
L’Italia marcia da sempre su due velocità, anche nel settore dell’ho.re.ca.
C’è chi non riesce a fronteggiare l’escalation folle dei costi energetici e paventa la chiusura del proprio locale, e chi sembra non accorgersene continuando a proporsi secondo i propri canoni consueti.
In pratica, mentre la ristorazione media già soffre per gli aumenti fuori controllo, le attività di servizio che hanno a che fare con il mercato del lusso o, comunque, con le fasce abbienti della popolazione, non sembrano accusare il colpo di questa terrificante crisi energetica che genererà contrazione dei consumi con ricaduta negativa su svariati settori produttivi.
Eppure non è vero che i segnali nei quartieri alti non ci sono: se, in pieno agosto e in zona mare, qualche ristorante variamente stellato ha tre tavoli a cena, una domanda dovrebbe farsela.
L’opinione comune, nel mio sondaggio in un target di clienti altospendenti e di chef altopensanti, è che certa fuffa culinaria sta diventando insopportabile.
I cuochi che si autoesaltano producendo piatti incomprensibili, non credo facciano un buon servizio al settore e alla gente.
E sì che la storia dovrebbe aver insegnato che, in tutte le epoche, la cucina è stata e ancora sarà lo specchio dei tempi.
Pandemia, cambiamenti climatici, migrazioni massicce, globalizzazione impongono ogni giorno uno spostamento dello stesso concetto di sostenibilità e la cucina non potrà che prenderne atto.
La ricetta per affrontare questo periodo epocale è già stata scritta: consiglio di andarsi a rileggere quanto affermò Berlinguer nel famoso Convegno degli intellettuali a Roma, nel 1977.
Ai tempi lo accusarono di miopia regressiva, di rigorismo, di moralismo vetero-marxista, di anacronistico medievalismo quando invece, in un analogo tempo di crisi energetica e di inflazione a due cifre, aveva già visto tutti i limiti del capitalismo occidentale e il possibile disastro sociale conseguente alla sua decadenza.
In realtà lui auspicava una sorta di austerità positiva come valore morale contro lo spreco e lo sperpero, come necessaria “occasione per trasformare l’Italia, per uno sviluppo economico e sociale nuovo, per un rigoroso risanamento dello Stato, per una profonda trasformazione dell’assetto della società, per la difesa ed espansione della democrazia”.
Ma, diceva, occorre partire dal basso e non dai quartieri alti dei privilegi.
In parallelo, pertanto, non possiamo più accettare la fuffa o i mappazzoni di una politica opportunista e ipocrita, ma cucinare nuove idee per gettare le basi di un risanamento morale ed economico inderogabile.
Sarà dura per la maggior parte di noi, lo è già, ma certi cambiamenti vengono per durare, quindi non sarà sbagliato attrezzarci pensando che sì, ce la faremo, ma che dobbiamo metterci del nostro.