Ci sono storie che a volte s’interrompono improvvisamente, per poi riprendere il loro scorrere naturale ripartendo laddove si era bloccato il loro fluire, come l’acqua di un fiume che, nonostante gli impedimenti, ritrova sempre la via a valle verso il mare. Per il Tramvia la storia inizia proprio affacciata sul fiume Reno, quando per l’appunto si chiamava Locanda del Reno e offriva ai viaggiatori che arrivavano da Bologna o da Firenze un momento di ristoro nell’attesa del cambio cavalli.
Il borgo di Casalecchio rappresentava allora un luogo di villeggiatura o di riposo per quanti affrontavano il viaggio con la carrozza e venivano a visitare anche la famosa chiusa – oggi patrimonio dell’Unesco – che dal 1400 governava le acque del fiume necessarie allo sviluppo industriale degli opifici e setifici bolognesi. Verso la fine dell’800 il progresso sostituisce i cavalli a quattro zampe con i cavalli vapore e s’inaugura il Tramway che da Bologna porta a Casalecchio, promuovendo la moda della gita fuori porta, incoraggiando il lavoro di osti e locandieri che sulla capacità ricettiva stavano creando la loro fortuna. E così, con una felice intuizione, il bisnonno dell’attuale proprietario archivia alla storia il nome Locanda del Reno e, in linea con l’arrembante progresso, lo cambia in Tramvia, continuando la felice esperienza di ristoratore e servendo il pesce del Reno appena pescato. La storia continua da una generazione all’altra, fino a interrompersi negli anni settanta del secolo scorso. Il locale rimane chiuso per qualche anno perché manca l’attore principale, colui che possa interpretarne la vera anima di accoglienza riportando il Tramvia a punto di riferimento della comunità di Casalecchio.
Così bisogna attendere il 2013 quando Antonio Gasperini appende al chiodo, per così dire, la sua laurea in ingegneria gestionale e riprende quel filo interrotto negli anni settanta, rinnovando la tradizione di famiglia e riaprendo i battenti con una cucina che affonda le radici nella tradizione, evolvendosi verso il nuovo.
Antonio recupera i locali della vecchia osteria lasciandoli intrisi delle atmosfere passate, capaci di emanare quel calore della vecchia e calda accoglienza dell’epoca delle carrozze, aggiungendo quel tocco di magistrale bon-ton, savoir faire e gusto della vita che solo un oste-operaio, come lui ama definirsi, può e sa dare. Antonio ha fatto della sua passione eno-gastronomica la sua ragione professionale. Uno staff giovane ma competente e una costante propensione alla ricerca e al miglioramento caratterizzano la filosofia del menu che propone dalla classica tagliatella alla bolognese ai passatelli asciutti con ristretto di crostacei e carpaccio di capasanta, oppure i ravioli all’amatriciana di mare; ritornando poi alla tradizione con una cotoletta alla bolognese per spingersi verso un era un vitel tonné o un più asiatico tataki. Al fianco di piatti insostituibili, il menu si arricchisce anche di piatti stagionali che seguono l’offerta del mercato, anche per quanto riguarda il pescato giornaliero e soprattutto le crudità.
Tre champagne aperti al calice sono la punta dell’iceberg di una carta vini copiosamente ricca, che spazia tra Italia, Francia, Inghilterra e Spagna ma sempre in continua evoluzione annoverando oggi circa duecento etichette, di cui almeno un ventina sempre servite al calice. Sono circa ottantadue i posti a sedere interni divisi in due sale, più l’ampio giardino esterno affacciato sul fiume Reno, dove trovare refrigerio estivo dall’afa bolognese sorseggiando un buon calice. Una sala dedicata a eventi esclusivi racchiude un tavolo imperiale per venti commensali ed è solitamente declinata su momenti eno-gastronomici di particolare prestigio. Come in tutte le storie che affondano le radici nei secoli or sono, anche per il Tramvia pare ce ne sia una rintracciabile negli archivi storici del Resto del Carlino. Narra di un tesoro, un forziere pieno di monete d’oro ritrovato durante una delle tante ristrutturazioni. Un tesoro scomparso poco dopo il suo ritrovamento. Di quelle monete d’oro non si è saputo più nulla; ma il vero tesoro ritrovato, possiamo affermare sia proprio il Tramvia.
IL MON TRESOR È…
L’atmosfera dell’ambiente
Le atmosfere calde dell’accoglienza e dell’amicizia che Antonio ha saputo creare attraverso il riuso del locale con i suoi toni antichi, corredato da pezzi di arredo museali, dell’arte povera della civiltà contadina. Un filo logico che dall’arredo passa direttamente al menù, dove capisci che è la tradizione a comandare; una tradizione che riallacciandosi al passato ti parla di sapori netti e sinceri, di amicizia, di curiosità, di scambio.