
La pandemia che ha colpito il nostro pianeta ha messo in ginocchio molti settori economici e, in modo eterogeneo, molti Paesi del globo, a partire per gravità dagli Usa. Tra i comparti più colpiti l’HoReCa e, con esso, il mondo della vitivinicoltura. Vediamo come alcune tra le più interessanti cantine della Penisola hanno saputo gestire questo contraccolpo, in che misura e con qual modalità. Con nuove “parole d’ordine” che si sono materializzate: shop online, social media, brand ambassador, fare sistema con i partner di vendita, curare e informare i clienti. Ma con la consapevolezza che il rapporto umano resta imprescindibile.
La chiusura delle attività HoReCa dovuta a questo nuovo lockdown autunnale, oltre che creare grandi difficoltà ai diretti protagonisti, sta mettendo a dura prova l’indotto, a partire per esempio dalle aziende vitivinicole, costrette loro malgrado a reinventarsi e a mettere a punto nuove strategie di marketing. Peraltro, nonostante un 2020 così anomalo condizionato dalla pandemia di Covid, si registra comunque un incremento delle vendite di vino e di spumanti italiani: +5,3% in volume (+4,8% vino, +10,4% bollicine), con prezzi medi aumentati dell’1,4%. I vini Bio si mantengono sui livelli di crescita del 2019, evidenziando un +12.5% in volume. In sintesi, i primi mesi di quest’anno sono stati decisamente condizionati dalle chiusure delle attività, mentre, dopo i segnali di ritorno alla normalità del periodo estivo, si è verificata una buona ripresa autunnale, ma che inevitabilmente sarà presto ridimensionata per via della seconda ondata pandemica. Qualche considerazione può aiutare a interpretare le rinnovate abitudini dei consumatori di vino. Fermo restando che salutismo, ecosostenibilità, gratificazione e adeguato rapporto qualità/prezzo rimangono un must, da un lato si è riscontrato un generale aumento degli acquisti di vino Doc, ma, durante il lockdown primaverile, gli acquisti si sono concentrati sui vini comuni (ex vini da tavola) e sono incrementati sino al 122% gli ordini di vino online, tendenza – quest’ultima – che si è poi protratta anche nei mesi successivi. Ma ecco alcune interessante testimonianze forniteci un po’ da tutta Italia dai diretti interessati, intesi come titolari di realtà vitivinicole, esposte in ordine alfabetico.
ARGIOLAS (Serdiana, Cagliari)
Sì a social e a brand ambassador, ma sempre più attenzione alle esigenze dei clienti
Valentina Argiolas, nipote del fondatore Antonio Argiolas, rappresenta la terza generazione dell’azienda sarda. Avendo come sbocco principale il settore HoReCa (80%), sono riusciti ad assorbire le perdite del primo lockdown ma ora, ammette la stessa Valentina, questa situazione non è più sostenibile. L’altro 20% del mercato italiano è rappresentato dalla Gdo, locale e nazionale, e dal comparto delle vendite online. Esportano il 35% in 65 paesi diversi, primo mercato la Germania e a seguire gli Usa, che sono cresciti negli ultimi anni, ma “oggi l’importatore che segue soprattutto il settore alberghiero sta subendo contraccolpi importanti, limitando gli ordini”, dichiara la patron. Che si dice assolutamente a favore di nuove figure professionali, come social media, marketing manager, brand ambassador: “Bisogna scegliere persone giuste che trasmettano in maniera chiara i veri valori dell’azienda”, dice Valentina. Con il pensiero rivolto al futuro, la programmazione aziendale per tutto il 2021 è già stata effettuata: ci saranno sostanziali cambiamenti, con una maggiore attenzione al cliente e una personalizzazione delle attività. “Abbiamo imparato l’utilizzo del tempo. Siamo tornati alla terra, che, se rispettata, ci proteggerà di conseguenza.”
ANTINORI (Firenze)
La multicanalità delle vendite e i tanti mercati geografici stanno limitando i danni
Stefano Leone, direttore commerciale generale di Antinori, asserisce che la situazione è complessa ma non disperata. La chiusura dei ristoranti è uno dei tanti settori colpiti dal lockdown, ma ci sono settori commerciali come il travel retail che è stato colpito anche di più. Antinori è presente in tutti i canali; mediamente il 50% della produzione è destinata alla in ristorazione, valore che nel 2020 si ridurrà – obtorto collo – al 30%, portando quindi ad una ovvia redistribuzione del venduto su canali alternativi. Per sua natura questa realtà fiorentina, esportando il 60-65% in 170 paesi diversi, non ha subito grossi contraccolpi dovuti alle varie chiusure, se non sul mercato domestico. In tutto il mondo ci sono anche tanti canali in crescita rispetto al 2019, come i Monopoli e la Gdo. Il focus delle aziende dev’essere quello di produrre qualità associata all’indentitarietà di un vino, il che attira e fidelizza il consumatore. Trovandoci in una fase temporale dominata dalla “multicanalità” delle informazioni e da evidenti limitazioni alle esperienze fisiche, più che in passato è aumentato il contatto tramite i social media e, in senso più lato, attraverso il canale digitale.
“La pandemia ci sta insegnando che bisogna essere flessibili per fronteggiare cambiamenti improvvisi di scenari, ma al tempo stesso che la pianificazione strategica di lungo periodo resta fondamentale per mantenere una rotta corretta in un momento di così grande incertezza”.
CANTINA TERLANO (Terlano, Bolzano)
No alla vendita diretta e alla Gdo, ma un serio supporto ai partner di vendita storici
Klaus Gasser, direttore commerciale di Cantina Terlano, si dice relativamente fortunato: “Essendo, la nostra, una cooperativa solida e sana, siamo riusciti a gestire questo pur complicato 2020 in modo adeguato, pur consci che ci attende un 2021 non certo semplice”. La cantina esporta in circa 50 paesi, per un 35-40% del fatturato; i principali mercati? Germania e Usa: “La crisi che ha colpito il nostro settore, causata dall’arcinota questione, lo ha fatto in modo molto eterogeneo e variegato, tanto che il nostro fatturato globale è aumentato, essendo stato il mercato estero decisamente meno problematico di quello domestico”. Per Terlan la Gdo è poco appetibile; producendo nettari di fascia medio-alta, la grande distribuzione risulta inadatta, quanto meno per volumi importanti. “Collaborare con la Gdo – afferma Gasser – comporta una vendita sottoprezzo per essere competitivi: una strategia quasi suicida per realtà come la nostra, che danneggerebbe il nostro posizionamento di mercato e di conseguenza l’immagine aziendale; sono troppo poche le catene in grado di offrire un servizio idoneo alla vendita di vini importanti”. Per quanto concerne la vendita diretta, essa non può essere la soluzione a un problema strategico come questo, anzi si tratta di una pericolosa scorciatoia, una vera e propria “guerriglia” nei confronti dei partner storici (enoteche, rivenditori), i quali viceversa vanno a maggior ragione supportati in un contesto del genere, senza creare attriti competitivi di cui non se ne sente proprio il bisogno. Il direttore, a chiusura della sua testimonianza, tiene ad aggiungere che i social rafforzano il brand e consolidano la propria “presenza digitale”, aiutano a promuovere il valore del marchio e sostengono la vendita, ma che non vanno eccessivamente sopravvalutati.
CANTINE COLOSI (Pace del Mela, Messina)
Si paventava un conflitto tra e-commerce e agenti, e invece ne è nata una sinergia
Colosi, con i suoi 11,5 ettari di vigneto compresi tra Capo Faro e Porri, è fra i produttori più rappresentativi dell’isola di Salina.
Essendo il loro mercato per l’80% nazionale e costituito dal canale HoReCa, questo secondo lockdown autunnale è stato particolarmente penalizzante.
L’export è soprattutto europeo, con un mercato Usa oggi in particolare sofferenza, con cali di oltre il 50% rispetto all’anno precedente.
Da due anni con una referenza in Gdo, i Colosi vedono questo mercato come un’opportunità in più per farsi conoscere, senza preoccupazioni sul possibile deprezzamento del vino.
Presenti sul Web attraverso Tannico, WinePlatform e con il loro e-shop, paventavano inizialmente che queste piattaforme andassero in conflitto con il lavoro degli agenti e delle enoteche, ma invece si sono rivelati mezzi efficaci e sinergici; l’importante, dicono, è un’adeguata modulazione dei prezzi. Valutando anche l’ingresso nell’ormai famosa app Winelivery, Piero Colosi, che rappresenta la quarta generazione alla conduzione dell’azienda, confessa “che è vitale muoversi in ogni direzione e che queste soluzioni ‘digitali’ sono tutti strumenti di supporto, pur non raggiungendo ancora l’efficacia de canali tradizionali.
D’altra parte i momenti di crisi sono ciclici, destabilizzano per poi creare possibilmente nuovi e più solidi equilibri, se li cavalchi con lungimiranza, traendone stimolo per fare sempre più e meglio, possono solo rafforzarti”.
CATALDI MADONNA (Madonna del Piano, LíAquila)
Tirare la cinghia per avere risorse da investire al momento della ripartenza
Giulia Cataldi Madonna, con i suoi 30 ettari vitati, produce circa 230.000 bottiglie l’anno. Si dice preoccupata, ma spera nel periodo natalizio per chiudere l’anno con perdite minime. Anche se deve ammettere che la ripresa estiva aveva portato un po’ di turismo e di rinnovato entusiasmo. Per una propria scelta strategica, la cantina ha scelto di lavorare poco con la Gdo (i distributori ne destinano il 5-10% del totale) ma di ampliare l’export, che oggi rappresenta circa il 30% del fatturato. Il suo principale mercato sono gli Stati Uniti, che però al momento è praticamente fermo, e, a macchia di leopardo, l’Europa. Secondo Giulia, l’ampliamento del canale della Gdo non è una soluzione, in quanto spopolano quasi solo vini di fascia di medio-bassa e c’è troppa competizione sul prezzo di vendita. L’opzione, almeno temporaneamente più interessante, è quella di creare canali complementari e stringere ancora di più i rapporti con l’HoReCa, che in questo momento però può lavorare solo con asporto e delivery. “Bisogna risparmiare in tempi come questi, così da avere risorse, alla ripartenza, da investire in nuovi progetti, ricordandosi di osservare sempre la parte mezza colma del calice”.
ELENA FUCCI (Barile, Potenza)
La primavera 2021 sarà decisiva: un dramma se salteranno ancora le fiere
Elena Fucci ha avviato la sua attività nel 2000. Oggi esporta in 56 paesi nel mondo, tramite 29 differenti importatori. I principali clienti sono enoteche, ristoranti e wine club privati. “Gli Usa sono il mercato estero principale – racconta la Fucci – ma oggi, essendo aperto un ristorante su quattro, la differenza la riescono a fare quegli importatori che hanno saputo creare lo shop online. L’anno decisivo sarà il 2021; marzo e aprile sono dietro l’angolo: se non si riusciranno a organizzare le fiere internazionali del vino, aumenterà l’incertezza e si andrà incontro a un periodo molto impegnativo”. L’azienda sta comunque chiudendo l’anno con un segno positivo, ciò grazie alla politica di esigere pagamenti anticipati, a diversi ordini giunti da privati nel corso del primo lockdown e a un’estate piuttosto ricca di turisti. Cosa succederà a livello di prezzi e quanto saranno colmi i magazzini nel 2021 sono tra gli interrogativi di Elena, che sta pensando all’apertura di un proprio shop online. Non si prende invece in considerazione l’approdo nella Gdo: meglio rafforzare la propria posizione nei mercati esteri. L’azienda ha potenziato la presenza sui social e l’uso delle piattaforme per le videoconferenze; ma si è molto perplessi sulle fiere online: come si degusta il vino? In tutti i modi, ogni canale di comunicazione e di vendita ha un proprio pubblico, e mai come in questo momento è importante essere multicanale. “Questa situazione ci sta facendo capire quanto alla fine siano importanti i rapporti umani, che mai più sottovaluteremo in futuro”.
FIORINI (Barchi, Pesaro-Urbino)
Non fatturare a dicembre è come non vendere per tre mesi, ma l’ottimismo non scema
Carla Fiorini, che rappresenta l’ultima generazione della famiglia di viticoltori di Barchi, nonostante le difficoltà del periodo è prona a guardare al futuro con ottimismo, avendo di recente ampliato e rinnovato la sua azienda, dotata di una tenuta 45 ettari nella valle del Metauro. Anche Cantina Fiorini, come altre realtà, è riuscita a tener botta ai danni economico-finanziari causati dal primo lockdown, ciò perché durante la ripresa estiva il fatturato è risultato essere superiore a quello dello stesso periodo del 2019, ma “i danni si conteranno nei prossimi mesi: non fatturare a dicembre è come non farlo per tre mesi durante l’anno, con una incidenza negativa sul volume d’affari finale del 10%”, questo il “grido di dolore” di Carla. Che prosegue: “Perdere partner commerciali come i ristoratori è anche una perdita in termini di rapporti umani”. Secondo Carla, avere qualche etichetta nella Gdo, a livello di piccoli supermercati locali, fa sempre comodo, senza che ciò crei scompensi a livello di prezzi e danni a livello di immagine. Più in generale, con un 70% di vino venduto localmente e un 20% commercializzato sul territorio nazionale, rimane poco spazio per l’export; una Doc poco conosciuta come il Bianchello del Metauro (tipologia di punta della cantina, declinata in varie etichette) è difficilmente posizionabile da parte dei grandi importatori internazionali. Ma nonostante tutto, la Fiorini, come già detto, si mantiene ottimista: “Per il 2021 continuiamo a progettare e a pensare, perché la ripartenza sarà grandiosa e dobbiamo farci trovare pronti; ci siamo abituati alla modalità ‘slow’, ma dobbiamo prepararci per una ripresa alla grande”.
IL MARRONETO (Montalcino, Siena)
Qui nessuna ripercussione; no ai brand ambassador: solo chi lo fa, sa dire del suo vino
Il Marroneto di Alessandro Mori produce circa 36mila bottiglie all’anno. “Non faccio wine-tourism o vendita diretta – afferma Mori – ma lavoro con gli importatori per il mercato internazionale e con un solo distributore in Italia; per dirla tutta, quest’anno non ho notato nessuna particolare flessione degli ordini, anzi, semmai il contrario”. Secondo la sua opinione, sono soprattutto le etichette di fascia medio-bassa a patire la crisi causata dalla pademia. Complice un certo ottimismo verso il 2021, anche grazie al prossimo arrivo del vaccino anti-Covid, Il Marroneto già a novembre ha completato l’allocazione dei suoi Brunello presso i clienti per tutto l’anno a venire. Amando molto viaggiare, Alessandro non si avvale di figure come i brand ambassador, anche perché, questo il suo pensiero, nessuno sarebbe in grado di “raccontare” i suoi vin meglio di lui, essendoci “una stretta connessione tra i miei vini e la mia filosofia”. Il suo più grande rammarico? Quello di non poter abbracciare per tutto il 2020 tutti i suoi amici; una dolorosa limitazione dato il suo carattere espansivo. L’aspetto più positivo? La diminuzione dell’inquinamento e dell’antropizzazione, che ha permesso alla natura di riappropriarsi trionfalmente di parte dei suoi spazi. “Il futuro è il ritorno al passato”.
LIBRANDI (Cirò Marina, Crotone)
Grazie (anche) all’e-commerce e alla Gdo, i numeri non sono per nulla collassati
Paolo Librandi, contitolare e direttore commerciale di Tenute Librandi, confessa che, pur subendo un danno per la chiusura dell’HoReCa, operando su più canali ed evitando conflittualità con i partner, la sua azienda è riuscita a contenere i danni, grazie soprattutto all’aumento del fatturato derivante dalle vendite online e da quelle del canale Gdo. Con oltre 30 mercati esteri a rappresentare il 40% delle vendite, Librandi afferma che, sostanzialmente, il volume d’affari legato all’export va a pareggiare quello dell’anno scorso: le vendite negli Usa non hanno registrato particolari perdite e quelle verso la Germania, che costituiscono il 50% dell’export, sono in linea con quelle del 2019. Per quanto riguarda il mercato interno, la Gdo rappresenta il 20% delle vendite, con una rete distributiva a livello regionale. Tornando alle vendite online, cresciute del 400%, ci si è appoggiati alle principali piattaforme; scartata invece l’idea della vendita diretta, per con cannibalizzare l’attività dei propri agenti. Le 2,5 milioni di bottiglie prodotte all’anno sono declinate su due linee; una di fascia alta per l’HoReCa, e l’altra di fascia medio-bassa per la Gdo. “I due canali – chiosa Paolo – possono convivere nella stessa azienda, se gestiti in maniera ordinata. L’importante è non farsi prendere dal panico, dovuto all’attuale situazione, ragionando sempre in termini strategici di lungo termine”.
LUNGAROTTI (Torgiano, Perugia)
Il consumatore moderno è sempre più curioso, e allora va informato
250 ettari vitati, 2 cantine, 29 etichette, 2,5 milioni di bottiglie prodotte all’anno: questi i numeri della storica cantina di Torgiano, da sempre fortemente orientata verso il canale HoReCa. Chiara Lungarotti, amministratore delegato del gruppo, confessa di soffrire molto questa situazione e questo clima di incertezza. La produzione aziendale è indirizzata per il 55% al mercato interno e per il 45% a quello estero.
Per quanto riguarda l’Italia, il 70% del vino è destinato al “fuoricasa”, mentre il 30% alla Gdo, al delivery e all’e-commerce (Tannico, Vino.75). Tra le strategie future, Chiara annovera una sempre maggior presenza sui social, questo perché il consumatore s’è fatto più attento e curioso, curioso di conoscere le scelte aziendali e la loro sottesa ratio; inoltre è necessario essere sempre più lungimiranti e predittivi, così da essere sempre “sul pezzo” sia in ambito europeo sia mondiale. “Il 2020 ci lascia la consapevolezza di dover mantenere sempre il proprio modo di lavorare, e approfondire la nostra conoscenza. La nostra professionalità ci aiuterà sicuramente a superare questa crisi”.
LUNGAROTTI (Torgiano, Perugia)
Il consumatore moderno è sempre più curioso, e allora va informato
250 ettari vitati, 2 cantine, 29 etichette, 2,5 milioni di bottiglie prodotte all’anno: questi i numeri della storica cantina di Torgiano, da sempre fortemente orientata verso il canale HoReCa. Chiara Lungarotti, amministratore delegato del gruppo, confessa di soffrire molto questa situazione e questo clima di incertezza. La produzione aziendale è indirizzata per il 55% al mercato interno e per il 45% a quello estero.
Per quanto riguarda l’Italia, il 70% del vino è destinato al “fuoricasa”, mentre il 30% alla Gdo, al delivery e all’e-commerce (Tannico, Vino.75). Tra le strategie future, Chiara annovera una sempre maggior presenza sui social, questo perché il consumatore s’è fatto più attento e curioso, curioso di conoscere le scelte aziendali e la loro sottesa ratio; inoltre è necessario essere sempre più lungimiranti e predittivi, così da essere sempre “sul pezzo” sia in ambito europeo sia mondiale. “Il 2020 ci lascia la consapevolezza di dover mantenere sempre il proprio modo di lavorare, e approfondire la nostra conoscenza. La nostra professionalità ci aiuterà sicuramente a superare questa crisi”.
MARCHESI DI BAROLO (Barolo, Cuneo)
Il digitale sarà sempre sempre più importante, ma il rapporto col cliente resta cruciale
Ernesto Abbona, al vertice di Marchesi di Barolo e presidente Uiv (Unione Italia Vini), ritiene che multicanalità e diversificazione dei mercati di sbocco siano due tra le principali leve per contrastare la crisi. Il digitale in questa partita giocherà un ruolo molto importante, offrendo nuove opportunità per fare promozione e comunicazione, oltre a rappresentare uno strumento efficace di potenziamento delle vendite dirette e del direct marketing. Il rapporto con il consumatore costituisce un patrimonio aziendale sempre più importante, da coltivare e mantenere, anche con l’utilizzo degli strumenti digitali, purché il tutto venga gestito in seno a dinamiche enoturistiche; e non come alternativa, ma come integrazione ai tradizionali canali distributivi. L’accelerazione dell’online, la crescita della Gdo e la crisi dell’HoReCa hanno cambiato le dinamiche tra i diversi canali, assottigliando quelle barriere che storicamente marcavano la strategia multicanale. I confini tra enoteca, ristorante e supermercato si sono fatti più labili, così come l’esperienza online si integra in maniera sempre più forte con l’offline. Dai buyer internazionali è arrivato al recente convegno “Wine2wine” un messaggio chiaro: guardare in modo diverso la Gdo. Vanno trovati nuovi equilibri per valorizzare al meglio sia le peculiarità dei nostri diversi partner distributivi sia la diffusione della cultura del vino di eccellenza. Paolo Castelletti, segretario generale di Uiv, afferma che, dopo una buona ripresa nei mesi estivi, oggi la situazione è preoccupante, con una perdita complessiva per l’intero settore vinicolo, rispetto al 2019, di 1,2 miliardi di Euro. Il 2021 sarà ancora un anno di sofferenza e solo nel 2022 si comincerà a percepire una ripresa.
MARISA CUOMO (San Michele, Salerno)
Brand ambassador e presenza sui social media possono aiutare molto
200.000 bottiglie per annata, divise in 9 differenti terroir della Costiera Amalfitana; 68 piccoli conferitori, numerosi terreni e vitigni autoctoni recuperati dall’abbandono: tutto ciò è sintesi Marisa Cuomo. Andrea Ferraioli, marito di Marisa, confessa tutto sommato di ritenersi fortunato, riuscendo ad affrontare le difficoltà di questo 2020 grazie al target medio-alto dei vini aziendali, che minimizza le perdite in termini di vendite.
“L’importante è fare sistema – afferma Ferraioli – aiutando il più possibile i ristoratori”, attraverso per esempio il blocco e le dilazioni dei pagamenti. Il mercato regionale è molto importante per questa cantina, costituendo il 42% del fatturato; il 28% proviene dalle vendite Italia; il restante 30%, che rappresenta ovviamente l’export, è frutto soprattutto del mercato Usa (California e New York), quindi Giappone, Svizzera, Russia.
Per quanto concerne la Gdo, Marisa e Andrea ritengono sia un canale importante per farsi conoscere. Ma sono anche molto favorevoli alla presenza sui social media e al supporto professionale che possono dare i brand ambassador e gli wine influencer.
In ogni caso, conclude Andrea, “il rispetto della terra e degli uomini è sempre stato al centro della nostra filosofia”.
MASO MARTIS (Trento)
Tutti i canali sono interessanti, a parte la non adatta Gdo, ma manca il vis-à-vis
Sales manager e contitolare dell’azienda bio Maso Martis,
Roberta Giurali dichiara che “sicuramente queste misure (quelle legate alla pandemia, n.d.r.) rappresentano un danno enorme. Uno dei pochi aspetti positivi di questo periodo è che le pressanti richieste dei nostri clienti che ci costringevano a far uscire alcuni prodotti prima del loro perfetto affinamento ora lo sono un po’ meno, dandoci agio di far maturare alla perfezione i nostri prodotti a beneficio della loro qualità”. Lamenta Roberta la stagnazione del mercato estero, che per fortuna però rappresenta solo il 5% del fatturato, essendo la cantina ancora giovane e in fase di posizionamento. Il 95% è destinato dunque al mercato domestico, di cui il 30% a quello regionale. Maso Martis lavora molto sull’accoglienza e sull’espansione del mercato nazionale, sfruttando ogni canale: e-shops, enoteche, ristoranti e wine lovers. Trattandosi di una realtà medio-piccola, la Gdo non è una strada praticabile, essendo necessaria la disponibilità di grandi numeri di bottiglie. “I rapporti umani – conclude la Giuriali – vanno curati e salvaguardati, l’importanza della convivialità, del vis-à-vis alle fiere internazionali sono aspetti cruciali che ci mancano molto”.
UMANI RONCHI (Osimo, Ancona)
L’e-commerce è di grande aiuto, ma occorre comunicare di più e meglio
Storica e solida azienda marchigiana, da diversi anni con tenute anche in Abruzzo di dimensioni medio-grandi, vede la sua produzione essere distribuita per il 90% attraverso il canale HoReCa, e per la restante parte attraverso la Gdo. Suo amministratore delegato è Michele Bernetti, anche contitolare, che tiene a ricordare come la sua realtà sia presente negli shop online, attraverso le piattaforme più riconosciute, come Tannico, con l’idea di far a breve l’ingresso nella rivoluzionaria (per il settore) app Winelivery. Bernetti afferma che “Umani Ronchi tramite gli agenti sta lavorando bene sul territorio nazionale, perché le enoteche e le gastronomie continuano ad effettuare ordini, ma i vini di fascia medio-alta stanno risentendo di questo pesante contesto”. L’export è pari 70% del volume di affari, ripartito su 60 paesi. “La gravità della crisi – afferma il Ceo – varia da paese a paese: quelli del nord Europa, lavorando con il monopolio, restano mercati fiorenti, mentre altri, come quello Usa, dove la ristorazione è ferma, sono bacini decisamente più critici. Il focus per il 2021 è quello di prestare maggiore attenzione alla comunicazione e rafforzare sempre più il rapporto con i clienti”.
VENICA & VENICA (Dolegna del Collio, Gorizia)
I lockdown metropolitani e lo stop all’HoReCa i reali problemi
Azienda friulana di circa 40 ettari, produce dalle 190mila alle 310mila bottiglie l’anno. Patron Ornella Venica, pur contenta della “ripresina” estiva, che ha contribuito a recuperare le perdite causate dal lockdown primaverile, si dice in generale preoccupata. “Lavorando praticamente solo con il settore HoReCa, il nuovo blocco autunnale di alcune grandi città come Milano, che rappresentano commercialmente punti nevralgici per Venica & Venica, è davvero un problema. Inoltre circa il 45% del nostro fatturato lo dobbiamo all’export, in particolare agli Stati Uniti, giusto il Paese al mondo più colpito dalla crisi pandemica. Alcuni importatori che hanno attivato la vendita diretta online stanno lavorando bene, ma ciò non basta per uguagliare il fatturato 2020 a quello del 2019”. Parlando di Gdo, l’azienda ritiene che il problema sia una guerra di prezzi che ne può conseguire, oltre al fatto, sempre secondo Venica, che al supermercato vi è poca propensione a spendere cifre medio-alte per l’acquisto di vini italiani. “Per noi – conclude Ornella – è importante raccontare la nostra storia, che si fonda fra l’altro anche sul tema dell’ecosostenibilità, e per farlo abbiamo bisogno di ristoratori ed enotecari professionisti”.
VILLA BUCCI (Ostra Vetere, Ancona)
Shop online, prezzi stabili e cura della rete vendite: questi i must
Ampelio Bucci, già professore di marketing e comunicazione, tra i padri fondatori della Fivi (Federazione Italiana Vignaioli Indipendenti), dedica oggi gran parte del suo tempo alla propria azienda vitivinicola. “L’attuale situazione – chiosa Bucci – ci sta danneggiando enormemente, perché il consumo di vini di qualità e di brand come i nostri, ovunque avviene per gran parte nell’HoReCa, ossia il canale di gran lunga più colpito dalla pandemia. Tra i mercati esteri, è noto, quello che più sta patendo la crisi è lo statunitense; l’Europa si differenzia in base agli Stati, mentre l’Asia si sta riprendendo bene. Lavorando molto sulla qualità e non sul continuo aumento della produzione, le 120.000 bottiglie da noi prodotte sono posizionate esclusivamente attraverso una solida rete di vendita costruita con anni di lavoro. L’apertura dello shop online è stata per noi l’unica opzione possibile per arginare la diminuzione delle vendite, una scelta che abbiamo compiuto con oculatezza per non entrare in conflitto con Tannico. In che modo? Vendendo solo in casse e non singole bottiglie”. Secondo Bucci la Gdo è sicuramente un canale strategico, uno dei pochi che ha retto le avversità del 2020, ma per fruire di questo canale occorre proporre il prodotto giusto al prezzo opportuno, altrimenti i danni economici e di immagine sarebbero irreversibili. Ciò che una cantina come Villa Bucci può fare è diversificare l’offerta e suddividere il rischio. Restare solidi sul prezzo, senza variarlo. “Curare la rete vendite e mantenersi in continuo contatto con i clienti sono le azioni da intraprendere in questi periodi di incertezza”.
Una cosa è certa, questo 2020 lascerà numerosi insegnamenti. La mancanza del rapporto umano ha stimolato a usare piattaforme per mantenere le connessioni socio-economiche, facendo comprendere che, a beneficio dell’ecosostenibilità, forse alcuni spostamenti erano superflui. Un anno che ha “regalato” tempo: tempo per pensare, formulare idee creative, elaborare nuovi progetti. Un anno che ha fatto passare un messaggio: la necessità di farsi multitasking, multicanale, di performare meglio la comunicazione al pubblico, sempre più strategica. Sicuramente se ne uscirà cambiati, si auspica in meglio, a tutti i livelli.