Il colore della carne è rosso vivo, candidi gli occhi di grasso, l’odore sprigiona un caratteristico sentore di fumo, il sapore è dolce, maturo, armonico. E’ il salame che si produce a Sant’Olcese, piccolo comune in provincia di Genova. Un prodotto così confidenziale sulle tavole dei genovesi, specialmente in primavera, quando incontra le fave locali e il pecorino fresco o stagionato, che nemmeno si ha il bisogno di specificare. Se dici Sant’Olcese dici salame.
Anche per questo ha ottenuto, primo prodotto in Liguria, la qualificazione De.Co, la denominazione comunale che certifica e tutela la specificità territoriale di un prodotto agroalimentare.Siamo in Valpolcevera, verde polmone alle spalle di Genova, vallata dalle importanti testimonianze storiche (la piú antica, la Tavola Bronzea, risalente al 117 a.C., riporta una sentenza pronunciata da giudici romani su una disputa territoriale tra i Langates e i Genuates, due popoli della valle). Fatale crocevia tra il mare e la bassa padana, grazie alla Via del Sale, fatta costruire dal console romano Aulo Postumio nel secondo secolo avanti Cristo. Una valle che porta nel nome la filigrana del suo destino. Perché già Plinio la citava come Pulcifera o Porcifera. Termini che secondo alcuni storici si rifarebbero proprio a maiali e cinghiali allevati o presenti in maniera selvatica in queste terre.
Sull’importanza del salame per Sant’Olcese non c’è da discutere. Basta andare a spulciare negli archivi del comune per trovare delibere risalenti ai primi anni del XX secolo che hanno come argomento proprio il salame e la sua produzione. A quei tempi erano attive una cinquantina di macellerie, gestite a livello famigliare. Oggi sono rimasti tre produttori di salame tradizionale: il Salumificio Orero, situato nell’omonima frazione del comune confinante di Serra Riccò (ma un tempo la frazione era sotto Sant’Olcese), il Salumificio Cabella e il Salumificio Parodi.La peculiarità che lo rende unico nel panorama dei salumi nazionali è la composizione: il Sant’Olcese, infatti, è composto per metà da carne suina e metà da carne bovina. Una caratteristica che un tempo era sinonimo di salame povero e che invece ora viene apprezzata per la sua particolarità e la maggiore magrezza del prodotto finale. Il disciplinare De.Co., approvato con delibera comunale nel 2006 (e qui si ripete la storia…), prevede suini di età non inferiore ai 9 mesi, provenienti da Piemonte, Lombardia, Emilia Romagna o Liguria e bovini di età non inferiore ai 36 mesi, di razza piemontese, bruna alpina, valdostana o cabannina. La quantità di magro di carne bovina può variare tra il 45 e il 55 per cento e deve essere amalgamata, nella restante parte, al magro e al grasso suino. Oltre la carne, le uniche materie prime concesse sono l’aglio fresco locale, il pepe macinato, il sale marino integrale e il salnitro. Ma non è solo una questione di materie prime. Il disciplinare è rigoroso anche nel processo produttivo, che deve essere manuale sia nella lavorazione della carne, sia nell’insaccatura e legatura dei budelli, rigorosamente naturali. Infine la deumidificazione deve avvenire, per almeno tre giorni, in un essicatoio scaldato a legna. Nel rispetto della tradizione e della qualità.
“Già mio padre insisteva sulla nostra mentalità artigiana, utilizzava la parola nicchia quando tutti puntavano sulla quantità- spiega Federico Parodi, titolare dell’omonimo salumificio-. Da giovane ho faticato a capire che quella era la strada giusta, ma se non avessi seguito le sue indicazioni forse ora non esisteremmo piú”.I Parodi a Sant’Olcese sono storia antica. A dare avvio all’attività fu Luigi Parodi, bisnonno dell’attuale titolare, che nel 1880 produceva già salame. Per venderlo, Luigi scendeva a Genova con un carro trainato da un mulo e impiegava due giorni per completare il giro dei clienti. Oggi siamo alla quinta generazione, rappresentata da Emanuela, che assieme al padre Federico porta avanti la tradizione.
“Con il disciplinare De.Co. ci siamo messi a fare il salame proprio come una volta- continua Federico Parodi- eliminando i derivati del latte e gli zuccheri, che velocizzano la fermentazione e migliorano l’immagine, e l’acido ascorbico, che ha potere antiossidante. Per il nostro salame usiamo solo la carne bovina e suina, il sale, che è il primo conservante e il salnitro (20 grammi in ogni quintale) che ha il potere di abbattere i germi”.
Come si faDopo un breve riposo in frigorifero, la carne macellata, il magro del bovino e i “lardelli” provenienti dal dorso del suino, arriva alla prima fase della lavorazione, la mondatura. Un’operazione compiuta, sempre in un ambiente a bassa temperatura, manualmente, “perché il coltello si adatta meglio alle mille forme della carne”.
La carne bovina, spinta in una tramoggia, passa alla trafila, mentre il grasso suino è fatto passare alla cubettatrice. Le due carni si impastano assieme, si aggiunge il sale e con l’ausilio dell’insaccatrice si riempiono i budelli naturali. “Per la minore resistenza, l’operazione di insaccatura in budello naturale è molto piú lenta e richiede maggiore competenza. Anche la legatura va fatta rigorosamente a mano”.Il salame, confezionato, può ora passare al’asciugatura nell’essicatoio.
“Il salame non asciuga solo col caldo, ma anche con l’aria. E’ lo sbalzo termico a togliere l’umidità. Durante il giorno facciamo calore con una grossa stufa alimentata da legno di rovere, alla sera la spegniamo, per dare tempo al salame di riposare, ovvero far sì che che l’umidità interna fuoriesca verso l’esterno. Bisogna rispettare i giusti tempi, è un processo che dura, a seconda del diametro del salame, tra i tre e i cinque giorni. Questo procedimento, che è una nostra peculiarità, lascia al salame un aroma particolare. Non è un gusto affumicato, ma è un sentore inconfondibile che rimane poi nella maturazione, quando si confonde con gli altri sapori”.Dopo l’asciugatura, occorrono ancora una decina di giorni affinchè i sapori siano armonici e il prodotto perda il gusto di carne e acquisti il sapore di salame. Così, dopo una ventina di giorni dalla macellazione delle carni, il salame è pronto per arrivare in tavola, dove sarà tagliato a spesse fette oblique.
I segreti di un buon salame“Chi si intende di salame dice che il salame è buono quando mangiandone si sente il bisogno di continuare a mangiarne, mentre il salame carico di additivi ti stufa dopo poche fette”.
L’importante è partire da una buona carne. Conoscere l’allevatore e selezionare i capi piú adatti comporta un risultato finale certamente migliore. “Anche se il mondo dell’allevamento è cambiato e il mangime non sono piú le castagne e le ghiande di ottanta anni fa. Bisogna però avere l’astuzia e la volontà di comprare non il maiale che costa poco, ma il maiale asciutto e sostanzioso, il bovino non sfruttato e dalla carne magra”. Il resto lo fa l’accuratezza e l’esperienza nella lavorazione.“Non bisogna avere paura che il salame perda peso, perchè perdendo peso diminuisce l’umidità e aumentano i sapori fortunati. E non bisogna illudersi che i salami e i salumi si possano fare buoni aggiungendo vari sapori. La fiducia che il salame di Sant’Olcese si è guadagnato rappresenta la logica conseguenza di una lavorazione tramandata e studiata con passione e costanza, dalla selezione delle carni alla scelta del tempo per l’insaccatura, dalla qualità della legna per ardere alla cura durante la stagionatura”.
Col passare degli anni i sistemi di lavorazione si sono evoluti, ma si è mantenuta inalterata la filosofia produttiva.“Le macchine hanno sicuramente accelerato i tempi di produzione di un salame. Ma la grande innovazione è stata l’uso delle celle frigorifere: a temperatura controllata la carne non subisce nessuno sbalzo termico e si evitano pericolosi processi di fermentazione. Un tempo d’estate non potevamo fare salame”.
Il futuro del salameNegli ultimi anni la distribuzione del prodotto è decisamente mutata. Attualmente i consumi premiano la grande distribuzione, mentre i piccoli negozi sono in affanno. In questo scenario la produzione di qualità rischia di non reggere il confronto con le grosse quantità.
“Mantenere un prodotto tradizionale con i costi attuali è dura. La dispersione del patrimonio rappresentato dai piccoli negozi è per noi un aspetto negativo, perchè si perde un tessuto di rapporti basati sulla conoscenza e sulla fiducia. La grande distribuzione non ci avvantaggia: il rapporto col supermercato è impersonale e spesso non viene apprezzata la differenza tra un prodotto artigianale e uno industriale. Fortunatamente è nato un nuovo cliente, ovvero il ristoratore e i bar che propongono piatti freddi o aperitivi accompagnati da piccoli assaggi di prodotti gustosi”.Il futuro non è facile, ma quel che è certo è che non si può abbandonare la via della qualità.
“Se non si riconosce il giusto valore ai prodotti di qualità l’immagine del made in Italy sotto il profilo gastronomico non può reggere. Quando ho iniziato a lavorare con mio padre, nel settembre del 1952, un chilo di fave costava 25 lire e un chilo di salame quasi mille lire. Ora le fave costano quasi quanto il salame, sono saltati gli equilibri. Io credo che sia una fortuna dell’Italia avere mille qualità di pane, di salame, di vino e spero che queste diversità possano resistere anche nel futuro”.Un auspicio condivisibile.
Salumificio Parodi
Via Sant’Olcese, 63
16010 Sant’Olcese
Tel. 010-709827
www.parodisantolcese.com
Salumificio Cabella
Via Sant’Olcese, 38
16010 Sant’Olcese
Tel. 010-709809
www.cabellasalumi.com