse è ora di cambiare rotta? Vediamo ora alcuni spunti interessanti, modelli ed esempi virtuosi che si possono seguire.
Food: per un pianeta più pulito, anche le stelle “verdi” possono essere uno stimolo
La transizione del mondo food & beverage verso un’economia circolare passa sicuramente attraverso l’adozione di nuovi materiali, sviluppo di filiere strutturate di riciclo e gestione del fine vita degli imballaggi. Ma non solo.
Per il settore ristorativo la Michelin ha introdotto le stelle “verdi”, atte a premiare (stimolando l’emulazione) quei ristoranti che adottano economie farm to table al fine di ridurre al minimo le emissioni ambientali.
È il caso del ristorante lucano della famiglia Iaccarino, il Don Alfonso 1890 San Barbato di Lavello (Pz) e della sua filosofia zero waste, e di quello di Davide Oldani, il D’O di Cornaredo (Mi), entrambi premiati anche con la seconda stella “verde”.
Una delle strade maggiormente percorse è la sostituzione della plastica con nuovi materiali bio-based e compostabili. Ispira la sostenibilità di Terre dell’Etruria, la più grande cooperativa agricola multifiliera della Toscana. Prodotti 100% toscani, sostenibili e salubri.
Un esempio sono i carciofi Terom, riconoscibili nella Gdo sia dal marchio “Zero Residui” sia dal packaging riciclabile e biodegradabile, dove la plastica è bandita a favore di cartone e altri materiali.
Anche grandi aziende come Misura stanno cambiando i loro packaging: tra il 2020 e il 2021 si elimineranno milioni di confezioni di plastica, con una riduzione del 52% delle tonnellate immesse sul mercato rispetto al 2019.
Invece della plastica, una confezione 100% compostabile: un incarto realizzato con materie prime derivanti dalla lavorazione di prodotti agricoli ed altre risorse compostabili.
Per esempio Snact, azienda che vende snacks e altri prodotti alimentari, ha da poco messo a punto un tipo di bioplastica creata con un’alga, la quale è perfettamente indicata per cibi asciutti come pasta o cereali.
Per il confezionamento, una start-up di nome Beeopak ha messo a punto l’omonimo eco-involucro per alimenti. Un panno di cotone biologico imbevuto con un mix tutto naturale: cera d’api bio, resina di pino e olio di nocciole Igp piemontesi. Lavabile e riutilizzabile per oltre un anno, certificato Moca per il contatto con gli alimenti, beeopak è fatto artigianalmente utilizzando solo materie prime piemontesi. Test qualitativi realizzati dall’Università Fontys di Eindhoven attestano per sovrammercato che beeopak consente di prolungare la shelf life degli alimenti, contrastando lo spreco alimentare.
Quali sono invece le alternative sostenibili per il mercato to-go (asporto e delivery)?
Come riporta l’ufficio stampa di Rational, leader mondiale nella preparazione di piatti caldi nell’ambito delle cucine professionali, sempre più attività stanno implementando sistemi di “vuoto a rendere” quale strumento di fidelizzazione dei propri clienti.
Il limite maggiore, tuttavia, risulta essere la durata di conservazione di lattine, tazze e piatti. L’obiettivo è quello di riuscire a riutilizzare questi imballaggi fino a 300 volte.
Beverage, ciò che pareva una chimera sta diventando realtà la plastica bio
Con la battaglia globale alla plastica monouso che sta prendendo sempre più piede, il passaggio alla carta è diventata una scelta sempre più popolare. Sono molti i brand che oggi producono cannucce di carta durevoli, naturali, sostenibili e riciclabili. Ma non è solo questione di sostituire la plastica con la carta nel packaging secondario.
Di recente, Bacardi ha annunciato un nuovo progetto che prevederà la realizzazione di innovative bottiglie create a partire dalla carta miscelata insieme all’innovativo biopolimero Nodax PHA, ricavato dai semi delle piante da olio come palma, soia e canola.
L’azienda, che ha come obiettivo quello di diventare completamente plastic-free entro il 2030, è convinta che da questa sperimentazione possa nascere un contenitore completamente eco-friendly, in grado di mantenere inalterate le caratteristiche organolettiche dei propri prodotti.
Anche il mondo della birra vira verso l’ecosostenibile. Diverse le aziende che si stanno attivando per cambiare i packaging dei loro prodotti. Una di queste è Corona, che sta implementando imballaggi sostenibili e rinnovabili a base di paglia in eccedenza dal Sud America. Oppure Molson Coors, che lancia una nuova bottiglia di birra in vetro 100% riciclato che riduce l’impatto del carbonio della produzione fino al 90%.
Anche i classici anelli di plastica utilizzati per le confezioni da sei di birra hanno i giorni contati. La start-up E6PR ha realizzato un packaging fatto da anelli biodegradabili ottenuti da grano e orzo, perfettamente ingeribili dagli animali e degradabili nel giro di 15 giorni nel caso in cui dovessero essere abbandonati per strada.
La plastica, per il momento, rimane il materiale più sicuro e meno costoso per l’imbottigliamento delle acque minerali. Ma vengono comunque a galla alcune novità.
Sant’Anna ha messo a punto la “Bio Bottle” (ancora decisamente costosa, per la verità), prodotta con un particolare polimero che si ricava dalla fermentazione degli zuccheri contenuti nelle piante, senza neanche una goccia di petrolio o suoi derivati.
Il risultato è una bioplastica verde, che mantiene tutte le caratteristiche della normale plastica ma è biodegradabile e compostabile. Negli appositi siti di compostaggio industriale, la “Bio Bottle” torna in soli 80 giorni a far parte della natura.
E parlando di vino? Lattine e bottiglie di carta non son pi˘ una bestemmia
Infine qual è il futuro per il vino? Negli ultimi anni, le confezioni per il vino alternative alla classica bottiglia in vetro sono diventate sempre più popolari. Come abbiamo visto in precedenza, dopo il Tetra Pack e il bag-in-box, è il momento della lattina, nata da un’idea tutta italiana di fine anni ’70 di Giacobazzi di Modena.
Oggi, un altro produttore modenese rappresenta il ritorno in Italia del vino in lattina: Donelli, che confeziona così il suo Lambrusco Emilia Igt.
Negli Usa, nonostante continui a dominare la bottiglia di vetro, da un paio d’anni le vendite di vino in lattina sono aumentate del 43%; in Australia, nel 2018, Treasury Wine Estates (proprietaria di Penfolds) ha messo sul mercato dei prodotti in lattina, ben valutati anche dal magazine Wine Spectator. Mentre, come si evince dal Wine Trade Monitor, in Cina gli operatori del settore non sono ancora convinti della fruibilità in lattina del nobile nettare di bacco.
Con un rivestimento esterno in carta riciclata al 94% e una fodera per alimenti per contenere il vino, la “Paper Bottle” di Cantina Goccia è destinata a rivoluzionare il mercato degli imballaggi per bevande. La bottiglia è frutto dell’ingegno dell’azienda britannica di imballaggi sostenibili Frugalpac, che crea prodotti a base di carta riciclata con una bassissima impronta di carbonio e sviluppa imballaggi che possono essere facilmente riutilizzati più volte.
Cantina Goccia rappresenta la prima azienda vinicola al mondo a utilizzare un packaging di carta per il vino. La bottiglia di carta, pesando solo 83 grammi, è fino a cinque volte più leggera di una normale bottiglia di vetro, rendendola più facile e leggera da trasportare; e soprattutto è migliore per l’ambiente, avendo un’impronta di carbonio fino a sei volte (-84%) inferiore a quella di una bottiglia di vetro.
Facile da riciclare, la “Paper Bottle” utilizza un terzo di plastica in meno rispetto ad una normale bottiglia.
Intendiamoci, vi sarà sempre un mercato per il vino in bottiglia di vetro, in particolare per i più pregiati nettari da invecchiamento; tuttavia l’80% del vino prodotto nel mondo viene consumato entro un anno dall’imbottigliamento: se questo prodotto fosse imbottigliato in bottiglie di carta si avrebbe un enorme impatto sulla riduzione dell’impronta di carbonio dell’industria vinicola.
* L’autore desidera ringraziare Riccardo Sette per il supporto nella selezione delle fonti, le più attendibili possibile, per la raccolta dei dati quantitativi.