Stavolta siamo noi a giudicare i clienti: la lettera alla redazione di Antonio Di Vita del Ristorante Parma Rotta a Parma.
La ristorazione da anni è, giustamente, giudicata dalle guide per attestarne meriti ed eventuali demeriti. Tuttavia, con l’avvento dei social, a chiunque oggi è data la possibilità di giudicare, purtroppo senza avere alcuna competenza per farlo, salvo, forse, sulla base di un proprio gusto personale o, più spesso, per il solo gusto di mettersi in mostra o, peggio, di recare danno e insultare.
Siamo stanchi, stanchi di sopportare chi oggi crede che gli sia concesso tutto solo perchè il web offre la libertà di farlo, o perché paga il conto al ristorante, pensando con questo di comprarsi persino il diritto di non rispettare gli altri.
Come me ci sono tanti colleghi che, dopo anni di continuo aggiornamento per migliorare, documentarsi, sacrificare con piacere la propria vita e quella dei propri famigliari, devono subire il malcostume di hater e leoni da tastiera, oppure di clienti insoddisfatti e aggressivi spesso per motivi personali.
Dietro la nostra professione esistono famigliari sottoposti alle conseguenze di un tipo di lavoro che coinvolge tutti, perché noi lavoriamo quando gli altri si rilassano, e lavoriamo togliendo quindi tempo soprattutto alla nostra famiglia.
Senza avere la minima intenzione di creare polemiche, dato che ce ne sono anche troppe e inutili, voglio affermare che di critiche ne abbiamo subite abbastanza, accettate dapprima con la consapevolezza che potessero aiutarci a migliorare, ma ora sentite come eccessive e ingiuste: essere esposti a un ingiustificato tiro al bersaglio è solo offensivo.
Questo è un momento storico in cui tutti si credono critici gastronomici e proprio una parte di pseudo gastronomi annoverabili tra le fila di pseudo giornalisti e influencer dell’ultima ora, ha creato un popolo di seguaci scarsamente preparati che non hanno mai messo piede in una cucina o fatto un adeguato percorso culturale o professionale per conoscere dall’interno il nostro settore.
Consigliamo a costoro di prendere atto in modo più globale della complessità del servizio da ciascuno di noi offerto, prima di esporsi ed esporci con giudizi che a mio parere somigliano solo a pettegolezzi da piazza, ma che comunque fanno male all’immagine dell’intera categoria.
Ritornando alla stanchezza, varrà dunque la pena di cominciare noi a giudicare i clienti, con il rischio di perderne alcuni strada facendo, ma di guadagnarne di migliori!
Iniziamo con lo stilare una lista, magari da condividere con i colleghi, di chi pratica il no show, ovvero la cattiva abitudine di prenotare per poi non presentarsi senza alcun preavviso. Inutile avere il loro numero di telefono visto che, quando qualche volta rispondono, si nascondono dietro all’amico che si è dimenticato di disdire, alla moglie con le doglie e a ogni più fantasiosa scusa.
Continuiamo a compilare la nostra lista nera segnandovi chi prenota per 6 per poi arrivare regolarmente in 4 o meno, adducendo il pretesto degli amici che hanno dato buca (grande bugia), forse con il solo scopo di essere più comodi al tavolo e senza pensare che per noi ristoratori un tavolo che da 6 diventa 4 fa molta differenza a fine giornata!
Pollice verso anche per i seguenti clienti:
- quelli che non leggono il menu né sul web, né in bacheca, né sul menu fornito e poi contestano il conto su Tripadvisor;
- quelli che infilano in borsa il menù dato in visione con la scusa che li collezionano;
- quelli che mettono in imbarazzo sia gli altri clienti che il personale con esternazioni amorose talmente esplicite da superare il limite del consentito;
- quelli che appiccicano chewingum sotto tavoli e sedie, o lasciano sulla tovaglia lo stuzzicadenti usato;
- quelli che lasciano la toilette inutilizzabile per altri;
- le tante mamme e papà che non riescono a intrattenere i loro figli e che pensano che “tanto sono bambini” e che quindi sia loro concesso disturbare;
- quelli che si alzano per andare a fumare senza avvisare il cameriere quando, nel frattempo, gli sta per essere servita la sua portata che, ovviamente, dovrà essere riportata in cucina e tenuta in caldo, col rischio di perderne la fragranza o costringendo addirittura a rifare il piatto;
- quelli che si presentano al ristorante con una torta e la richiesta che sia servita a fine pasto senza aver prima telefonato al ristorante per chiedere sia l’autorizzazione a portarla, sia, magari, per verificare se il ristorante non sia strutturato per farne una al suo interno (molti ristoranti sono all’altezza di preparare un buon repertorio di torte o, quantomeno, sono in grado di appoggiarsi a pasticcerie di fiducia che rilasceranno le dovute certificazioni di tracciabilità degli ingredienti: nei locali, per legge, non può entrare nessun alimento senza la dovuta tracciabilità);
- quelli che giudicano un piatto basandosi sul fatto che la nonna lo faceva in un’altra maniera. Mi viene in mente un aneddoto: un cliente, costruttore di porte, mi fece notare che nel piatto c’era un ingrediente che non doveva esserci (!). Il piatto in questione erano i tortelli d’erbetta (siamo a Parma); l’ingrediente che non doveva esserci era la noce moscata che, se a qualcuno non garba, è libero di non mettere: forse si potrebbe evitare di fare affermazioni perentorie da esperto senza esserlo;
- quelli che richiedono un liquore solo dopo aver saldato il conto, senza neanche pensare di pagare questo a fine pasto, come se fosse logico ritenere che “tanto, con quel che ho pagato e il guadagno che portiamo ai ristoratori, il liquore è gratis!”.
Potremmo continuare…
Purtroppo è anche vero che negli ultimi anni si è data l’illusione che chiunque possa aprire un’attività, con conseguenze a volte disastrose, e questo indubbiamente ha fatto danni alla categoria; ciò detto, niente giustifica quanto sopra.
Spero di non aver offeso nessuno con considerazioni che ho fatto per il bene comune: se si vuole migliorare veramente, bisogna farlo tutti insieme, ristoratori e clienti, anche per un condivisibile senso civico, in quanto convivere significa dare valore a regole e comportamenti che ci permettono di stare insieme in armonia, nel reciproco rispetto.
Ho voluto tuttavia rappresentare il mio disappunto non sui social, dove naviga chi innesca polemiche solo perchè ama la rissa on line, ma chiedendo ospitalità a una rivista di settore che stimo da sempre, per parlare soprattutto ai miei colleghi.
Ricordo a tutti che noi lavoriamo in diretta, di conseguenza non siamo immuni da errori, pertanto sarebbe lecito chiedere ai nostri clienti la cortesia di informarci nel momento in cui possa verificarsi qualsiasi tipo di inconveniente, dal piatto al servizio, perché ci sta veramente a cuore offrire una buona ospitalità a tutti: se informati sul momento, possiamo subito rimediare.
Lamentarsi o addirittura offendere sui social non ha senso: se si verifica un problema, gradirei risolverlo immediatamente di persona, e questo magari con soddisfazione reciproca!
Preciso infine che continuerò a lavorare con passione, così come fanno tanti colleghi, ringraziando anche tutti i nostri clienti grazie ai quali siamo stimolati a fare analisi e ricerca continua, per il loro e il nostro piacere.