
Mi affaccio poco sul mare magnum di Facebook e quando lo faccio non sento la necessità di unirmi alla pletora di chi scrive la qualunque nell’illusione di esistere.
Soffro pesantemente il compiacimento delle foto semiadamitiche stile Belen de’ noantri; gli avvilenti, livorosi commenti delle donne sulle donne alla faccia del più feroce body shaming, la politico-pornografia degli statisti da tastiera, la violenza verbale, la decomposizione putrescente della lingua italiana in quel marasma fetido che è l’opinionismo da web. Su tutto. In un devastante pettegolezzo malevolo e privo di intelligenza.
Già, perché “intellegere”, ovvero “capire”, in Italia è diventato un optional, merce rara in una popolazione in cui l’ignoranza, elevata a simbolo di autenticità, ha subito un processo di legittimazione. “Capire” è un verbo sconosciuto a quei trequarti degli italiani funzionalmente non in grado di esprimere correttamente un concetto compiuto o sensato: tutto è frutto del sentire momentaneo, quasi una necessità di minzione.
Sul numero attuale coincidente col suo trentottesimo compleanno, voglio quindi fare il mio personale e interessato elogio a La Madia, alla sua necessità di fornire una comunicazione corretta, ai suoi eccellenti autori, ai servizi graficamente e giornalisticamente costruiti con scrupolosa sartorialità, alla sua bella carta, ma anche al suo spazio web costantemente controllato per evitare castronerie e fake news.
E regalo alla Madia i risultati dello studio, tra gli altri, dell’Oxford Internet Institute che spiega come “la memoria e la comprensione di un testo sono migliori se il contenuto è letto su carta invece che su tablet o computer. La multisensorialità della pagina, al tatto, aumenta gli stimoli al cervello e favorisce l’attenzione, permettendo di registrare meglio ciò che si legge”.
Viva dunque l’informazione che, sulla carta, ci mette la faccia, che assicura correttezza e professionalità. Viva La Madia.