È lo chef del momento: terzo francese ai 50 BEST (per la precisione, ventinovesimo), doppiamente tristellato a Parigi e a Courchevel, volteggia elegante per le passerelle del suo Pavillon Ledoyen, sancta sanctorum della cucina classica, improvvisamente sbalzato nel terzo millennio. Il vento in poppa al suo grembiule immacolato, gonfio come la vela di una lunga crociera, non meno arioso di una salsa al burro emulsionata a dovere. È lui, il nuovo re della gastronomia, alla testa di un impero di 16 ristoranti che spazia dal Marocco a Dubai, fino a Taipei e Hong Kong.
Non era facile sbloccare la cucina francese da un arresto annoso, dovuto a una sequenza di errori e tentativi di manomissione. Alléno ci è riuscito con un PIN tutto suo, sintetico ed esatto. Le lettere sono quelle di un linguaggio codificato, padroneggiato come può riuscire solo a un madrelingua, figlio putativo e non solo di cuisiniers (i genitori che l’hanno cresciuto nei bistrot di famiglia, i professionisti presso i quali si è formato, in un mix anomalo di background popolare e catechesi presso i sacerdoti più devoti al verbo).
La cifra, una ricerca tecnica instancabile, volta a perfezionare e a rendere contemporaneo il patrimonio tramandato, a conseguire il gusto puro e la quintessenza. Alléno avanza su due gambe: l’adesione ai codici e la loro trasfigurazione; la conoscenza e l’inquietudine creativa, sincronizzate nel loro scarto. Perché ogni unisono è caduta.
Dal 2014 officia al Pavillon Ledoyen, dopo lunghe esperienze allo Scribe e al Meurice, sotto il vessillo della Cucina Moderna. L’ha codificata in un manifesto di 18 punti, che spaziano dalla stagionalità al fresco, dagli ingredienti di raccolta al vegetale e al formaggio. C’ è posto anche per le tecniche, su cui i comandamenti recitano: “Utensili di cottura rivoluzionari, tu utilizzerai”, ”Estrazioni per fare jus, tu metterai a punto”, “Anziché fare evaporare, tu concentrerai”. Ma anche “Fermenterai, frollerai, marinerai quando sarà necessario”.
Sintetizzano un opera di restauro dei pilastri della cucina francese, che li ha resi sempre più solidi e duraturi. A cominciare dalla salsa, che lo chef definisce “il verbo del piatto, senza cui il senso viene a cadere, in quanto elemento che lega le diverse componenti, conferendo loro coerenza e armonia”. A rinvigorirla è la tecnica brevettata dell’Estrazione® (da citare con il simbolo del marchio registrato), creata nel 2013: propizia il tanto atteso riscatto dopo un lungo periodo di disinteresse e di oblio, attraverso un’opera di rinnovamento che oltre al gusto considera le proprietà dietetiche e nutrizionali. Il procedimento è stato messo a punto con Bruno Goussault, direttore scientifico del Centro di Ricerca e Studio Alimentazione (CREA), in modo da concentrare e sublimare il gusto, massimizzando testura, persistenza e mineralità. Non si tratta più come in passato di evaporazione attraverso il calore, ma di elaborazioni svolte lontano dal “fuoco distruttore”, che consentono agli ingredienti di sviluppare il loro gusto puro, senza aggiunta di materia grassa. I liquidi ottenuti dal sottovuoto o da juicer vengono abbattuti, ridotti in granita e centrifugati, fino a separazione dal ghiaccio, all’occorrenza più volte. E se l’Estrazione® è il frutto della giusta cottura, seguita dalla crioconcentrazione, la salsa moderna è il derivato dell’unione di diverse Estrazioni®. Il lavoro del cuoco conquista così, a detta di Alléno, un’altra dimensione, inaugurando infinite possibilità e una nuova libertà creativa, come illustra il libro Sauces, réflexions d’un cuisinier.
Il secondo pilastro oggetto di restauro è quello della fermentazione, che per Alléno è l’unica, vera voce del terroir, non più ridotto a geolocalizzazione, ma ricondotto all’impatto del suolo e alla sua microfauna. Perché se è vero che i prodotti fermentati in cucina sono ubiqui, dal cioccolato al vino, senza essere sempre riconosciuti come tali, la fermentazione viene di solito considerata solo in virtù della conservazione. Mentre il suo spettro consente una rivelazione ulteriore, apporta energia e lunghezza d’onda, specie in sinergia con l’Estrazione®, che rivela la verità del prodotto in modo da ottenere un gusto unico e potente, rappresentativo del terroir come accade nel vino. Previo soggiorno dentro il classico vasetto di acqua e sale, si può così dimostrare che un sedano rapa raccolto nella regione parigina non ha lo stesso gusto di uno proveniente dalla Normandia. È questo il viatico verso la piena “gastronomizzazione del territorio”, secondo un altro libro, intitolato Terroirs, réflexions d’un cuisinier.
I tuoi genitori gestivano bistrot nella banlieu parigina. Quanto conta questo radicamento popolare nella tua cucina?
Sono cresciuto in questi locali. Vi ho contratto la passione per la cucina, e in particolare il gusto per la gastronomia francese, che è al centro del nostro lavoro sulla Cucina Moderna. Il nostro intento è infatti quello di modernizzare questo patrimonio culinario, cominciando dalle salse attraverso il processo di Estrazione®, che permette di concentrare i sapori e conferire loro testura e persistenza in bocca, per meglio sublimarli. Credo soprattutto di aver conservato l’essenza dell’ambiente generoso e conviviale dei bistrot in cui sono cresciuto , ovvero l’idea che la cucina e la ristorazione sono innanzitutto mestieri fatti di generosità e condivisione.
Da dove venivano e che cucina facevano i tuoi genitori?
Mio padre era originario della Bretagna e mia madre di Lozère, ma sono arrivati presto a Parigi. Nella suddivisione dei compiti, papà era al bancone e mamma ai fornelli, per preparare il piatto del giorno. La sua cucina era quella di un bistrot, locale e tradizionale; una cucina di terroir fatta di ricette semplici ma saporite, cui resto molto attaccato. La gastronomia parigina è straordinariamente ricca ed è per questo che sono fiero di aver lanciato nel 2006 l’iniziativa Terroir Parisien, impegnativo lavoro di codificazione delle ricette tradizionali e censimento dei prodotti locali dell’Île-de-France. Penso in particolare ai piccoli produttori con cui abbiamo la fortuna di lavorare al Pavillon Ledoyen, come la famiglia Berrurier che lavora con grani antichi riprodotti in prima persona, al fine di conservare le varietà autentiche, e che ci fornisce verdure straordinarie.
La tua formazione mi sembra atipica: si è svolta al fianco di grandi professionisti della cucina francese, ma al di fuori delle genealogie più conosciute. Più che grandi autori, sembrano custodi di un patrimonio collettivo.
Ho avuto la fortuna di compiere il mio apprendistato al fianco di chef straordinari: Manuel Martinez, Jacky Fréon, Gabriel Biscay, Roland Durand, Martial Enguehard e Louis Grondard. Erano tutti MOF (Meilleurs Ouviers de France), quindi la cucina francese classica, l’eccellenza e il rigore hanno dominato i primi 25 anni della mia carriera.
Ognuno di questi chef aveva il proprio stile, ma erano tutti particolarmente esigenti sul gusto, condividevano un patrimonio di conoscenze incredibili e la volontà reale di trasmettere il proprio sapere. Ho un debito enorme nei loro confronti, e non stupisce che oggi mi interessi così tanto alle salse: erano anche grandi maîtres saucier!
Nella tua azione di rinnovamento della cucina francese, qual è a tuo giudizio il suo posto nella gastronomia mondiale odierna?
La gastronomia francese ha una ricchezza invidiabile: pur vantando tradizioni e un patrimonio straordinari, resta ambiziosa e creativa. Abbiamo la fortuna di avere una storia, terroir e prodotti straordinari, ma anche chef estremamente talentuosi. Ieri La Varenne o Escoffier, che hanno rivoluzionato la gastronomia; domani giovani cuochi brillanti, moderni e consapevoli del mondo in cui operano. D’altronde bisogna ben conoscere il proprio passato, per prevedere il proprio futuro. Il mio stesso lavoro sulla Cucina Moderna si ispira al nostro patrimonio culinario, al fine di proporne una versione adatta alle voglie attuali. Per concludere, sono fermamente convinto che la Francia abbia tutti gli atout per posizionarsi ancora al vertice della gastronomia mondiale.
Dopo l’Estrazione® e la fermentazione, su cosa stai ricercando?
Ci restano ancora molte cose da scoprire nel nostro lavoro sulla salsa e l’Estrazione®. È un terreno di sperimentazione straordinario e praticamente inesauribile, perché si tratta di un lavoro al tempo stesso sul gusto e la testura. E se si aggiunge la fermentazione, vera espressione del terroir, allora le possibilità diventano infinite.
Abbiamo inoltre molti nuovi progetti. In aprile abbiamo rinnovato totalmente la cucina, che è stata disegnata da DS Automobiles; vi abbiamo installato “Inside”, la nostra chef table cofirmata da Moët & Chandon, nel cuore del Pavillon Ledoyen. In giugno abbiamo inaugurato l’Abysse, bancone moderno per il sushi tradizionale: una vera esperienza giapponese nel cuore degli Champs-Elysées.
In settembre inizieremo corsi di cucina con Mauviel1830: un modo per aprire sempre di più la nostra maison ai parigini, che potranno condividere un momento di gastronomia. La nostra energia e la nostra passione sono tutte tese alla creazione e all’avanzamento di nuovi progetti!
Qual è il tuo piatto firma e perché?
Cerco di non avere piatti firma, in modo che la carta possa cambiare con regolarità.
Questo mi permette di essere più libero e poter proporre sempre nuove creazioni ai clienti. Il mio signature sarebbe piuttosto la Cucina Moderna e tutto il lavoro sulla salsa, che consente di preparare nuovi piatti generosi, saporiti e salutari.