Aimo, la genesi
“Io non sono Bernadette o E.T., non ritengo di essere più bravo degli altri, ma amo il mio lavoro e, se non avessi qualche acciacco dovuto all’età, ancora adesso sarei ai fornelli, da sempre la mia vita. Non ho mai pensato al denaro: oggi vivo di pensione, ma la mia ricchezza è la cucina”.
Sono le parole più belle della lunga ed emozionante chiacchierata fatta con Aimo Moroni, in occasione della visita a Il Luogo di Aimo e Nadia: traspare la semplicità di quest’uomo ma, al tempo stesso, la sua forza e il suo rapporto passionale con la professione di cuoco, che lo ha portato per tanti anni, insieme a sua moglie Nadia, a calcare la scena da protagonista nella grande ristorazione italiana.
“Il Padreterno ci ha dato questo pezzo di terra che è unico al mondo, uno stivale bagnato da cinque mari, una terra lavica e vulcanica, venti salmastri, un sole caldo e luminoso, insomma una collocazione che ci ha premiato e che, forse, neppure meritavamo – continua Aimo.
Noi italiani siamo un po’ autolesionisti: abbiamo creato la cucina mediterranea, apprezzata in tutto il mondo ma un po’ meno proprio in Italia, nonostante la qualità delle nostre materie prime. Non c’è solo la stagionalità della frutta e della verdura, c’è anche quella del pesce, ma la gente non lo sa. Se, nella giusta stagione, preparassi un piatto con le cicale di mare e uno con l’aragosta, sono sicuro che ogni cliente preferirebbe il primo, allo stesso tempo anche molto meno costoso”.
“Oggi Milano – prosegue – è piena di sushi bar, di posti dove ti fanno gli spaghetti con il wasabi e le alghe fritte, non trovi più un piatto di vermicelli con la “pummarola” fatto come si deve, con i pomodori del piennolo.
In casa mia la pummarola è sempre esistita, si faceva la passata di pomodoro con quello di stagione; mio fratello, che ha 86 anni, 2 più di me, ancora oggi produce 20 quintali di “Rio grande”.
“Tanti anni fa a San Francisco – racconta ancora Aimo – alla presenza di grandi personalità come Giuliani, Coppola e Bush padre, mi chiesero di preparare lo spaghetto al cipollotto, un piatto diventato importante nonostante la sua apparente semplicità. Fu apprezzato da tutti e il giorno dopo ne parlò pure il New York Times. Eppure solo pochi semplici ingredienti: spaghetti di qualità, cipollotto di Tropea, basilico di Prà (ne ho ancora 80-90 piante sul balcone di casa), peperoncino di Diamante, olio crudo e alloro, ma preparati con un procedimento meticoloso che ne esalta le caratteristiche”.
Fabio e Alessandro, la continuità
Aimo Moroni non è più alla guida della cucina del ristorante, oggi affidata alle talentuose mani del pugliese Fabio Pisani e del valtellinese Alessandro Negrini, chiamati alcuni anni fa ad affiancare i Moroni e ad assimilarne e svilupparne i concetti.
Stessa età (38 anni), simili nel fisico, quasi stessa altezza, tutt’e due magri senza la tipica pancetta da cuoco. Fabio, pettinato preciso, moro, faccia da ragazzo posato, carattere riflessivo e all’apparenza chiuso, almeno finché non lo conosci meglio e viene fuori tutta la sua cordialità da uomo del Sud; Alessandro, occhi chiari un po’ strabuzzati, capelli spettinati ad arte, sguardo furbetto e carattere aperto, sempre sorridente.
I due chef sono assolutamente complementari e intercambiabili, si confrontano su concetti e idee, ma poi i piatti escono con una filosofia unica e uno stile chiaramente riconoscibile, teso alla valorizzazione della materia prima, da sempre leitmotiv della cucina di Aimo e Nadia.
Insomma, decisamente diversi all’apparenza, ma due cavalli di razza che, ai fornelli, sviluppano in perfetta sintonia un percorso gastronomico che è la naturale continuità di quello dei coniugi Moroni, caratterizzato, però, dal loro necessario tocco personale e dalle esperienze maturate nelle cucine di importanti ristoranti in Italia e all’estero.
Infatti, Fabio e Alessandro si sono conosciuti quando erano dai Santini e avevano già fatto varie esperienze in giro per il mondo, lavorando in brigate di cucina numerose e organizzate, con solida disciplina e compiti ben precisi. In questo loro percorso di formazione hanno consolidato tecniche e idee, ma hanno anche maturato la voglia di esprimersi con forti connotazioni territoriali, lasciando emergere la loro creatività senza essere ingabbiati in regole standard come spesso avviene in strutture di quel tipo.
Ecco quindi che, nella loro cucina, trionfano prodotti pugliesi quasi onnipresenti nelle proposte che compongono l’attuale carta: burrata, cime di rapa, marasciuolo di campo, lampascioni, olive nolche, mostaccioli, seppie “arricciate” (all’uso barese) e farina di ceci tostati, reinterpretazione della tipica farinella di Putignano, si trasformano da ingredienti poveri in elementi preziosi, valorizzando e, soprattutto, conferendo un preciso carattere ad ogni piatto.
Stefania Moroni, figlia di Aimo e Nadia, ha fortemente voluto il nuovo progetto che vede alle redini della cucina Pisani e Negrini, ma, comprendendo quanto in un ristorante così importante sia fondamentale avere in sala altrettanta professionalità, ha arricchito la squadra con il maitre Nicola Dell’Agnolo e il sommelier Alberto Piras, due giovani di comprovata esperienza e competenza.
L’attuale successo di questo ristorante è proprio il risultato della perfetta sintonia fra i due reparti, tra i quali lo scambio di notizie, impressioni e idee, avviene continuamente, quasi in una sorta di naturale automatismo.
Parlando della cucina, infatti, Pisani sostiene con estrema convinzione che essere in due è una grande cosa, perché tra lui e Negrini c’è amicizia, stima e rispetto, e, insieme, perseguono il raggiungimento di un unico obiettivo.
“Insieme guardiamo oltre – dice il cuoco pugliese – ma non dimentichiamo il passato glorioso di questo ristorante, da cui ancora attingiamo e traiamo preziosi insegnamenti e nuove ispirazioni”.
“Il nostro modo di lavorare insieme – gli fa eco Alessandro – è basato sullo scambio e sul confronto. A volte abbiamo idee diverse sulla realizzazione di un piatto e così ne prepariamo due, poi li assaggiamo e ci confrontiamo. Quando un piatto va in carta è perché ha ottenuto l’approvazione di tutto lo staff e tutti ci crediamo fortemente. E’ proprio attraverso il confronto costruttivo, che i nostri pensieri si fondono in un unico risultato, quello che deve andare in tavola per l’approvazione finale del cliente”.
“Uno scambio così totale – continua sorridendo – che, a volte, io divento l’uomo del Sud e Fabio il valtellinese”.
I piatti proposti sono un crescendo di sensazioni e di alternanze tra il dolce, il salato, l’acido e l’amaro, con grande attenzione alle varie consistenze e la scelta attenta delle cotture più adatte.
La degustazione
Le cicerchie dei Monti Dauni in crema con marasciuolo, mosto cotto di fichi, lampascioni canditi e olive Nolche con biscotto mostacciolo (qui sopra) sono la perfetta sintesi di questo concetto, in cui il dolce del mosto e del biscotto si alterna con l’amaro dell’erba selvatica e del lampascione, il tutto inglobato ed esaltato dalla cremosità della cicerchia.
Anche “Quasi un raviolo” (foto in alto a destra), piatto capolavoro in cui la sfoglia è un velo di seppia arricciata a mano, con la tipica tecnica utilizzata a Bari per renderne le carni più croccanti, composto con marmellata di limoni, scamorza affumicata e granita di barbabietole, ha per risultato un intrigante rimbalzo di sapori.
Piatti di concezione moderna che si alternano a concetti più rassicuranti ma di grande appeal, come lo stoccafisso ragno mantecato all’olio extravergine d’oliva affiorato Mancianti in raviolo croccante di pane di Matera e rape all’aceto di mele o la meravigliosa zuppa etrusca, piatto simbolo della cucina di Aimo, intramontabile classico in cui le verdure, i legumi, le erbe aromatiche e il farro mantengono le loro precise identità, pur amalgamandosi fra loro in maniera perfetta. Pasta e patate con frutti di mare e crostacei all’erba lippia e i tortelli farciti di ossobuco di Fassone e midollo nel suo ristretto allo zafferano sardo e parmigiano Bonati, sono piatti che conquistano facilmente anche i palati meno allenati, per una più facile armonia fra i vari ingredienti utilizzati, predisponendo al secondo che, nel nostro caso, è stato l’agnello del Gargano alla liquirizia calabrese e pecorino sardo con carciofi di Albenga, piatto fusion tra quattro regioni, in cui la Puglia dello chef Pisani torna protagonista, pur degnamente accompagnata da Calabria, Sardegna e Liguria in un intrigante percorso di sensoriale.
La vera anima della cucina de Il Luogo di Aimo e Nadia è questa: armonia, interazione, equilibrio fra gli ingredienti utilizzati, risultato che scaturisce dalla spiccata sensibilità dei due cuochi, che, anche quando vanno alla ricerca del contrasto netto, trovano sempre il giusto bilanciamento, con intuizioni intriganti, spesso addirittura geniali.
Così è nello strepitoso predessert carciofo, caramello salato, birra, perfetta conclusione di un percorso e preludio al più strutturato dessert Black Lemon, in cui convivono crema di limoni, spuma di lime e polvere di loomi, in una summa di acidità che riescono quasi miracolosamente a non annullarsi, rimanendo perfettamente riconoscibili.
Piccola pasticceria per una chiusura in dolcezza insieme a un ottimo caffè, scelto tra le preziose miscele proposte, completano quella che è stata una giornata densa di emozioni, in cui la più gratificante in assoluto è stata la lunga chiacchiera con il grande Aimo, completata dalla consapevolezza che il Luogo di Aimo e Nadia rimarrà nel futuro un punto di riferimento sicuro della grande cucina italiana, grazie alla scelta azzeccata che la famiglia Moroni ha fatto, scommettendo sulla qualità e la competenza di Fabio Pisani e Alessandro Negrini.
E se oltre vent’anni fa è arrivata la seconda stella, chissà, con queste premesse, con questa chiarezza di idee e la forza dell’attuale progetto, quali nuove soddisfazioni potranno arrivare. La scommessa è lanciata.
Il Luogo di Aimo e Nadia
Via Privata Raimondo Montecuccoli, 6
Milano
Tel. 02 416886
www.aimoenadia.com