La vetrina del ristorante affaccia su via Passeri, una viuzza del centro storico pesarese, a pochi passi dal teatro e dal Museo Nazionale dedicati al suo più illustre concittadino, quel Gioacchino Rossini che, immenso compositore, fu un appassionato gourmet, come palesemente evidenzia l’insegna a lui dedicata.
E di Pesaro è anche lo chef Cesare Gasparri, classe 1989, girovago come il musicista, ma come lui visceralmente legato al suo luogo di origine a cui ora sembra tornato in pianta stabile.
Esemplare il suo percorso formativo che inizia con l’esperienza fondamentale con Gualtiero Marchesi ai tempi dell’Albereta, poi al Bulgari Hotel di Londra quando era consulente Alain Ducasse, per approdare ad Alma, fatalmente ancora con Marchesi, come assistente chef.
“In Alma ho avuto l’occasione di affiancare i più grandi chef italiani che arrivavano per fare lezione agli studenti del Corso Superiore di Cucina – spiega lo chef – : ho avuto modo di conoscere e vedere stili e modi diversi di fare cucina con il vantaggio di non essere uno studente, ma un assistente di aula e di essere al fianco dei vari docenti operativamente.
In Alma ho conosciuto tantissimi di quelli che considero Maestri, in primis lo chef Luciano Tona, all’epoca direttore di Alma, un grande docente, capace di trasmettere tecnica, cultura e passione nel mestiere della cucina.
Ma in Alma ho conosciuto soprattutto mia moglie Eliana, a quel tempo responsabile comunicazione della Scuola, oggi titolare insieme a me del Rossini Bistrot”.
Segue un periodo di affiancamenti e consulenze che consolidano la sua tempra di chef fortemente strutturato: con lo stellato Silvio Salmoiraghi, già al ristorante Acquerello, nel Varesotto, è adrenalina pura e apprende la sua tecnica straordinaria di trattare la materia prima per realizzare piatti espressi partendo da zero; con Andrea Ribaldone è affascinato nel conoscere l’enorme ricchezza della cucina piemontese, tuttora presente nei menù del Rossini Bistrot.
Ma sono i tre anni vissuti come coordinatore didattico presso la Scuola de La Cucina Italiana (la storica rivista di cucina) a Milano a fornirgli quell’ecclettismo così utile all’organizzazione del lavoro in cucina: dalla didattica ai catering per eventi speciali e conferenze stampa, dagli shooting fotografici e video per il magazine ai team building, una girandola di attività sempre nuove e stimolanti per la sua mente e per la professione.
“Ma il mio sogno restava quello di tornare ai fornelli e aprire il mio bistrot – confida lo chef – e quando abbiamo trovato la location giusta, a casa mia, a Pesaro, ci siamo trasferiti da Milano e siamo approdati a questa nuova avventura”.
ROSSINI BISTROT, UNEXPECTED ITALIAN CLASSIC
Il Rossini Bistrot, nato nel 2019, si è ispirato al Cigno di Pesaro, icona dell’eccellenza italiana all’estero perché rappresenta nel mondo tutto il bello e il buono del “classico italiano” che ricerca, crea, viaggia e che ama la convivialità e la buona tavola.
“Ispirati da Rossini andiamo appunto a ricercare e a proporre l’eccellenza della tradizione gastronomica italiana da Nord a Sud, a partire dalle ricette regionali classiche e dai tanti prodotti che il mondo ci invidia, senza rinunciare al contatto e alle incursioni delle altre grandi cucine internazionali. – spiega lo chef – Proponiamo la Cucina Italiana, semplice, buona, sana, ma geniale.
La sua genialità sta proprio nel suo essere classica, eterna, elegante. Il cuoco che possiede la conoscenza della tecnica può celebrare la tradizione in maniera inedita, speciale, rieditando in modo contemporaneo le cose del passato: ecco perché il nostro pay off è “unexpected italian classic”.
La cucina del Rossini Bistrot cerca di riportare alla luce l’infinita varietà della cultura gastronomica italiana, utilizzando il meglio dei prodotti locali ma anche specialità da tutto lo Stivale, con un menù che cambia ogni giorno: le paste e il pane sono fatti in casa e il menù asseconda l’alternarsi delle stagioni, l’offerta e la freschezza del mercato, nella formula bistrot.
“Cucina vuol dire trasmettere, qualsiasi piatto che arriva al cliente deve essere carico di un messaggio, deve raccontare da dove viene, la sua tradizione, la sua storia. – chiosa Gasparri – È quindi importante usare per quanto possibile materie prime di piccoli artigiani, reperire le verdure nelle aziende agricole limitrofe, far arrivare il Parmigiano Reggiano dai caseifici di Parma e Reggio Emilia e il vero limoncello da un artigiano di Tramonti, in cima alla Costiera Amalfitana, insomma bisogna creare collaborazioni con altri professionisti del settore, far parlare e raccontare i propri piatti. Così il cibo diventa cultura. Nella nostra cucina non mancano mai i libri: si studiano e si sfogliano i testi sacri della regionalità italiana, l’Artusi, il Gosetti, La Cucina Regionale Italiana di Marchesi. Ogni giorno scopriamo ricette e tecniche nuove, le condividiamo con i ragazzi di cucina e di sala e creiamo il menù, ogni settimana diverso, ogni volta ispirato alla grande tradizione regionale italiana: un patrimonio infinito che non finiremo mai di conoscere e che amiamo far conoscere e apprezzare ogni giorno ai nostri clienti italiani e internazionali”.