Un ristorante, un uomo al comando: Fabio Tammaro. Solitario come il marinante che sfida la burrasca, di burrasca e di bonaccia è il suo patrimonio culturale, il primo nitido ricordo a pesca con papà Tonino tra i flutti della Costiera, dove dentici, pettini e leccie erano il verbo quotidiano, e lui mica avrebbe pensato che da grande quelle affascinanti creature marine sarebbero state il suo pane quotidiano.
In realtà l’ha desiderato intensamente, si è diplomato alla scuola alberghiera di Castellammare, poi è andato in giro per il mondo, in Inghilterra, in Olanda, in Australia, fino a raccontare il mare in una terra che di mare non è, Verona centro, che al più è appena familiare con i pesci lacustri. Cosa che, però, gli ha permesso di narrare storie di tutti i mari, non solo il suo amato tirreno campano, ma anche i frutti delle profondità sarde che si animano di splendide aragoste, i gamberi rossi di Mazara e il pesce dell’”altro mare”, quell’Adriatico che profondo non è ma quanto a dolcezza dei sapori non è secondo a nessuno.
È cresciuto esponenzialmente nel tempo Fabio Tammaro, sguardo vivace da scugnizzo, abitatori vari del mare impressi sulla pelle, una conoscenza enciclopedica della materia ittica che lo rende cuoco moderno che non lascia nulla al caso, perché l’emozione deve essere guidata dalla conoscenza, il caso riserva sempre sgradite sorprese.
Officina dei Sapori è nell’”altra Verona”, quella Oltradige che dal Ponte Pietra del 100 a.C. si inerpica verso il Santuario della Madonna di Lourdes, una Verona diversa che guarda dall’alto il suo fiume, la Casa di Giulietta, l’Arena e tutte quelle cose belle che l’hanno resa famosa nel mondo. Officina dei Sapori è un nome oggi un poco fanè ma rende l’idea, ed è uno dei ristoranti ittici più moderni della regione, in una città al centro della pianura padana, dove il mare non c’è.
Ha snellito gli arredi, diminuito le sedute, eliminato le tovaglie, senza concessioni allo stile minimale che ci ha fatto sentire all’avanguardia ma più poveri di decoro; i tavoli sono lignei con antichi affreschi marinari al centro, piacevoli da toccare, in un ambiente che è oggi snello ma più luminoso rispetto al passato, più amicale e meno barocco.
I quattro menu attuali ispirati ai venti cari ai navigatori raccontano la storia di Fabio, dalla precisione dei crudi che lo hanno accompagnato all’inizio tra queste mura, alla più moderna declinazione del cuoco, nell’elevata qualità della ricerca dei sapori iodati, che si sono fatti più intensi rispetto al passato. Se “Maestrale” (tre corse, 55 euro) è l’entry level adatto a un business-lunch, con capesante gratinate e morbido di patate, spaghetto olio aglio nero e bottarga di Skrei e il “fritto di Sfritto” (Sfritto è il laboratorio di street food di matrice campana aperto durante i giorni della clausura da Covid), con “Libeccio” (anche qui tre corse a 55 euro, perfette con una bottiglia ghiacciata di Franciacorta) entriamo nel regno dei crudi, tartare e sashimi, crostacei e ostriche, la versione moderna del plateau royale. Tuttavia, è con i più ampi “Scirocco” e “Grecale”, rispettivamente cinque e sette corse a 75 euro e 95 euro che Tammaro rivela la crescita creativa, con alcuni acuti da incroci nord-sud (le ormai onnipresenti fermentazioni) che donano tinte differenti ai sapori più neutri perseguiti in precedenza, con l’intento di esplorare i sapori del Mediterraneo. Se qualche reminiscenza asiatica “diretta” del recente passato si trova nel sashimi e scichimi togarashi (miscela giapponese di sette spezie), nello sgombro con aglio nero tabasco e vodka si affaccia una piacevolezza nordica. Non mancano gli omaggi alla terra ospitante, sebbene di riuscita “alla francese” per la prevalenza della salsa sul pesce: rana pescatrice con salsa pearà e cren e la sua guancetta all’Amarone.
In questo delicato momento storico, Fabio Tammaro sta proponendo menu per il pranzo e per l’asporto più snelli e centrati sulla materia prima. Sta utilizzando questo tempo a disposizione per ripensare il servizio, dice che sarebbe teoricamente meglio procedere a una chiusura perché l’essenza del suo locale è stata “azzoppata” dagli eventi; la materia prima che tratta è molto delicata, soggetta a smercio quotidiano e di alta deperibilità, però l’imperativo del periodo è “resistere”. Non è ottimista sul futuro, nel senso che le perdite subite difficilmente saranno recuperate, per tutto il comparto. Tuttavia, a lui e ai suoi colleghi, non resta molta altra scelta se non cercare di adattarsi e sperare che la pandemia sia sconfitta il prima possibile.
Officina dei Sapori
Ristorante di pesce del Mediterraneo
Via Giambattista Moschini, 26 – Verona
Telefono / Whatsapp: +39 045913877
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Officina Del Crudo
Delivery e Take Away di pesci,
crostacei e conchiglie del Mediterraneo
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Sfritto • Terron Street Food
Delivery e Take Away di fritto di pesce
street food napoletano