Uno chef, nato in Brasile e formatosi in Francia, che ha saputo esplorare la gastronomia italiana e si è perfezionato in alcune delle principali cucine spagnole.
Il risultato? Un ristorante che offre ricette da tutto il mondo e fa della carne di maiale il suo piatto principe
Gli ingredienti sono di origine brasiliana. L’influenza, francese. Le caratteristiche principali, italiane. Le tecniche, spagnole. La peculiare formazione cosmopolita dello chef brasiliano Jefferson Rueda ne fa uno dei cuochi più interessanti di tutta l’America Latina. Nato a San José del Río Pardo – una piccola cittadina dell’interno dello stato di San Paolo in Brasile – Jefferson Rueda comprende chiaramente la sua vocazione fin da giovane: a 17 anni inizia la formazione come chef presso il SENAC brasiliano, che manteneva a quel tempo degli scambi con il Culinary Institute of America. Mentre studiava, riusciva a pagarsi le spese grazie al lavoro di macellaio, che gli ha insegnato come scannare pecore e maiali. Dopo un soggiorno in Francia, dove porta a termine la sua formazione persso Le Cordon Bleu e nella cucina dell’Apicius parigino, torna in Brasile, e si stabilisce a Sao Paulo passando per il Cantaloup e il Parigi, dove riesce a carpire i segreti della cucina francese del famoso chef Laurent Suaudeau. In questo stesso periodo si reca spesso in Italia, Paese che percorre da un estremo all’altro, per impregnarsi della sua gastronomia. Nel 2002 trova posto nell’ormai chiuso Madeleine. Qui richiama inmediatamente la curiosità della stampa: la rivista Guia gli conferisce il premio come “chef rivelazione” del 2002. Un anno dopo, inizia il suo percorso internazionale e rappresenta il Brasile nel concorso biennale per cuochi Bocuse D’Or, a Lione, in Francia. È a questo punto che i semi di vari progetti vengono gettati: nel 2003 inaugura il Pomodori che, come indica il nome, ha delle forti influenze italiane. Durante i successivi otto anni fa incetta di premi e riconoscimenti, incluso quello di “chef dell’anno” per il 2007, rilasciato dalla rivista Prazeres da Mesa. Nel frattempo, con sua moglie Janaina Rueda, apre il Bar da Doña Onça, specializzato nella cucina paulista, che ancor oggi riceve la sua personale consulenza.
Inquieto e prolifico, nel 2011, non appena portato a termine il progetto Pomodori, si mette a capo di un altro emblematico ristorante di San Paolo: l’Attimo, che sebbene portasse avanti la proposta di un menù italiano, aggiungeva molti elementi propri della cultura brasiliana, specialmente nell’uso degli ingredienti. In cerca dell’eccellenza assoluta, Jefferson passa sei mesi di prefezionamento presso alcune delle migliori cucine d’Europa, El Celler de Can Roca, a Girona in Spagna, e il Can Fabes, che non esiste più e che apparteneva allo scomparso Santi Santamaría a San Celoni, sempre in Spagna. Comincia inoltre ad interessarsi del funzionamento di due piccole fattorie organiche rivolte all’allevamento dei maiali e considerate tra le migliori produttrici di prosciutto al mondo, Els Casals e Buti Fajas. Queste esperienze risulteranno di vitale importanza per lo sviluppo del suo successivo (e attualmente ultimo) progetto. Nel 2013 è di nuovo nominato chef dell’anno dalle riviste Prazeres da Mesa e Saopaulo, del gruppo Folha de Sao Paulo, che hanno scelto il suo ristorante come la migliore novità dell’anno.
La Casa do Porco
Senza adagiarsi sugli allori ottenuti per l’Attimo, nel 2015, durante i festeggiamenti per i suoi 20 anni da chef, Jefferson Rueda lancia il suo nuovo progetto: A Casa do Porco. Qui, in un ambiente ipermoderno che fa sentire il cliente come se fosse seduto al tavolo di un ristorante di New York, lo chef va a briglia sciolta offrendo infinite ricette tutte diverse e provenienti da ogni parte del mondo ma con un unico elemento in comune: l’ingrediente principale è la carne di maiale, “la più versatile e democratica del mondo”, a detta dello stesso Rueda. Chi entra in questo ristorante, che si trova al numero 124 di rúa Araújo, a San Paolo, deve provare almeno una volta il maiale alla San Zé, brasato per sette ore. Altri suggerimenti? La Torradinha coperta di sanguinaccio al mandarino, pancetta al vapore con pane cinese e conserva di pepe e cipolla rossa o il bollito di filetto, frutti di mare e cavolo. La vetrina di Rueda ha continuato a riempirsi di premi: a neanche un anno dall’inaugurazione, A Casa do Porco era già entrata direttamente al posto 24 della classifica dei migliori ristoranti latinoamericani “50 Best Latin America” e aveva già ottenuto una stella dalla Guida Michelin. Per di più, nel 2016, Rueda viene rieletto come il migliore chef brasiliano dell’anno. Il successo è indescrivibile: tanto che sarà necessario affrontare una fila chilometrica per accedere a un suo tavolo. Una receptionist dal sorriso perfetto prende nota del numero di cellulare di ogni avventore e chiama solo quando si produce il miracolo e si libera un tavolo. Un sabato sera l’attesa può durare anche oltre le due ore. E questo nonostante il locale non sia situato in un quartiere cool della città; anzi al contrario, i paulisti tendono a evitare questa zona. Per far passare il tempo nell’attesa, si può provare un sacchettino di Porcopoca (un gioco di parole tra “porco”, maiale, e “poca”, popcorn): costa appena due dollari e prepara il palato a ciò che verrà dopo. Lo si può chiedere anche d’asporto, ma l’esperienza non sarà la stessa.
In ogni caso, l’attesa vale la pena: gli ingredienti utilizzati per ogni piatto sono a dir poco perfetti, i migliori sul mercato. Difficilmente si esce dal ristorante senza aver notato lo stesso Jefferson Rueda che non perde d’occhio ogni piatto da quando esce dalla cucina fino a quando arriva sul tavolo del commensale. Inoltre, narra la leggenda che quando un cliente chiama per chiedere informazioni o per fare una prenotazione, può trovare lo stesso chef che rispondere alla chiamata. Esiste comunque un segreto per poter degustare le sue prelibatezze senza dover invecchiare facendo la fila: arrivare a metà pomeriggio. La cucina è aperta continuativamente tra mezzogiorno e mezzanotte.
Chi stia pensando di far passare il tempo prima di provare A Casa do Porco, per recarvisi in un momento in cui non sia più così in voga, farebbe meglio a rivedere la biografia dello chef: sicuramente l’inquieto Jefferson Rueda sarà già al lavoro per un prossimo progetto.
A CASA DO PORCO
R. Araújo, 124 – República, São Paulo
SP, 01220-020, Brasile
Tel. +55 11 3258-257