Quante volte ci è capitato di andare al supermercato e di comprare un prodotto biologico? Ma siamo sicuri di sapere effettivamente in cosa consiste tale sistema produttivo?
Bisogna parlare infatti di sistema di produzione, specificatamente di metodo di produzione biologico, e non di prodotto biologico.
Non esiste infatti un marker che consenta di distinguere un pomodoro biologico da uno coltivato in maniera convenzionale ed è per questo che la disciplina di tale settore tratta del metodo di produzione e non del prodotto biologico. È quindi un sistema di processo e non di prodotto.
La produzione biologica è un sistema globale di gestione dell’azienda agricola e di produzione alimentare basato sull’interazione tra le migliori prassi in materia di ambiente ed azione per il clima, un alto livello di biodiversità, la salvaguardia delle risorse naturali e l’applicazione di criteri rigorosi in materia di benessere degli animali, con norme rigorose di produzione confacenti alle preferenze di un numero crescente di consumatori per prodotti ottenuti con sostanze e procedimenti naturali (considerando (1) Reg. (UE) 2018/848).
In effetti il numero di consumatori che fa uso di prodotti biologici è in forte crescita.
Nel 2022 almeno l’89% delle famiglie italiane ha acquistato biologico, sei italiani su dieci consumano prodotti bio anche fuori casa e la crisi non sembra avere influenzato le scelte alimentari degli italiani. L’Italia è leader in Europea per superfici dedicate alla coltivazione biologica e per numero di operatori e la performance di export; rispetto al 2021 è cresciuto del 16%, con 3,4 miliardi di euro (fonte Nomisma).
Numeri quindi importanti che fanno comprendere che il consumatore è attento alle proprie scelte alimentari e che la produzione biologica è, nell’attualità, molto apprezzata.
La produzione biologica rientra tra i regimi di qualità dei prodotti agricoli dell’Unione, insieme alle indicazioni geografiche (DOP-IGP) e alle specialità tradizionali garantite (STG).
È opportuno evidenziare che non esiste una definizione giuridica di qualità, ragione per cui in dottrina ci si è interrogati se la produzione di determinati alimenti a DOP o IGP, per esempio, possa considerarsi effettivamente di qualità se si considera lo sfruttamento intensivo del suolo o l’inquinamento delle falde acquifere o, ancora, la produzione massiccia di deiezioni animali.
Certamente la produzione biologica, rispetto a quelle a DOP e IGP, incontra limiti più stringenti rispetto all’utilizzo di determinate sostanze considerate inquinanti; tuttavia v’è da evidenziare un dato tecnico-giuridico noto e che pare che il legislatore voglia continuare ad ignorare.
Il sistema legislativo italiano, invero non solo in materia di produzione biologica, è caratterizzato dall’opinabile scelta di disciplinare attraverso una nutrita serie di fonti sub-legislative, decreti ministeriali o direttoriali che, di volta in volta, hanno dato attuazione a normative e raccomandazioni provenienti dalle istituzioni europee.
Nello specifico e per il caso che ci interessa, si fa riferimento al D.M. n. 15962/2013 e alla allegata tabella delle non conformità riguardanti la qualificazione biologica dei prodotti e le corrispondenti misure che gli organismi di controllo devono applicare agli operatori.
In sostanza, la tabella prevede ipotesi sanzionatorie da applicarsi agli operatori del settore biologico qualora violino i principi enunciati dal Regolamento (UE) n. 2018/848 relativo alla produzione biologica e all’etichettatura dei prodotti biologici.
Diverse sono le problematiche che riguardano tale apparato sanzionatorio ma, per l’aspetto che qui interessa, è opportuno menzionare la lacunosità delle previsioni sanzionatorie della suddetta tabella.
In altre parole, non tutti i principi relativi alla produzione biologica, che sono espressi nel regolamento comunitario e che tutti gli operatori devono rispettare per potere commercializzare i propri prodotti con il marchio relativo alla certificazione biologica, vengono tutelati dal legislatore italiano. Questo in quanto non sono state previste le sanzioni.
Ciò comporta, per gli operatori assoggettati al sistema di controllo e per gli organismi di controllo, incertezza rispettivamente al precetto da rispettare ed alla relativa sanzione da applicarsi nel caso di violazione della normativa unionale.
Tale lacuna normativa italiana, se portata all’attenzione del consumatore, evidenzia fragilità di non poco conto del sistema di controlli relativi alla produzione biologica e potrebbe minare la fiducia del consumatore con conseguente perdite economiche rilevanti per le imprese nostrane.
Per una più precisa e completa disamina della questione si segnala che è in corso di pubblicazione l’elaborato dell’avvocato Lucio Salzano sul prossimo numero della Rivista di Diritto Agrario edita da Editoriale Scientifica.
[Questo articolo è un estratto del numero di gennaio-febbraio 2023 de La Madia Travelfood. Leggilo online oppure abbonati alla rivista cartacea!]