È questa la cifra di Vincenzo Vottero, lo chef bolognese che, dopo 4 anni nei locali di via del Traghetto, la scorsa primavera ha scelto di proseguire la propria strada negli ampi spazi che furono del Caffè Biavati, in piazza di Porta Saragozza a Bologna, aprendo i battenti del suo “VIVO – Vincenzo Vottero Taste Lab” insieme a Ugo Nazzarro e Licia Mazzoni, sua compagna di vita. Il desiderio, ormai da tempo, era quello di trasferirsi in un luogo più idoneo e centrale, integrando il ristorante con un moderno american bar, secondo una tendenza già largamente diffusa in altre città ma ancora restia a prendere piede in terra emiliana, dove accade di scontrarsi con il tradizionalismo e la storica diffidenza dei bolognesi.
[L’Antica Trattoria del Reno non è stata ceduta né abbandonata, ma ha assunto la nuova e inconsueta veste di “Italian Grill & BBQuality”, un format di cucina più classica con l’utilizzo di tecniche di barbecue e cotture alla griglia, affidato alle mani collaudate dello chef Enrico Bigi con la consulenza di Pietro Bonacorsi e Matteo Tarozzi, campioni italiani di barbecue.]
Nella nuova sede Vottero ha trovato un ambiente decisamente più articolato e spazioso, in chiara assonanza con la sua personalità e con la sua idea di ristorazione. Il locale è luminoso, i grandi lampadari sfarzosi e ultramoderni lo ammantano di una veste magnificente, punteggiata di tocchi d’arte, tanto cari alla coppia Vottero/Mazzoni, come i divertenti ritratti dello staff appesi alle pareti o la scultura di Antonello Paladino adagiata in giardino. All’ingresso si staglia il bancone del bar, sormontato da una volta a botte di mattoni rossi e affiancato da un’area lounge destinata agli avventori che intendono soffermarsi per un drink. Proseguendo si approda in un’ampia sala dalle tonalità del bianco e dell’oro, per poi accedere alla vera gemma del locale, la corte interna. E’ raro e sorprendente trovare in centro città uno spazio esterno tanto ampio e, al contempo, così accogliente e raccolto: gli edifici circostanti incastonano il cortile proiettando gli avventori fuori dallo spazio e dal tempo. C’è un’area dove si pasteggia e una piccola zona relax, con tanto di divanetti e un praticello di erba sintetica che qualcuno potrebbe trovare kitsch, ma che si armonizza alla perfezione con l’ambiente circostante.
Riguardo alla proposta gastronomica, nulla è cambiato nell’impostazione rispetto al vecchio locale: si mangia alla carta oppure si può comporre la propria degustazione di 7 portate a 48€, scegliendo tra i numerosi piatti del menu.
Chi è avvezzo ai percorsi di degustazione, specialmente nei ristoranti gastronomici, sa quanto sia difficile trovare proposte ricche a prezzi popolari.
Anche in cucina, Vottero è rimasto se stesso: vivace, esuberante, pirotecnico. In altri termini, VIVO. Nomen omen. I piatti sono un coacervo di colori, ingredienti, suggestioni. Talvolta barocchi. In definitiva, piacevoli e divertenti. La sua cucina è energia masticabile.
Sempre presenti in carta alcuni “classici” dello chef, come il “falso farro”, i tortellini con tartufo nero e perle di lambrusco, la tartare di capriolo affumicata, il cervo al BBQ con mostarda alle amarene Fabbri.
Tra le nuove proposte, “Quinto elemento” è un rocher croccante realizzato con burro di cacao e polpa di ricci, ripieno di foie gras d’anatra, cosparso di semi di sesamo, accompagnato da germogli terrosi e da una panna acida al caffè (salsa ViVo): boccone prepotente e aromatico, che entra carnale ed esce salmastro, esplorando senza timidezza la linea di confine fra terra e mare. Non per tutti.
“Calamaro in due consistenze” è l’originale calamaro mantecato con il suo fiocco croccante, fonduta piccante di finocchi e lemongrass e salsa di ostriche: curioso utilizzo del calamaro, usualmente apprezzato per la sua consistenza più che per il sapore (invero assai tenue), qui reso incisivo dalla mantecatura con patate e porri, dalla sferzante salsa d’ostriche e dalla sfiziosa croccantezza del suo fiocco.
“Onda bianca” è un crudo di spigola di lenza generosamente distribuito su una focaccia cotta a vapore e appena ripassata al BBQ, accompagnato da maionese bianca e misticanza al tosazu: consistenza leggera, morso goloso, maionese senza tuorli che riporta alla mente certi vitel tonné d’antan.
Per il risotto con riso carnaroli “Riserva San Massimo”, lime nero fermentato, estrazione di gamberi rossi e gamberi crudi, è lo chef a raccontarci del suo soggiorno ad Abu Dhabi, dove ha scoperto la forza aromatica dei lime neri essiccati e fermentati, e del successivo desiderio di ricreare quelle sensazioni in cucina, passando i lime in fornetto essiccatore per 5 giorni a 72 gradi: il risultato è un risotto in cui si impone un’acidità contundente, parzialmente mitigata dalla dolcezza carnosa dei gamberi e screziata appena da un ricordo resinoso, quasi affumicato, e da un guizzo salmastro.
“Uova del mare” è lo spaghetto di Carla Latini con uova di seppia, bottarga di muggine e uova di salmone Keta, forse il piatto meno elaborato e sovrascritto fra tutti quelli assaggiati: pochi sapori netti e definiti, di una semplicità quasi disarmante, marino, generoso senza ridondanze.
Tra i secondi piatti, “Purple” è la rana pescatrice con semi di girasole, polvere di alghe e salsa al cassis, un piatto di sostanza giocato sui contrappunti fragranti di semi e alghe, e sulla carnosità della coda di rospo, legati dallo spunto fresco del cassis.
La carne irrompe muscolare nel “Black & black”, Black Angus ribs con salsa di aglio nero fermentato, pesto di melissa e funghi galletti, un piatto sontuoso e gourmand, dove l’ampia marezzatura della carne regala succosità, e la salsa di aglio nero fermentato ridefinisce i contorni del boccone con le sue filigrane acide e aromatiche.
Passando ai dessert, “Oreo” è un fine pasto che attinge ai sapori dell’infanzia mettendo a tacere il bisogno di rassicurazioni e conferme: gelato di biscotto Oreo, denso e ricco, con salsa di cioccolato bianco e vaniglia, crumble di mandorle e lamponi. In una parola, il comfort.
Per finire, l’immancabile ghiacciata di zenzero con cioccolato fondente caldo, pezzo forte dello chef ormai da anni: una granita di zenzero, compatta, servita al tavolo con una colata di cioccolato caldo fondente, in cui il cortocircuito tattile creato dalle diverse temperature rinvigorisce il goloso boccone, orlato appena da una lieve piccantezza.
Nel brulichio di clienti, la serata scorre senza intoppi, Licia ha la giusta allure da padrona di casa e il maître, Francesco Parigi, si mostra attento e mai invadente, in un delicato lavoro di cesello per una clientela decisamente numerosa e variegata.
Di Vincenzo Vottero non si può che appprezzare la fedeltà a se stesso, quasi ostinata: in lui non si ravvede alcuna smania di voler apparire diverso da come è, e da come è sempre stato. In profonda empatia con la sua cucina, sempre esuberante, mai apolide né seriale.