Abbiamo intercettato Tiziano Rossetti all’Angolo Divino, a Urbino, mentre era intento a infornare il pane lievitato durante la notte e a ritirare dal fornello il ragù che borbottava piano da ore, così come ogni giorno.
Una disciplina quotidiana, una ritualità che lo chef confida di aver ereditato da Gino Angelini, colui che per primo e più frequentemente, insieme a Gualtiero Marchesi, ha incrociato e segnato il suo percorso professionale.
Con Angelini infatti Rossetti ha lavorato giovanissimo per tre anni ai tempi in cui lo chef (riminese come lui) capitanava le cucine del Des Bains a Riccione, grazie a lui ha conosciuto Marchesi che lo ha accolto, ventenne, nel suo celebre ristorante e, sempre con Angelini, è approdato a Los Angeles affiancandolo in due gestioni importanti.
Fondamentali anche le ulteriori esperienze con quel fuoriclasse straordinario che è Vincenzo Cammerucci nel periodo fulgidamente innovativo della “Grotta” di Brisighella by Nerio Raccagni, o con Vissani, fino ad arrivare alla breve esperienza di Palazzo Viviani, nell’entroterra riminese, dove ha acquisito una stella Michelin: “Sono stato fortunato a vivere insieme ai suoi massimi protagonisti il periodo d’oro della ristorazione – racconta Rossetti.
Erano gli anni in cui si respirava l’aria inebriante dell’avanguardia e del rinnovamento, sia nel mondo del cibo che del vino. Ho così avuto l’opportunità di incontrare produttori, di assaggiare eccellenze enogastronomiche, ho imparato a distinguere il valore delle cose e a capire come la qualità fosse l’elemento imprescindibile a cui ancorare ogni mia scelta.
I GRANDI MAESTRI
Senza forse neanche rendermene conto ho così fornito alla mia mente la grammatica basilare per poter cominciare a interpretare i codici non scritti dell’alta cucina.
Il resto lo hanno fatto altri incontri fortunati e straordinari – ammette Rossetti -.
Vado in Svizzera nel bistellato “Le Raisin” per approcciare la cucina classica francese di Adolf Blokbergen e lì mi individua quello che è considerato uno tra i più grandi chef del XX secolo, Fredy Girardet: habituè del locale e amante del nostro Belpaese, mi raggiungeva in cucina mentre lavoravo e, in perfetto italiano, mi raccontava di cibo, di ristorazione, di buone maniere. Un corso accelerato di cultura generale.
Il passo successivo è un salto nel futuro più shoccante. Alle “Calandre” di Rubano, alla corte degli Alajmo, mi rendo conto che esiste più di uno stile, più di una fase nell’evoluzione della cucina, corroborati da progettualità filosofiche e tecniche.
Un macrocosmo concettuale, estetico, contenutistico che mi ha conquistato e proiettato verso ulteriori sfide.
Fulvio Pierangelini, presso cui ho lavorato una stagione intera, ha rappresentato per me la forza dirompente dell’ideale etico che diventa pratica usuale; in lui ho trovato il rigore del gesto, l’essenzialità della costruzione, la perfezione del passaggio esecutivo, il pensiero che muove l’atto.
E con lui ho sperimentato la lucida follia del servizio eclettico, impostato su stilemi eterogenei, in continuo divenire, eppure sempre aderenti alle logiche di una cucina geniale.
Ma fatalmente i corsi e ricorsi mi hanno sempre portato a Marchesi: da lui partivo, a lui ritornavo trovandolo sempre attuale, sincretico rispetto alle tendenze in movimento.
UNA FORMAZIONE CONTINUA
Arrivo ad Alma, dove lui è rettore, e lì insegno ma, soprattutto, imparo a studiare, ad approfondire ogni argomento per poterlo poi trattare con sufficiente competenza.
La scuola è un formidabile propulsore di idee e progetti: lo stimolo delle domande dei giovani e l’impegno della didattica a tutto campo tengono allenata la mente e fortificano la passione per il proprio lavoro.
Luciano Tona, lo chef di riferimento costante per me ad Alma, mi ha fatto capire che, per insegnare, la pratica non basta: – continua Rossetti – per sostenere una didattica convincente occorre un impegno intellettuale costante.
E proprio tra gli insegnamenti che ho fornito, ho sempre raccomandato in primis di evitare la fretta di arrivare, perché, umilmente, non si deve smettere mai di imparare”.
IL MIO ANGOLO DIVINO
È del 2017 l’approdo all’Angolo Divino di Urbino, fino a poco tempo prima appartenuto allo chef Claudio Amati. Nel segno della continuità Rossetti ha operato una sintesi tra la sua cucina emiliano-romagnola e quella delle Marche, privilegiando quindi soprattutto le paste ripiene su un fronte, dall’altro tartufi, funghi, volatili e pesce.
Ne consegue una cucina con le reminiscenze del suo percorso formativo e con i segni espressivi della maturità acquisita: una visione compiuta vivacizzata da un estro curioso ed espansivo perché: “I piatti devono scaldare il cuore, devono far avvertire la cura messa in quelle cotture dolci e lunghe di chi cucina perché gli piace cucinare – asserisce lo chef –. Io desidero che i miei ospiti riescano a entrare nello spirito delle mie scelte e, possibilmente, nella condivisione di queste”.
In una carta con proposte ridotte, così da cambiarle spesso per utilizzare al massimo i prodotti del momento, scompare il menù degustazione (“anacronistico per le problematiche economiche attuali e materialmente in contrasto con il rispetto ambientale, considerando lo spreco che ne caratterizza l’opulenza”) torna anche l’adesione alla cucina classica con una riproposizione aggiornata, per esempio, del classico filetto al pepe verde. In un menù dove predominano, per vocazione dello chef, i piatti di pesce, anche carni da cortile come la faraona gin e ginepro, cotta intera e poi smontata, la cui carcassa, con il secco aromatico di gin e ginepro, diventa il fondo ideale per bilanciare il dolce della carne.
Attento il servizio di sala curato, anche sul fronte vini, dal giovane maître milanese Emanuele Treite: 18 i coperti interni e 6 i tavoli nel dehors dove ci si può sedere anche per un buon bicchiere abbinato al parmigiano di vacche rosse, al bagoss, al bitto, alle pregiate produzioni casearie di Cau e Spada di Sasso Corvaro o di Beltrami di Cartoceto, o agli amati salumi selezionati senza vincoli territoriali, quindi il prosciutto di Carpegna o del Montefeltro, quello di Sant’Angelo o gli insaccati della Bassa Emilia, felino, coppa, culatello in testa.
Ristorante Osteria L’Angolo Divino
Via Sant’Andrea 14 – 61029 Urbino
Tel. +39 0722 327559