Stiamo vedendo tutti i limiti e danni della DaD, la didattica a distanza, per i nostri figli.
La DaD, così come (non) strutturata digitalmente oggi, sta creando solo distanze: dall’insegnamento, dai compagni, dai benefici del confronto con gli altri, dalle dinamiche “normali” della vita familiare e collettiva.
Ma anche dall’accessibilità, visto che non tutti gli studenti ne possono usufruire con facilità e, soprattutto, con risultati apprezzabili in termini di istruzione.
La DaD è un palliativo e ci auguriamo che se ne decreti presto la fine e si riesca a offrire ai ragazzi un “ristoro” in termini di recupero culturale.
Ben consapevoli dei suo limiti e comunque decisi a non scomparire, molti ristoratori hanno messo in piedi una sorta di “RaD”, ristorazione a distanza, costituita da dark o ghost kitchen, asporto, delivery, meal kit.
Anche qui le distanze rimangono: quella dei clienti dai luoghi fisici di ristoro, dalla piacevolezza dei momenti condivisi, dal contatto interpersonale con chi è preposto al servizio, da una cucina più accurata e “in presenza”. E quella di chi non vorrà comunque mai spendere come se mangiasse al ristorante.
Pur apprezzandola come formula alternativa pro tempore, forse integrativa al classico servizio offerto dal ristorante, ribadisco di non ritenerla sostitutiva, né penso che, onestamente, la considerino tale i tanti ristoratori che le si sono sacrificati.
Senza dover spiegare le molte ragioni facilmente intuibili, continuo a sostenere che la “RaD” non sia conveniente né dal punto di vista economico, né ambientale, né imprenditoriale, né enogastronomico, né gratificante, né rivoluzionaria, né strategica, né di comfort per chi a casa poi deve spignattare più o meno come al solito.
Le rosticcerie, anche di qualità, ci sono da sempre e non mi sembra il caso di affollare anche la già cospicua offerta di fast e streetfood con proposte tarate professionalmente al ribasso.
Checchè se ne dica, la RaD è un rischio soprattutto a livello di immagine.
Penso dunque sia opportuno concentrare piuttosto tutte le risorse fisiche, mentali ed economiche sul momento attuale in cui la gente sta tornando ad uscire: occorre essere accoglienti, sorridenti, ottimisti, evitare vittimismi, polemiche, attribuzioni di colpa, bandiere politiche, o le solite e stolide contumelie.
Occorre fare la propria parte con rinnovato vigore, cercando di infondere una “positività” finalmente lontana da quella pandemica.