Un clima temperato (magari con buone escursioni termiche) è ottimale per ottenere dai vigneti vini di qualità superiore, almeno così si dice.
L’Italia è sicuramente terra da vini, con il più grande patrimonio enologico al mondo; ogni regione ha propri vitigni autoctoni con caratteristiche uniche grazie alle peculiarità dei territori incluso il microclima.
Il sud Italia è un’area ricchissima di vitigni autoctoni, terroir diversi, clima e tradizioni vinicole ben distinte.
Al sud fa caldo, questo è indubbio e troppo caldo non fa bene al vino, questo è sicuro, ma siamo così certi che al sud faccia sempre così caldo?
Le maturazioni in corrispondenza di temperature troppo calde provocano una discrepanza tra la maturità zuccherina troppo precoce, il rapporto zuccheri/acidi e i tannini non pienamente maturi che in vinificazione portano alla perdita di precursori aromatici dovuti ad ossidazione.
Ma ritorniamo al profondo sud: innanzitutto le varietà meridionali, essendo più tardive, maturano più tardi soprattutto ad altitudini superiori ai 400 metri (Irpinia, Vulture, Alta Murgia, Etna). Arrivano alla fascia considerata “perfetta” secondo i manuali storici agronomici.
In secondo luogo, alcuni vitigni autoctoni italiani del sud Italia nascono con acidità fisse molto elevate che rendono queste uve inadatte a climi diversi da questi perché darebbero vini troppo aggressivi.
Ma la natura è fantastica e dobbiamo anche considerare che alcune varietà del sud, in presenza di elevate temperature durante la fase maturativa, impediscono la fotosintesi attraverso il meccanismo della chiusura degli stomi (aperture della foglia che bloccano la perdita di vapore acqueo e ossigeno e facilitano l’ingresso dell’anidride carbonica; la chiusura invece comporta il blocco della fotosintesi che riprende quando la temperatura scende), rallentando il ciclo di maturazione che porterebbe ovviamente ad una surmaturazione.
La modernizzazione delle tecniche utilizzate sia in vigna che in cantina hanno portato un sensibile cambiamento nei vini bianchi e nei rossi meridionali; se prima questi erano sinonimo di potenza e alcolicità, ora sono certamente più facilmente bevibili pur mantenendo le caratteristiche di unicità dei vitigni e dei territori di appartenenza.
Ma la vera rivoluzione dei vini del Sud nasce grazie ad una pratica enologica oggi utilizzata ovunque, ovvero l’uso del freddo in cantina senza il quale, produrre vini di qualità è quasi impossibile.
Quindi? I vini del sud Italia vanno dunque riallocati in una fascia produttiva e qualitativa diversa dal percepito comune, questo è fuori di dubbio.
La critica britannica ama da sempre i vini del Sud Italia e da sempre un metro di giudizio è l’esportazione. Se i rossi meridionali hanno spesso incantato il palato dei più schizzinosi, i vini bianchi stanno ottenendo un grande successo da quando le pratiche enologiche hanno decisamente accelerato lo stile di questi vini.
Quando parliamo di vini del mezzogiorno spesso parliamo di vini derivanti da suoli vulcanici, particolarmente ricchi di fosforo, di magnesio e di potassio da cui derivano vini caratterizzati di una complessità e sapidità molto elevate. Altre caratteristiche donate al vino ottenuto da uve coltivate in questi suoli sono la grande mineralità e acidità.
I nuovi vini del sud Italia sono completamente cambiati, sia i bianchi che quelli a bacca rossa; sono vini eleganti, sgrassati e snelliti, più bevibili grazie a tecniche di vinificazione più moderne.
Come più volte è stato raccontato, le nuove generazioni di wine-lovers sanno esattamente cosa bere, quali sono le caratteristiche che amano di un bicchiere di vino e sempre di più questi vini iniziano ad incarnare esattamente il punto di bevuta moderno, in grado di sfidare le curve del tempo.