
Un gigante, un intellettuale della nostra cucina, quella vera e solida, quella dei profumi e dei sapori forti che esprimono la sua terra: la Sicilia. Nino Graziano ha esportato in Russia il suo cuore e la sua eccezionale esperienza di grande cuoco a Mosca e lo ha fatto quando ancora le porte del pianeta Russia erano semiaperte per i turisti stranieri: figuriamoci per quelli che volevano lavorarci…
Corrono gli anni 2000 quando alcuni imprenditori di Mosca entrano nel suo storico “Mulinazzo”, a Palermo – l’unico ristorante con due stelle Michelin della Sicilia e, gli unici due super stellati del Sud insieme a “Don Alfonso “, a Santagata dei due Golfi, in Campania – per proporgli l’apertura di un ristorante con il suo nome nel centro di Mosca, à coté della Piazza Rossa, all’ombra delle cupole e del potere del Cremlino. Un’avventura, più di un’avventura lasciare il suo ristorante stellato per un’incognita. Ma una sfida fatta a un uomo della Sicilia, costi quel che costi, può essere solo accettata e, ca va sans dire, le sfide sono state tante e le ha vinte tutte.
Così, da molto tempo, Il Mulinazzo è, per la sua cucina, il punto di riferimento degli oligarchi e della nomenclatura di Mosca ai quali oggi si aggiunge una nuova generazione di gourmet, cresciuta con l’avvento della movida enogastronomica mondiale.
Abbiamo rincontrato Nino, dopo 20 anni, nel suo nuovo e piacevole ristorante che ha chiamato “Osteria siciliana”, a Roma, per farci raccontare la sua bella storia davanti a una “Sarda a Beccafico”, un piatto della tradizione palermitana che integra i sapori del ripieno di pangrattato, pinoli, aglio, persica, e uvetta, e i super gamberi rossi di Mazara panati, con origano.
“A Mosca – racconta – la cucina italiana spopolava per la sua capacità di esaltazione dei sapori, per il gusto dei nostri piatti: eravamo i primi. Ora, “grazie a noi” non lo siamo più. Perché sono stato io a far sviluppare una cucina russa che prima non esisteva, insegnando come trattare gli alimenti con le nostre tecniche e abbinamenti creativi a tanti ragazzi che abbiamo preparato per 10/12 anni, facendoli diventare bravi chef. E così tutti si sono buttati sugli alimenti della loro terra, riproponendo piatti della tradizione russa. Negli ultimi 4-5 anni hanno aperto solo ristoranti dove, oltre al solito “caviale &vodka”, si trovano piatti della tradizione russa, fuori dagli stereotipi del merluzzo, malto e farro con panne acide. Un esempio di questa nuova tendenza è lo chef Boris Zarkov che nel suo ristorante “White Rabbit” scava nella storia gastronomica alla ricerca di antiche ricette.
Poi – osserva Nino – per colpa dell’embargo, il fenomeno ha subito un’accelerazione negativa per noi. Non si aprono più ristoranti italiani. L’ultimo, importante, ad aprire è stato il «Logo» di Cracco, in un hotel, ma con un successo limitato.
Oggi, il trend è cucina russa, giorgiana, cinese o giapponese.
La parte europea è chiusa e non ci sono più importazioni di pesce e di altri nostri prodotti. Io, che sono lì da molti anni con la mia clientela conquistata nel tempo, posso lavorare benissimo con i prodotti che vengono dal Giappone o dalla Nuova Zelanda perché, tecnicamente, noi siamo bravi. Però, dire che oggi faccio una cucina italiana al cento per cento è un po’ complicato: le paste si possono fare a mano, però mancano altri ingredienti. Si fanno anche le burrate, la mozzarella, ma è ovvio che non sono mai come quelle italiane : i nostri sapori non ci sono.”
Senti Nino, perché Roma e non la tua Palermo? Sei alle spalle di Palazzo Fendi che, guarda caso, è di proprietà di una multinazionale come Zuma. Perché Roma?
“La scelta di Roma è stata abbastanza casuale. Non è legata a qualcosa di gastronomico o di importante. Nei miei viaggi da Mosca scendevo all’aeroporto di Roma che era anche sul mio tragitto dalla Sicilia. Siccome mia moglie voleva assolutamente aprire un ristorantino, le ho proposto di farlo a Roma. E così è nata l’Osteria siciliana, ma solo con l’idea di fare sette, otto, dieci piatti di antica tradizione da “non dimenticare”. Come la caponata di verdure in agrodolce, il timballo di aneletti dei giorni di festa, e gli involtini di pesce spada – ammuddicati – con cipolla e alloro, o le panelle con baccalà alla messinese. Poi, qualche piattino creativo, c’è, ma fatto con il mio concetto che è: sapore, sapore, sapore, come il maialino nero con salsa al cacao amaro e sparaceddi”. Questo è Nino Graziano, un purista della gastronomia che entra a gamba tesa nella storia della cucina – quella regionale che solo apparentemente sembra semplice – con una creatività super nell’integrazione degli alimenti, principalmente a base di pesce, verdure, spezie. Tutti prodotti che si fa arrivare dalla sua terra. La “minestra di Nino Graziano” con gamberi rossi, per esempio, è la dimostrazione del massimo piacere del gusto concentrato in un piatto, così come il “biancomangiare alle mandorle e frutta di bosco”, un pudding straordinario con il profumo di menta.
Non si possono raccontare le emozioni del palato. Si provano e basta…
OSTERIA SICILIANA
Via del Leoncino, 28 – Roma – Tel. 06 68805283