Di Alessandra Meldolesi
Nuova stagione alla Scala
Hanno fatto la spola fra il magistero di Marchesi e quello di Ducasse: giovani, determinati, talentuosi. E hanno finito per riunirsi di nuovo sotto la benedizione della Madonnina: si chiamano Carlo Cracco, Davide Oldani, Andrea Berton. Una “scuola milanese” all'insegna della tecnica intransigente e della spiccata personalità, curva asintotica fra classicismo ed avanguardia.
L'ultimo arrivato in ordine di tempo è proprio il friulano, planato in direttissima in Piazza della Scala al secondo piano della boutique di Trussardi. L'interesse della moda per il bel mangiare non è certo una novità: basti pensare allo sfarzo bizantino del Gold di Dolce e Gabbana, al Nobu di Armani, al ristorante di Bulgari e alla giungla chic di Cavalli… Un abbraccio forse un po' pericoloso per trend che lasciano il tempo trovato, in cucina piú dannosi che altrove. L'understatement della maison del levriero ha optato per uno stile piú sobrio e appena stravagante, che si va precisando di mese in mese con l'esattezza di una ecografia. Dagli esercizi di stile degli esordi il timone vira oggi verso la pennellata decisa e il nitore contrastato della contemporaneità: specchio fedele di una città che brulica sotto le ampie finestre di Piazza della Scala. Un buon osservatorio sui cuochi trentenni, che cominciano ad avanzare alle spalle dei rompighiaccio d'avanguardia con un approccio forse piú sfuggente, meno concettuale e piú propenso alla “cucina pura”.
Andrea è appena tornato da Salisburgo, il cui aeroporto proporrà i suoi piatti accanto a quelli del leggendario Eckart Witzigmann: un importante riconoscimento internazionale all'inizio di una traiettoria personale. Al primo piano la versione prêt-à-porter del Trussardi alla Scala Café, sempre a cura dello chef, propone sandwich particolari e insalate sfiziose, con presupposti di qualità invariati. Ma anche il ristorante ha un'offerta originale per i pranzi di lavoro e gli uomini d'affari: vassoi di 4 piatti del giorno, 2 caldi e 2 freddi, da consumare senza interruzioni per soli 55 euro.
Quando e come è partito il Trussardi alla Scala?
Il ristorante c'era già, quindi per un certo periodo siamo rimasti nel locale precedente, poi abbiamo chiuso e ristrutturato per 6 mesi, per riaprire a fine giugno del 2006. I lavori sono stati impostati dall'architetto della casa in base allo stile Trussardi, quindi essenzialità e ambienti lineari in funzione della centralità dei piatti. In cucina però non ha messo il naso: ho avuto la fortuna di poterla studiare personalmente, in modo da plasmarla sulle mie abitudini ed esigenze. Per esempio ho optato per l'induzione rispetto alla fiamma. L'opportunità che mi è stata data fa già capire la serietà delle intenzioni della proprietà, perché è stato sempre ben chiaro il concetto da portare avanti insieme: l'idea di valorizzare il prodotto, la qualità del servizio e soprattutto la cucina, che è il fulcro di tutto l'insieme. Sto cercando di far conoscere al pubblico il mio stile, che è imperniato sulle materie prime e sul gusto. Un ingrediente può essere manipolato, ma deve sempre conservare la sua radice, cosa spesso non facile quando si cerca di assemblare troppi elementi.
Il punto fermo sul sapore naturale, in un contesto di anarchia creativa, è uno dei principi della cucina del Bulli.
Ferran Adrià ha insegnato molto su questo aspetto, perché è riuscito a mantenere inalterato il sapore, stravolgendo completamente le altre variabili. Il sifone, soprattutto in pasticceria, ormai è un'attrezzatura indispensabile, pratica anche sui grossi numeri e sempre affidabile; lo vedo tuttora come il suo contributo principale, utile per esplorare nuovi campi. Anche se non utilizzo spesso le sue tecniche, appena un po' di lecitina se le schiume non tengono da sole. Mangiare al Bulli 3 anni fa mi ha entusiasmato, ma purtroppo non ho avuto la fortuna di lavorarci e personalmente non ho mai voluto fare stage, neppure da Marchesi o da Ducasse.
Come sei arrivato da loro?
Ho incontrato Marchesi a 19 anni, in via Bonvesin de la Riva. Avevo sentito parlare di lui e mi volevo mettere in gioco, per misurare le mie potenzialità reali. Mi dissero: “Vieni qua in stage e vediamo”. E io: “Se vengo voglio lavorare, non mi interessa fare stage; poi se non vado bene mi mandate via”. Fin dall'inizio è stato un coinvolgimento esaltante, con tutte le difficoltà del caso, fra cui un certo spaesamento. C'era una brigata che non avevo mai visto, con un sistema di lavoro cronometrico. Ma mi sono trovato subito a mio agio con i colleghi, Cracco, Oldani, Crippa, la Budel, Ernst Knam… Davvero una bella covata in un periodo importante del maestro. Poi sono stato brevemente a Londra e all'Enoteca Pinchiorri, nell'attesa di essere chiamato al Louis XV, dove sono rimasto 3 anni. Un'esperienza molto utile sotto il profilo organizzativo, della concentrazione e del rigore: la scuola francese è ancora importantissima per la disciplina, la conoscenza e l'equilibrio.
Se invece dovessi compendiare l'insegnamento di Marchesi?
Indicherei la pulizia e l'essenzialità del piatto, la trasparenza della sua composizione, leggibile a partire dall'aspetto. Una filosofia cui mi sono sempre attenuto da quando ho capito cosa vuol dire alta cucina.
Bisogna sempre dare un segnale nitido del contenuto, trasmettere quasi un senso di disciplina: aspetti che il signor Marchesi ha in parte tratto dal Giappone, un orizzonte ineludibile anche con riferimento alla costruzione del menu. Io stesso cerco di alternare i gusti e le cotture secondo gli insegnamenti del kaiseki.
Ma ci sono tanti altri luoghi da scoprire, paesi come l'India possono fornire nuovi spunti e ingredienti da provare.
Marchesi, Ducasse: il tuo cursus honorum è molto simile a quello di Cracco e Oldani.
Le nostre esperienze hanno seguito piú o meno le stesse traiettorie; mi sento sicuramente vicino alla loro filosofia, all'impostazione e al credo riguardo a questo lavoro. Poi ognuno ha la propria identità, credo che sia giusto così.
Qui fai la tua cucina: è la prima volta?
No, è già successo alla Taverna Coloredo di Montalbano, dove sono rimasto 4 anni e sono riuscito anche a prendere la stella Michelin. Per quanto riguarda il Trussardi alla Scala, credo che occorrano un paio d'anni per inquadrare la situazione, quindi sento che sussistono ancora larghi margini di messa a punto per quello che sto facendo attualmente. Lavoro su diversi aspetti, in primis la soddisfazione dei clienti e la ricerca di nuovi stimoli. Stare a Milano significa confrontarsi con un pubblico competente ed esigente e avere un riscontro immediato sui piatti.
Una ricetta recente che consideri un punto di arrivo?
Il riso mantecato con erbe fresche, polvere di cappero e noci di capasanta, oppure il rombo gratinato con fave di cacao, cedro candito e lardo, che esalta un pesce semigrasso con un contrasto fresco e stimolante. La sferzata acida o amara non manca mai nei miei piatti.
Preferenze particolari?
Personalmente do molta importanza al pane, dalla scelta delle farine alla lievitazione. Ne preparo 3 tipi, integrale, bianco e ai cereali, piú una sfoglia col sale. Il panino giusto, arrivando all'inizio, è un biglietto da visita; ti fa già capire cosa succede in cucina e che tipo di prodotto puoi aspettarti. Invece non amo molto le paste secche, preferisco quelle fresche, ad esempio i maccheroni, che prepariamo in casa ed essicchiamo nel disidratatore, in modo che conservino la loro forma originaria, o gli spaghetti alla chitarra senza uova, che proponiamo in una carbonara al tartufo da assemblare al tavolo. Infine adoro il riso, che si presta a piú cotture ed è molto versatile nelle consistenze e nelle presentazioni, dalle chips alle creme.
La tua brigata è giovanissima: come vedi i cuochi del futuro?
Forse un po' piú passivi di noi, probabilmente per certi stimoli mediatici, che non sono quelli giusti. Le donne vanno forte perché sono poche, quindi sono motivate e pronte ai sacrifici, se si possono chiamare così.
Oggi un cuoco deve possedere tecnica, palato e conoscenza del prodotto, una competenza che si perde sempre piú e che mi è stata trasmessa da Marchesi e da Ducasse. Ma molti ragazzi oggi non sanno piú distinguere una patata da un'altra, quindi partono già svantaggiati perché non possono prevedere le diverse evoluzioni.
Ristorante Trussardi Alla Scala
Piazza della Scala, 5 • 20121 Milano
Tel. 02.80.68.82.01 • Fax 02.80.68.82.87
ristorante@trussardiallascala.com
Giorno di chiusura: sabato a mezzogiorno e domenica