Champagne Diebolt-Vallois
Una storia di passione e savoir-faire
di Alberto Lupetti
Se nutrite dubbi sull’eccellenza assoluta dello champagne, dovreste scoprire la gamma di questo produttore, capace di spaziare con nonchalance dall’irresistibile piacevolezza alla grande complessità.
Quando mi è stato chiesto di scrivere un articolo su Diebolt-Vallois ho accettato di buon grado senza tentennamenti. Nel corso degli ultimi dieci anni, infatti, ho conosciuto talmente bene questa famiglia da apprezzare moltissimo quello che fa, tanto che la ritengo tra i migliori nomi della Champagne tutta.
Poi siamo anche diventati amici, ma questo è un aspetto personale che ho sempre cercato di tenere separato dalla mia opera di critico ed è per questo che, quando qualche champagne uscito dalla cantina di Cramant non mi ha convinto, l’ho detto chiaramente, anche agli stessi Diebolt, mentre non ho avuto timore a sottolineare l’eccellenza di altre loro cuvée, cosa che, fortunatamente, capita piuttosto frequentemente.
Diebolt-Vallois è il prototipo del vigneron, con una storia che affonda le radici nella coltivazione della vigna da generazioni, anche conto terzi, e sono diventati produttori in tutto e per tutto, ovvero dal punto di vista commerciale (ogni famiglia ha sempre prodotto per tradizione champagne per il consumo personale), soltanto quando la Champagne, a partire dal 1970, ha iniziato la sua ascesa travolgente sul mercato. Prima, come ricorda lo stesso Jacques Diebolt, “fino agli anni ‘50 i vigneron morivano di fame” e la maggior parte di essi sopravviveva soltanto grazie all’agricoltura promiscua.
[Questo articolo è un estratto dal n° 352 della rivista La Madia Travelfood. Puoi acquistare una copia digitale nello Sfoglia-Online oppure sottoscrivere un abbonamento per ricevere ogni due mesi il volume cartaceo.]