In occasione dei suoi 40 anni “La Madia” viene raccontata da uno dei più autorevoli e raffinati scrittori della cultura enogastronomica italiana: Giuseppe Lorusso.
Moderna senza invecchiare
di Giuseppe Lorusso
“Andò così. Nel racconto della sua direttrice, i quarant’anni de “La Madia” presero l’avvio, si mossero, sulle sue giovanissime gambe, quando lei si rese conto che mancava, nell’esiguo panorama editoriale del tempo, uno strumento che desse voce a un settore fino ad allora non rappresentato a livello comunicativo.
Oggi come allora, a guidarla nelle sue peregrinazioni in Italia e all’estero è sempre un’attenzione laica, rivolta cioè alla cultura secolare, popolare, in educato confronto con quella casta sacerdotale di intellettuali del cibo e della cucina che in quegli anni, e ancora dopo, hanno continuato a filosofare sul tema. Una scelta, e qui devo dirlo, che non m’impedì di tenere per lungo tempo su queste pagine una rubrica dal controverso titolo L’Antigastronomo.
Non si può non ricordare che gli anni ottanta del secolo scorso videro in seguito la nascita di movimenti e riviste rivolte a “consumatori curiosi e golosi” come “Il Gambero rosso”, “l’Arcigoloso”, o di approfondimento colto come “La Gola”. Queste, con il concorso anche di associazioni di categoria come l’O.R.P. I, l’Ordine dei Ristoratori Professionisti Italiani, diedero comunque un primo contributo alla gestazione di un rinnovamento della cucina nazionale.
L’Italia della ristorazione d’allora con i suoi protagonisti, a iniziare da Gualtiero Marchesi, Angelo Paracucchi, Igles Corelli con la banda del Trigabolo, Fulvio Pierangelini, Alfonso Iaccarino, e subito dopo Vissani, per citare i più noti, cominciava a misurarsi con la Nouvelle Cuisine. Una rivoluzione che vide però anche decisi contestatori come il compianto Franco Colombani del Ristorante Albergo “Del Sole” di Maleo, animatore nel 1980 insieme ad altri pochi di un’associazione chiamata polemicamente “Linea Italia in cucina”.
In questo rivolgimento, o risorgimento della cucina nazionale, “La Madia” non ha mai perso la bussola, continuando a prendersi cura dei prodotti, delle preparazioni e dei suoi interpreti, mantenendo vivo nella categoria l’interesse a un costante e colloquiale confronto, antesignana di una politica di comunicazione che non trova uguali nel panorama delle riviste del settore.
Con gli anni le sue pagine hanno poi accolto e approfondito tutte le moderne riflessioni sui prodotti del territorio, sulla dieta, sulla gestione manageriale d’impresa e uso dei media, conservando una giudiziosa distanza da quella caratterizzazione spettacolare d’immagine che accomuna ormai tutto il mondo della comunicazione, dalla politica alla gastronomia, alla cucina: la cucina di design, lo showfood e la redditizia figura di influencer che molti chef hanno assunto.
Chiudo la celebrazione di questo anniversario, ricordando una considerazione che mi venne di fare sul nome “madia” al mio primo incontro con la rivista, ormai venticinque anni orsono.
Ecco, chi scrisse, e non senza ragione, che niente invecchia di più del moderno, non aveva pensato alla madia, alla sua funzione di contenitore, custode, grembo, incubatrice di sempre nuova vita.
Per questo “La Madia” resta moderna e viva e gli anni che passano non possono invecchiarla!”