E’ facile restare folgorati da Marrakesh: saranno i colori dei souk, i profumi delle spezie, le ineguagliabili hammam, la grande piazza Djemaa el-Fna (patrimonio mondiale dell’Unesco) che pulsa di vitalità dall’alba al tramonto. D’altronde anche lo stilista Yves Saint Laurent aveva scelto Marrakesh come sua dimora; morto nel 2008, è ora ricordato nel piccolo mausoleo ai giardini Majorelle che lo stesso Saint Laurent ha contribuito a salvaguardare. Per immergersi nella città in maniera completa è opportuno alloggiare in uno dei tanti riad all’interno della città vecchia (la medina), antiche residenze padronali ora convertite in piccoli hotel che, grazie al giardino interno (riad in arabo significa giardino), risultano essere spesso dimore di grande charme. Da qui partirà un’esperienza unica al mondo: quella di perdersi fra oltre tre chilometri di viottoli, stradine e passaggi segreti, fra caffè e laboratori artigianali. Basterà però alzare lo sguardo e ritrovare subito il minareto di oltre settanta metri della grande moschea Koutoubia da cui, cinque volte al giorno, si propaga il richiamo alla preghiera. Fra le mete imperdibili della città ricordiamo soltanto il palazzo Bahia, uno splendido edificio dall’architettura ricca di decorazioni e ampi cortili, costruito nel XIX secolo come residenza del sultano (per ospitare le sue quattro mogli e le ventiquattro concubine) e la Medersa Ben Youssef del XII secolo, scuola coranica fino al 1962.
Potrete poi ristorarvi in uno degli innumerevoli locali sparsi un po’ ovunque, fra i quali segnaliamo i panoramici Cafè Des Epices e il Cafè Glacier, oppure l’esclusivo Cafè Arabe (gestito da italiani, ma con servizio marocchino autentico). Il denominatore comune della cucina marocchina è il tajine, ovvero la caratteristica pentola di coccio dal coperchio a forma di cono utilizzata per la cottura a fuoco lento della carne, prevalentemente pollame, agnello e pecora. La cucina marocchina è apparentemente povera: ad un primo impatto le preparazioni sembrano ripetersi, ma la ricchezza di materie prime, come le verdure e soprattutto le spezie, ne fanno una cucina effervescente; lo stesso piatto può assumere sfaccettature di sapori e colori inaspettati. Così un semplice cous cous di pollo può essere ingentilito dall’uvetta o una tajine di carne macinata (kefta) può essere resa più intrigante mediante l’uso di abbondanti spezie e uova o, ancora, le carni di piccione dalla mandorle. Il percorso gastronomico che proponiamo parte dal ristorante Al Fassia nel cuore del quartiere Gueliz. Un locale completamente al femminile che sa coniugare la cucina tradizionale ad un contesto raffinato ed elegante. Il tajine di pollo con cipolle e limoni confit è davvero notevole, così come quello con le mandorle; meno riusciti i bocconcini di pasta ripiena di riso con carni macinate, pesce e verdure. Il dolce, di rara semplicità, è un tuffo nel passato: pasta sfoglia di mandorle da ricoprire con latte direttamente dal bricco. Per una scelta di classe, il più interessante ristorante di Marrakesh è senz’altro il Dar Moha, all’interno della medina. Come per altri riad, appena ci si lascia la porta d’ingresso alle spalle, si viene proiettati in un’atmosfera speciale e silenziosa, soprattutto nei tavoli a bordo dell’immancabile piscina. Lo chef Mohammed Fedal ha maturato un’esperienza internazionale adattata con successo agli ingredienti marocchini. Il ricco menù degustazione comincia con allegria: le invitanti salade marocaine servite in tanti piattini diversi che per tre volte vanno a coprire l’intero tavolo: un tripudio di melanzane, zucca, fritti di pollo, crema di pomodoro dolce, olive, cavolfiore alle spezie piccanti e un succo di carote con gli immancabili fiori d’arancio e mandorle. A seguire, un’altra prelibatezza marocchina come il tortino di pasta sfoglia (pastilla) ripieno di piccione con la cannella. Ma la portata che più ci ha colpito è stata un cous cous moderno con foie gras, olio di argan (tipica pianta marocchina conosciuta dai berberi fin dal medioevo) e sale di Guèrande: accostamenti vibranti e d’impatto. Interessante la quaglia con cipolle caramellate e lo stinco di manzo con accostamento di frutta e verdure dolci. Ordinari i dessert: tortino con mele caramellate, mandorle e zafferano e il cous cous con melone e miele di timo. Carta dei vini con qualche interessante bottiglia francese; discreta la presenza di vini marocchini per i quali il mercato di sbocco non è il Marocco ma la Francia (che in Marocco ha esportato le competenze). E dopo la tradizione, rivisitata e non, una tappa da non perdere è una cena al Grand Café de la Poste nel cuore della movida di Marrakesh, dove la civiltà africana si fonde con quella occidentale. Le nostre scelte si sono orientate prevalentemente sul pesce e le preparazioni sono risultate ben realizzate, con un occhio attento alle presentazioni. Intriganti, come primo piatto, i calamari fritti con pere caramellate all’olio di argan, gradevolissima la tartara di salmone e la salade del Grand Café de la Poste a base di pollo, avocado, pomodoro e parmigiano. Come portata principale siamo stati folgorati da un piatto che ci ha colpito per la perfetta fusione di sapori e il gioco di consistenze: le cappesante con la fonduta di porri. Degne di nota anche le proposte di carne, fra le quali svettano lo spezzatino di pollo e gli spiedini di manzo con patate gratinate. Dolci infine all’insegna di creme e frutta, ma il consiglio è per la favolosa (anche solo da vedere) crostata di mele! In sostanza un’esperienza di qualità, con un servizio non impeccabile ma giovane e a tratti scanzonato, ideale per un contesto che mescola con maestria tradizioni e sapori. Infine ricordiamo che a Marrakesh si trova uno dei resort più blasonati al mondo: il Mamounia, riaperto da poco dopo alcuni anni di un accurato restauro che lo ha riportato agli antichi splendori. Un luogo da sogno (non proprio per tutte le tasche), che varrebbe la pena tuttavia visitare in alcune ore della giornata, per un aperitivo ed essere coccolati come un re. E magari farsi tentare dal ristorante di Alfonso Iaccarino che qui al Mamounia dà lustro alla ristorazione italiana. D’altronde la grande cucina di Iaccarino, caratterizzata dai profumi della terra non poteva, qui in Marocco, non trovare il suo habitat naturale grazie alla sterminata disponibilità di spezie, oli e legumi. Profumi che si ritrovano nei tanti mercatini all’interno della medina ricchi di timo, dragoncello, zenzero, lavanda, cumino, datteri, zafferano, olive. E come non ricordare la menta? Quella prodotta in Marocco è dolcissima e non a caso qui si può gustare il tè alla menta più buono al mondo, un rito che scandisce tutte le ore della giornata e ideale per accompagnare i tipici biscotti marocchini alla cannella, al sesamo o al cocco che si trovano in ogni angolo della città. Non sappiamo se Marrakech sia, come disse Winston Churchill (che era un abituale ospite del Mamounia), “il luogo più incantevole nel mondo intero”. Certamente però è una città che lascia un segno.
Di Simone Rosti