Il breve tratto di costa pugliese che va dalla località di Savelletri a quella di Torre Canne, alcuni anni fa non offriva nulla a livello di servizi, ma “solo” un mare bello e incontaminato.
Lì – consuetudine in atto sin dagli anni 60/70 – in alcune case di pescatori si vendono ancora ricci di mare aperti su improvvisati vassoi ricavati dai sottovasi delle piante e serviti ai pugliesi in occasione delle loro prime uscite primaverili fuori porta.
Quei due borghi del litorale brindisino erano, in un tempo neanche tanto remoto, espressione di un turismo popolare fatto di case e villette in affitto, qualche ristorantino di pesce, alcuni bar e pizzerie: gustare ricci – come si usa dire nel dialetto locale – ‘ngànne a màre (vicino al mare), è dunque da sempre un piacere irrinunciabile. Poi, la svolta. Alla fine degli anni ‘90 si cominciano a comprendere le potenzialità di quel territorio e si investe sulla ristrutturazione di antiche masserie e casali, oltre che sulla realizzazione di lidi attrezzati con ogni tipo di servizio.
In questo contesto di crescita si inserisce anche Borgo Egnazia, resort di lusso costruito sullo stile delle antiche masserie pugliesi, inaugurato nel 2010 dalla famiglia Melpignano che ne è proprietaria. Numerosi, sin dall’apertura, i premi ricevuti da questa splendida struttura, ma importantissimo è stato, nel 2016, il riconoscimento di “Best hotel of the year” del network internazionale Luxury Travel, a cui ha fatto seguito, nel 2019, la stella Michelin al ristorante “Due Camini”.
Borgo Egnazia è, in realtà, un vero e proprio borgo, non nato da una ristrutturazione, ma costruito su un’area a breve distanza dal mare grazie al progetto dell’architetto, scenografo e designer fasanese Pino Brescia che ha puntato sul tufo, elemento naturale utilizzato in di ogni masseria di Puglia, per ricreare, appunto, una sorta di villaggio nel quale è presente ogni cosa si possa desiderare per una vacanza all’insegna del benessere e del relax. Tre i bar e sette i ristoranti, questi ultimi curati, dal 2016, dall’executive chef Domenico Schingaro, detto Domingo, che coordina le varie brigate formate complessivamente da 87 elementi, quasi tutti pugliesi.
Il ristorante principale è il “Due Camini”, dotato di una cucina di oltre 350 mq., una raffinata sala con bianchissime volte a crociera, pavimento in pietra e colonne in tufo a cui si appoggiano antiche scale per la raccolta delle olive, oggetti antichi e di design, lampadari con lampadine a luce calda ben visibili tra le trame del legno grezzo utilizzato e, elemento centrale, due camini in pietra a creare un’atmosfera di grande suggestione.
Schingaro nasce nel 1980 nel quartiere più povero di Bari, il San Paolo o C.E.P. (Centro Edilizia Popolare). Suo padre Onofrio era pescatore e vendeva il pesce ‘Ndèrre a la lanze, una sorta di mercato dove i baresi si recano a fare colazione a base di frutti di mare, allievi e polpi, tutto rigorosamente crudo come da antica tradizione, e consumato direttamente sul posto.
Domenico sin da piccolo impara a conoscere il mare e i suoi prodotti fino a voler ripercorrere le orme paterne: farebbe volentieri il pescatore di professione ma è proprio suo padre, non volendo per lui una vita così dura fatta di sacrifici, a convincerlo a desistere.
Si iscrive così all’istituto alberghiero “Perotti” di Bari e lì ha la fortuna di avere tra i suoi docenti di cucina una vera istituzione della cucina pugliese, lo chef Mino Maggi, che è stato per Domingo un ispiratore, un vero maestro che lo ha aiutato a formarsi. In quel periodo collabora con altri professionisti di alto livello, in particolare con Antonio De Rosa e Corrado De Virgilio, facendosi le ossa prima di cominciare a fare esperienze in giro per il mondo, in particolare a Londra e a Bangkok. Torna a Bari nel 2003 e lavora allo Sheraton Nikolaus Hotel con Raffaele De Giuseppe, poi importantissimi sono i dieci anni ad Alessandria, dove, nel 2014, incrocia lo chef Andrea Ribaldone. Quest’ultimo, dopo una breve stagione a Borgo Egnazia, propone Schingaro – che nel frattempo era stato per sei mesi chef resident a Identità Expo – ad Aldo Melpignano, ritenendolo figura ideale per dirigere la complessa struttura ristorativa del prestigioso resort pugliese.
Nasce così quella che lo stesso “Domingo” definisce una sfida, in quanto effettivamente Melpignano si affida ad un cuoco di buona esperienza, ma che non aveva mai guidato un’organizzazione tanto complessa. Schingaro, non senza timore per il difficile compito che gli viene affidato, si mette in gioco. Dal 2016, quindi, si rimbocca le maniche e trasforma in un’organizzazione pressoché perfetta il meccanismo operativo delle cucine dei vari ristoranti di Borgo Egnazia. Il resto è storia recente: nel 2019 arriva la meritata stella per il ristorante “Due Camini” che entra, così, nel gotha dei migliori ristoranti italiani, senza tuttavia adagiarsi sugli allori ma iniziando un percorso di crescita continuo.
Oltre all’elegante cucina di territorio, al ristorante Due Camini va rimarcata l’organizzazione della sala che riserva grande attenzione al cliente, ma con misurata discrezione.
Chi coordina tutte le attività di sala dei vari ristoranti è Giuseppe Cupertino, wine experience manager in Borgo Egnazia sin dall’apertura, e altra sfida vinta di Aldo Melpignano. Cupertino, all’epoca giovane maître di belle speranze, è ormai una delle punte di diamante nel panorama nazionale del servizio di sala.
L’attuale offerta del Ristorante Due Camini è composta da tre menù degustazione, denominati Foglie, Selva e Apulia, ispirati a tre diversi fili conduttori.
Foglie è composto da piatti esclusivamente vegetariani, un percorso tra i sapori e la biodiversità della terra pugliese, mentre Selva si sposta nei boschi, e si compone di piatti a base di cacciagione, bacche, radici ed erbe. Apulia è, invece, legato alla memoria dello chef e ai suoi ricordi d’infanzia, rivisitando la tradizione in chiave contemporanea. Solo a pranzo è possibile gustare i piatti del menù A Mano Libera, 5 portate che Schingaro realizza in base alla stagionalità e alla disponibilità delle materie prime.
Ovviamente la cantina del “Due Camini” è di assoluta eccellenza e conta oltre 1200 referenze selezionate personalmente da Giuseppe Cupertino, di cui circa la metà a rappresentare la Puglia e il resto suddiviso tra Italia, Francia e resto del Mondo, con rarità davvero memorabili e di grande pregio.
Abbiamo assaggiato piatti del menù Selva iniziando da uno snack di pasta di tarallo con capocollo di Martina Franca, un peperoncino ripieno di olive e uva, un babà di frisella con spuma di olio extravergine e bagnato con acqua di pomodoro, oltre ad un boccone a base di zucca e vermouth. In tavola ottima e semplice focaccia, e pane che arriva appena sfornato: non paninetti, bensì un bel pezzo di pane casereccio che Grazia, il maître che si occupa della cena, dopo aver inforcato dei candidi guanti, spezza direttamente al tavolo, ripetendo l’antico gesto conviviale delle famiglie contadine.
Insieme ad una fetta di manteca – il tradizionale formaggio pugliese nato anticamente come metodo di conservazione del burro – questa gestualità rappresenta un momento davvero speciale nel rito del servizio, peraltro curato anche da un dinamico staff di giovani capaci e molto attenti, formato anche da Nicole, Giusy, Tommaso ed Eleonora, quest’ultima preziosa nella scelta dei vini in abbinamento. Alcuni piatti vengono completati al tavolo, per suscitare curiosità e interesse da parte dell’ospite, in un’atmosfera di piacevole interazione che rende il tutto più divertente e meno formale.
A seguire tre antipasti molto particolari: porcini, ciliegia e bufala, un bel contrasto tra l’acidità della stracciatella di bufala, la ciliegia trattata in salamoia, i porcini semplicemente spadellati e il condimento a base di olio aromatizzato con foglie di fico in infusione; poi lumache, tuorlo marinato e lattuga arrosto, un ragù di lumache monacelle, tuorlo d’uovo marinato con un miso di lenticchie, salsa di lattuga arrosto e la lattuga di mare fritta a dare un delicatissimo sentore salmastro al piatto. Nella batata, cime di rapa e acciughe, la patata dolce a cubetti con le acciughe, l’aglio fermentato, un laccage di acciughe e alcune cimette di rapa sbollentate, l’attenzione viene catturata dall’energico rimbalzo di sapori netti e decisi.
Tra i primi il raviolo di giardiniera e colombaccio, che gioca tra il sapido e l’aromatico e la castagna, nocciola, rafano e tartufo bianco, con brodo di bucce di castagne e terra di funghi. Sempre sul tema della cacciagione è lepre, topinambur e fico d’India, in cui la carne cotta in padella con il burro, ben si lega con il topinambur e la salsa di fico d’India, in un abbinamento simbiotico.
Il predessert zucca, barbabietola e latticello insieme ad un the fermentato all’acino pugliese, pianta spontanea tipica della Murgia, apre al dessert macchia mediterranea, olivo, carrubo, liquirizia e tabacco, ingredienti che il pastry chef Tiziano Mita lavora singolarmente con l’effetto dolce non dolce.
Altro importante anello nella catena organizzativa del ristorante Due Camini, questo abile pasticciere evidenzia doti di grande creatività e tecnica per dessert innovativi e mai banali. La chiusura è affidata alla piccola pasticceria che viene servita su un vassoio a forma di ramo le cui foglie contengono i preziosi bocconcini, accompagnati da un liquore di arancia amara.
I vini serviti in abbinamento da Eleonora sono stati il Chakra Verde di Giovanni Aiello, il Friulano di Bastianich, lo spagnolo Sospechoso e il Dolcetto d’Alba di Bosset. Inusuale il menù stampato su una carta grezza che contiene al suo interno dei semi, divertente cadeau da portare a casa e che, per rinnovare il ricordo di una bella cena, può essere piantato in un vaso per vedere spuntare dei colorati fiorellini di campo. Anche questo è un modo per evocare lo stretto contatto con l’ambiente e con la natura che Borgo Egnazia vuole trasmettere, in un riuscito connubio tra comfort, eleganza e il sapore antico della ruralità.
[Questo articolo è tratto dal numero di marzo-aprile 2023 de La Madia Travelfood. Puoi acquistare una copia digitale nello sfoglia online oppure sottoscrivere un abbonamento per ricevere ogni due mesi la rivista cartacea]