
Tra le domande che mi vengono poste più spesso durante le mie consulenze, questa è sicuramente tra le più frequenti: “Perché utilizzare il Menu Engineering e non le tante altre teorie che si sono susseguite nel corso degli anni?”
La domanda è certamente lecita, e la risposta è da ricercare nella storia del Menu Engineering, cioè nel perché si sia deciso di utilizzare proprio questo approccio, invece che tutti gli altri, per decidere come realizzare un menù utilizzando un approccio scientifico. Facciamo quindi un passo indietro. Siamo negli anni ’80, negli Stati Uniti. Due esperti di ospitalità, Michael L. Kasavana e Donald J. Smith, avanzarono l’ipotesi che la scelta di una persona al ristorante sarebbe potuta essere influenzata dal menù del ristorante stesso.
Avevano ragione. Ma verso quali piati indirizzare la scelta del cliente? Quali erano le voci presenti sul menù che sarebbe stato conveniente incentivare? Siccome non conoscevano la risposta, andarono per tentativi. In particolare, testarono tre teorie differenti.
Food cost: dove sta l’errore
La prima teoria sulla cosiddetta “Teoria del Food Cost minimo”. Si pensava che incentivare i piatti dal Food Cost più basso — cioè l’incidenza percentuale del costo delle materie prime sul piatto finale — sarebbe bastato per aumentare i guadagni del ristorante.
Purtroppo questa teoria si rivelò inesatta. Vediamo il perché con un esempio pratico.
Supponiamo di avere due piatti, uno spaghetto al pomodoro e una bistecca, con le seguenti caratteristiche:
Spaghetto al pomodoro. Costo delle materie prime = 2,00€. Prezzo di Vendita = 10,00€. Food Cost percentuale = 20%
Bistecca. Costo delle materie prime = 8,00€. Prezzo di vendita = 20,00€. Food Cost percentuale = 40%
Secondo la “Teoria del Food Cost minimo” sarebbe conveniente incentivare la vendita dello spaghetto al pomodoro a scapito della bistecca, in quanto lo spaghetto ha un Food Cost della metà rispetto a quello della bistecca.
Questo però è incorretto. Infatti, il dato realmente interessante non è il Food Cost, ma la marginalità dei due piatti, cioè la differenza tra il prezzo di vendita e il costo delle materie prime.
In questo caso lo spaghetto al pomodoro ha una marginalità di 8,00€, mentre la bistecca ha una marginalità di 12,00€. Questo significa che, ogni volta che si incentiva la vendita di uno spaghetto al pomodoro invece di una bistecca, si perdono la bellezza di 4,00€!
Si abbandonò quindi la teoria del Food Cost minimo, e si passò alla seconda teoria, quella denominata “Teoria della marginalità massima”.
Questa teoria parte da un assunto molto semplice: per guadagnare di più, occorre incentivare la vendita dei piatti aventi la marginalità maggiore.
Nell’esempio precedente, quindi, si sarebbe dovuto incentivare la vendita del piatto avente la marginalità maggiore, cioè la bistecca.
Purtroppo anche questa teoria si rivelò inesatta. Infatti, un dato di cui non si tiene conto valutando solamente la marginalità, è la popolarità del piatto stesso.
La popolarità di un piatto è un parametro che descrive quanto sia apprezzato dalla clientela del ristorante. Un piatto dall’alta popolarità sarà un piatto molto apprezzato dalla clientela, mentre un piatto dalla bassa popolarità sarà un piatto non apprezzato dalla clientela.
Se nell’esempio precedente la bistecca avesse avuto una bassa popolarità, non sarebbe stato conveniente incentivarne la vendita. Dopotutto, perché incentivare la vendita di un piatto dalla bassa popolarità, cioè che non incontra i gusti del pubblico?
Sulla base di questi ragionamenti, e di centinaia di test effettuati, si decise di abbandonare anche la “Teoria della marginalità massima”.
Si passò quindi alla terza teoria, quella più in voga ancora oggi, cioè la “Teoria del Menu Engineering”.
Come si guadagna di più
La teoria del Menu Engineering stabilisce quanto segue: per guadagnare di più, occorre incentivare la vendita dei piatti che — rispetto agli altri — hanno una marginalità ed una popolarità maggiore.
Praticamente, incrociando tra di loro diversi dati (food cost, prezzo di vendita, popolarità e altri), si riesce a stabilire quali siano i piatti più convenienti da incentivare, cioè quei piatti che non solo incontrano i gusti del pubblico – cioè piacciono! – ma anche quelli del ristoratore, cioè hanno una marginalità adeguata a garantire un guadagno congruo.
Noi, alla RistoratoreTop, abbiamo innovato ulteriormente questa teoria.
Infatti aggiungiamo anche un’altra variabile alle due precedenti: la facilità di preparazione e servizio. In questo modo non solo si incentiverà la vendita del piatto che fa guadagnare di più e che piace maggiormente alla propria clientela, ma anche il piatto più semplice da preparare e servire!
Una volta compreso questo meccanismo, è semplice da replicare all’interno del proprio ristorante.
E la conclusione è che è conveniente incentivare la vendita dei piatti con una buona marginalità e una buona popolarità, attraverso tutti i mezzi che si hanno a disposizione: menù, personale di sala, materiale pubblicitario, sito web ecc. L’alternativa è farsi sviluppare un menù ingegnerizzato ad hoc da chi lo fa di professione. Il risultato sarà garantito.
E la clientela, e il registratore di cassa, gioveranno di ciò. Buon Menu Engineering!