Qual è il posto che per antonomasia è maggiormente vocato alla degustazione di un piatto? La cucina, no? Lì si percepiscono gli odori, si sentono i suoni, si vedono le scintille elevarsi dai fuochi.
Al ristorante “Terracotta” succede un po’ questo. In realtà non ci si trova esattamente nella cucina da dove escono i piatti, ma ci si siede in quelle che furono le cucine del Palazzo Stella, un edificio del Settecento appartenuto alla famiglia Stella e che nel tempo è stato convento, ospedale, nonché sede municipale. Del palazzo si sono salvate dai bombardamenti del secondo conflitto mondiale solamente le cucine: i tavoli sono disposti in queste sale, tra il camino e i fornelli (quelli in muratura che funzionavano con il fuoco vivo sotto) che deliziarono probabilmente i palati dei signori della zona.
Entrando negli spazi del ristorante si percepisce fin da subito una certa energia data dalla vocazione del posto: la cucina ha resistito nel tempo e ora il custode dei saperi e dei sapori di questo luogo è Alessandro Atzori, il giovane chef alla guida di “Terracotta”.
Le sue origini sono ben radicate in Sardegna, l’accento non tradisce, così come alcuni sentori e odori che ritornano nei suoi piatti. Da queste radici si sono sviluppati rami che hanno sorvolato il mare per attecchire prima in Lussemburgo e infine, dopo alcune peregrinazioni, a Zola Predosa, nel territorio bolognese. Da ogni luogo ha trattenuto qualcosa: le tecniche della cucina francese dall’esperienza lussemburghese, l’amore per la terra da quelle bolognesi.
Alessandro ha seguito la sua vocazione ad esprimersi con il cibo, appoggiato e spronato da Annalisa (foto in alto a destra), moglie e maître di sala. Autodidatta, ha fatto sue le esperienze culinarie che ha appreso nelle cucine in cui è transitato, per poi decidere di raccontarle e metterle nel piatto in base alla sua propria idea e ispirazione.
Come si fa per la terracotta, così Alessandro fa con il cibo, impastando l’argilla della territorialità con l’acqua della creatività, per poi cuocerla nel forno della tradizione con tecniche al passo coi tempi. Grandissima importanza è data alla scelta dei prodotti: la stagionalità prima di tutto, la qualità e la tracciabilità seguono a ruota, così come l’appartenenza a un territorio ben definito. Alessandro va di persona dai fornitori, ci chiacchiera, si confronta con loro, per poi tornare al ristorante con ingredienti freschi ed eccellenti. Numerosi i presidi Slow Food in carta, tra cui il Salmerino del Corno alle Scale. Le carni, invece, provengono da allevamenti non intensivi (ma, anzi, dove gli animali vivono allo stato brado), mentre per la frutta e la verdura lo chef si rivolge alla fattoria sociale “Il Biricoccolo” di Crespellano o alla “Copaps” di Sasso Marconi.
E come il contenuto è accuratamente selezionato, così anche il contenitore: le creazioni culinarie di Alessandro sono servite in ceramiche dalle forme e toni minimali, che offrono un neutro scenario ai colori, odori e forme del piatto (“Ceramiche Bucci” da Pesaro).
I tavoli, apparecchiati con semplicità ed eleganza essenziale (per fortuna non mancano le tovaglie e i tovaglioli di stoffa, questi grandi desaparecidos nei ristoranti fashion e di avanguardia) sono il frutto del lavoro artigiano di Nicola Bonettini, di Zola Predosa.Un vivace ma educato swing jazz fa da sottofondo musicale e pare quasi provenire dal bellissimo giradischi anni ’70 situato all’ingresso del locale, su cui è piazzato un ottimo 45 giri di Fred Buscaglione. Il tutto va a comporre un’atmosfera intima e calda, ideale per una serata a due, ma che si presta perfettamente anche a un incontro di lavoro o una cena tra amici.
Cosa si mangia esattamente in questa cornice così ben curata? Tra gli antipasti da segnalare la cheesecake salata allo stracchino su crumble alle erbe con verdure di inizio autunno e l’elegante battuta al coltello di cervo con tuorlo d’uovo al vapore, gambi di rapa rossa sottolio e rucola (chi ha origini contadine noterà le foglie bucherellate segno del suo essere “vera rucola e spontanea”).
A seguire ci si può immergere, insieme ai passatelli, in un brodo di trombette dei morti che portano direttamente a contatto con la terra, oppure si può scegliere di crogiolarsi tra i succulenti gnocchetti di patate con porcini e sentore di aglio (per fortuna Alessandro toglie l’aglio dall’olio o dal burro prima che le alte temperature ne alterino il sapore).
Nel petto d’anatra con pere grigliate e terra di cacao si vede il riflesso di Alessandro che plasma la tradizione come fosse argilla, mentre nella scioglievolezza della pancetta di maiale cotta 12 ore a bassa temperatura e servita con zucca e sale al mirto si trova la maestria di una eccellente esecuzione. Per chi si astenesse dal mangiare carne, consigliatissima quella che definirei “la cipolla essenziale”: 3 ingredienti (cipolla, parmigiano, sale) rielaborati e serviti nella stessa cipolla. Pura metonimia.
Si chiude in dolcezza con il conforto di un piatto che ha tutti gli odori, consistenze e sapori di una torta di mele, ma non lo è: mele confit, caramello e streusel.
In realtà non è del tutto finita; non ci si alza infatti, dal tavolo senza aver assaporato uno dei caffè in carta: dal “Samac”, con aromi di cioccolato, frutta secca e agrumi, al “Decaffeinato Honduras”, ideale per la sera e ottimo da accompagnare con un buon distillato. Tutte le miscele provengono dalla torrefazione artigianale “L’Albero del caffè” di Anzola dell’Emilia.
L’interessante sfida di questo giovane cuoco è quella di voler dare una veste diversa alla tradizione e al territorio, in base alla sua ispirazione, senza eccessi.
L’essere in periferia, fuori dal centro, aggiunge pepe alla sfida: Alessandro ambisce ad avvicinare il pubblico locale, quello che probabilmente guarda Masterchef ma non sa di avere sotto casa una persona che ogni giorno sperimenta alchimie e combinazioni di sapori.
E questo pubblico emergente sta cogliendo la sfida e apprezzando il nuovo di una tradizione che non deve restare natura morta, ma che ha la missione di crescere e mutare, come mutano i tempi.
Ristorante Terracotta
Via Roma, 2 – Zola Predosa (BO)
Menù degustazione: 5 portate 45€