Sono giovani e non convenzionali. Fanno due mestieri complementari che in comune hanno soltanto il fuoco.
Hanno fatto scelte di vita diametralmente opposte: l’uno è rimasto nel paese natale, nell’estremo nord est d’Italia, lontano da tutto; l’altro ha scelto la via del Sol Levante, straniero in terra straniera.
Eppure, non è un caso che Michele Massaro, professione fabbro (meglio: coltellinaio), e Simone Cantafio, professione chef con due stelle Michelin in Giappone, si siano riuniti per un esperimento singolare: cucinare insieme in un battiferro, utilizzando la fornace del laboratorio artigiano, che usualmente serve per la lavorazione dei coltelli. Uno chef stellato in una fucina – non una cucina- forse non si era ancora visto.
Michele Massaro, friulano di Maniago, baffi a manubrio e indole sbarazzina, si è costruito rapidamente la fama di “fabbro degli chef”: sono sue le pregiatissime lame “custom” scelte da nomi di cucina non proprio di secondo piano.
Il primo è stato Piergiorgio Parini che oggi possiede svariati coltelli punzonati da Massaro, poi sono arrivati nientemeno che i “locali” Antonia Klugmann e Emanuele Scarello, Enrico Crippa, Mauro Colagreco, Yoji Tokuyoshi, i fratelli Costardi, Pino Cuttaia, Matteo Baronetto, Fulvietto Pierangelini. E la lista d’attesa s’è fatta lunga di tre anni, in un attimo.
Dallo studio di geometra al battiferro in mezzo alla campagna, la sua vita è cambiata in un soffio. Un mestiere artigiano che da queste parti stava declinando è improvvisamente risorto, grazie a talento e intuizione.
Se n’è accorto anche Simone Cantafio, già “Marchesi Boy”, pupillo di Michel e Sebastién Bras ed executive chef di successo alla Maison Bras di Toya (Hokkaido) oggi chiusa e in fase di trasferimento a Karuizawa, prefettura di Nagano.
I due si sono conosciuti alla penultima edizione del Bocuse d’Or, quella con Martino Ruggeri in finale, e hanno stretto sodalizio professionale dopo la visita di Cantafio al battiferro di Maniago con tappa finale a casa di Josko Gravner.
Il giovane chef è rimasto talmente affascinato dai racconti del maestro di Oslavia da commissionare all’irruento fabbro un coltello con una caratteristica imprescindibile: il manico in legno da una vecchia vigna di ribolla di Gravner. Una commessa particolarmente difficile, perché è un legno che tende a marcire e il manico di un coltello deve essere robusto: eppure – ca va sans dire – Massaro è riuscito nell’impresa e ha presentato la sua più recente creatura tra un’affumicatura e l’altra insieme allo chef di origine calabrese.
Simone Cantafio, in verità, non doveva essere a Maniago, ma nella nuova sede della Maison Bras in Giappone, a Karuizawa, nella prefettura di Nagano.
Era tornato in Calabria a fine febbraio per la consueta settimana annuale di vacanza a casa del padre, ma l’inaspettata pandemia l’ha trattenuto in Italia fino a oggi e non si sa ancora per quanto: il trasferimento del ristorante dei Bras nella nuova sede ha subito a sua volta un rallentamento a causa dell’infuriare del Covid e al giovane chef è toccato di fare “di necessità virtù”. Un periodo sabbatico in piena regola, che gli è servito per approfondire il legame con la terra d’origine, i suoi ingredienti e la sua gente, di cogliere le suggestioni che saranno esportate nel Sol Levante, e di scrivere un libro di imminente pubblicazione per l’editore Rubettino.
Non serve dire che la futura Maison Bras in Giappone vedrà una presenza più massiccia di suggestioni italiche e ingredienti calabresi, compatibilmente con la loro reperibilità sul mercato locale.
Del nuovo crossover culinario del giovane bistellato è stato testimone il banchetto di Trimalcione allestito nell’atelier del fabbro friulano.
Dopo l’entrata a base di nduja, olive, pecorino, tartufo uncinato, carciofini del contadino, Cantafio e Massaro hanno cucinato insieme nella fornace: spiedini di salmerino yakitori alla brace con purea di mele friulane; risotto al tartufo della Sila e lombatello affumicato con purea di ceci con fondo bruno e ristretto di Ribolla di Gravner, sempre in omaggio al grande vignaiolo alla presenza della di lui figlia Mateja.
Cantafio non porterà tutto questo in Giappone ma studierà alcune “suggestioni” in grado di fare breccia nei cuori del pubblico giapponese; è convinto che certe solide tradizioni calabresi saranno un successo anche nel Pacifico. Un esempio? Ricchezza e povertà, un tortino di pane raffermo inzuppato nel siero di latte e fagioli calabresi, alla base fonduta di castagne e tartufo bianco, in mancanza di quello uncinato silano, dove sarà il cliente a decidere cosa per lui è ricchezza e cosa povertà.
Un altro piatto cardine del nuovo menu di Cantafio saranno gli spaghetti alla rosa canina, elemento vegetale molto caro a Bras che prima dei viaggi di Colombo era utilizzato in sostituzione del pomodoro. Un ritorno a origini lontanissime, che Cantafio sta studiando anche nel connubio tra ravioli alla ’nduja e nettare di fichi calabresi, chiamato a sostituire l’aceto balsamico. Sembra che nei villaggi greco-bizantini della Calabria si usasse così: chissà cosa si dirà a Karuizawa di queste antiche tradizioni italiche. Sospettiamo molto bene.
Bras Karuizawa
Il nuovo, lussuoso ristorante di Michel e Sebastien Bras vedrà la luce entro la primavera del 2021 a Karuizawa, nella prefettura di Nagano, in una zona residenziale non distante da Tokyo. L’obiettivo della maison è diventare un punto di riferimento costante degli abitanti della capitale, giacchè la precedente sede a Hokkaido era perlopiù una meta turistica invernale.
La nuova location ha affascinato i Bras per la sua somiglianza con la natura circostante la casa madre a Laguiole, con un’ampia varietà di alberi e di piante.
La direzione della cucina è stata nuovamente affidata a Simone Cantafio, che ha iniziato la collaborazione con i Bras in Francia nel 2010. Il design del locale è curato dall’archistar giapponese Kengo Kuma.
Antica Forgia Lenarduzzi di Michele Massaro
Via Tesana Nord, 75 – 33085 Maniago (PN)
Bras Karuizawa
Ngakura Karuizawa-machi, Kitasaku-gun – Nagano-ken
389-0111 JAPAN