
Quando si parla di Galateo e di Bon Ton pochi sanno a cosa ci si riferisce. Spesso, sono parole che vengono legate a concetti ormai arcaici e lontani da noi e dal nostro lavoro. Per un certo verso effettivamente è così, d’altronde il vademecum “Galateo overo de’ costumi” sul comportarsi in modo adeguato nei diversi contesti sociali scritto da Giovanni Della Casa e pubblicato nel 1558 è evidentemente datato, ma non per questo è distante dalla nostra quotidianità, anzi è sorprendente quanto questo strumento, rivisitato e adeguato, ci possa aiutare nel renderci più sicuri, non solo sul nostro lavoro, ma nella vita di tutti i giorni.
Mentre il Galateo definisce le buone maniere, il Bon Ton si rifà ad un termine francese settecentesco per definire quei comportamenti che rendono una persona da educata a persona raffinata.
È Galateo saper scegliere correttamente il temine di saluto quando un ospite varca la soglia del nostro ristorante. “Buongiorno” o “Buonasera” in base ai momenti della giornata seguiti dal nome o, se vi è meno confidenza, dal cognome con l’appropriato titolo. Possiamo aggiungere inoltre: “Benvenuto nel nostro ristorante”; meglio non scegliere il “Salve” come forma di saluto, oppure, quando ci si stringe la mano per la prima volta, è adeguato dire solo il proprio nome e non “Piacere” perché, se non si conosce l’altra persona, non si può presumere a priori che sarà un piacere.
Tutto ciò fa parte delle regole del Galateo.
Il Bon Ton pone invece la sua nota aulica nell’accoglienza, nel riservare un particolare tavolo, nel ricordarsi le preferenze di un cliente abituale, nel saper risolvere situazioni imbarazzanti senza creare dei dissapori.
Il mondo della ristorazione odierna è alla costante ricerca di bravi maître e bravi camerieri che abbiano voglia di imparare e a cui trasmettere tutte le tecniche fondamentali del mestiere. Oggi, però, eseguire una corretta mise en place o sapere accogliere il cliente non basta.
Questo vale per tutte le forme di ristorazione classica. Come per la cucina, anche per la sala ci deve essere un costante aggiornamento e conoscere l’arte del galateo, non solo circoscritto alle nostre abitudini occidentali, ma in grado di permetterci di destreggiarci con eccellenza anche dinnanzi ad un cliente arabo o asiatico, a volte molto distante dalla nostra mentalità e dalle nostre usanze. La tavola è sempre occasione d’incontro, confronto e scambio. Spessissimo i grandi affari si concludono in queste circostanze, dove il buon cibo e l’ottimo ambiente divengono il fulcro ideale per iniziare o portare a termine piccole e grandi imprese.
Compito del bravo ristoratore è far sentire gli altri a proprio agio, non solo i clienti, ma anche la propria squadra di lavoro. Allo stesso tempo è innegabile che la priorità rimane la vendita. Senza introiti sarebbe impensabile portare avanti la propria passione fatta di costante aggiornamento e sperimentazione. Soprattutto per questo aspetto è fondamentale saper comunicare e capire le esigenze del nostro cliente comprendendo, fin dall’accoglienza, quali tipologie di ospiti abbiamo dinnanzi.
Vivere gli aspetti della cucina e della tavola con naturalezza e porsi in equilibrio con le più diverse situazioni sono impegni non facili, che a volte richiedono grandi sacrifici. Quando si pone cura nel proprio lavoro, però, la propria dedizione viene ripagata dal riconoscimento della professionalità, e l’osservanza del Galateo diviene un dettaglio fondamentale di eccellenza ed esclusività.
C’è da sottolineare che il Galateo ed il Bon Ton vanno adattati al tipo di ristorante che intendiamo aprire o che abbiamo già avviato. Per esempio: un ristorante gourmet di un albergo a 4 o 5 stelle situato in un palazzo storico richiede un certo rigore ed una certa classicità sia nell’arredamento sia nell’abbigliamento del personale. Questo perché si deve ricercare sempre un’armonia di contesto, che sia un piatto, una tavola o un intero ristorante. È pur vero che piccoli elementi di contrasto possono aiutare nel creare un equilibrio originale e personalizzato.
L’apparecchiatura della tavola è un altro ambito dove intenditori giovani e meno giovani spesso entrano in conflitto. Per la tovaglia, ad esempio, puntiamo sempre sul bianco o toni chiari, sinonimo di eleganza e che infonde, come la psicologia del colore ci insegna, lucentezza, pulizia, sicurezza e tranquillità.
Non si può neanche più pensare come regola ferrea ad una tovaglia che copra per forza tutto il tavolo arrivando a pochi centimetri da terra, con un mollettone ed un coprimacchia. Se abbiamo dei tavoli importanti fatti di materiali che, se lasciati in parte scoperti, possono impreziosire ulteriormente la sala, possiamo optare per dei runner, in caso di tavoli quadrati o rettangolari e con un numero di commensali di numero pari, oppure delle tovagliette americane, sempre con dei colori chiari.
A volte ci si dimentica che il nostro ristorante non vende solo semplici piatti, ma esperienze uniche che portano la nostra firma, la firma di chiunque collabori a realizzare questo piccolo e allo stesso tempo grande viaggio nella gastronomia, tradizionale o innovativa che essa sia. Quindi lo stile che si percepisce dal nostro contesto dovrà essere applicato anche alla nostra proposta ristorativa.
Quante volte capita di andare al ristorante ed essere serviti frettolosamente senza che il piatto ci venga raccontato?
Tutto ciò spegne il calore e l’accoglienza che l’adeguato ambiente ci aveva inizialmente trasmesso.
Il cliente non va considerato come una mera fonte di guadagno, ma come qualcuno che investe il suo prezioso tempo nella volontà di conoscere la nostra cucina ed il nostro ambiente.
Così come il ruolo del cameriere non è solo quello di servire i piatti ma diviene anche quello di “cantastorie” della gastronomia, capace dunque di vendere e trasmettere qualcosa che non è più materiale, ma che è comunque ricco di valore.