Una soglia dell’attenzione minore di quella di un pesce rosso, un’incapacità cronica di distinguere ciò che è vero da ciò che è falso, una distorsione cognitiva che ci pone sul gradino più basso al mondo a livello di comprensione generale delle informazioni che ci pervengono.
Sono i danni del pensiero veloce affidato acriticamente agli smartphone, sono gli effetti dell’iperconnessione coatta che condiziona la mente di troppi leoni da tastiera e, purtroppo, quella delle nuove generazioni.
Perché è così: stiamo costruendo una generazione che in larga parte non legge, non scrive, non comprende, una generazione che va di fretta e che crede di poter giudicare solo attraverso un’immagine o le titolazioni ad effetto, il più delle volte ingannevoli.
Certo, siamo bombardati da un eccesso di notizie, ma questo non dovrebbe esimerci dal coltivare la nostra coscienza critica con ragionevoli margini di autonomia.
Questo, in sintesi, il quadro.
Ma se dunque il mondo web va veloce e ragiona per categorizzazioni semplicistiche, il mondo food vanta ancora sacche significative di analisi e volontà (se non capacità) critica.
Basti vedere con quanta “partecipazione”, anche su web, la gente stia a commentare un piatto, a sviscerarne le possibili o presunte qualità, ad anatomizzarne ogni singolo dettaglio.
Il piatto è il totem del momento e lo chef il suo stregone.
La cucina continua a essere slow, a essere centrale negli interessi della maggior parte degli italiani che sono disposti a dedicarle tempo e pensieri: e, dunque, la tavola può rappresentare ancora il contesto ideale sul quale esprimere ragionamenti e confronti possibilmente pacati, può costituire una sorta di baluardo contro le banalizzazioni della fretta proprio grazie alla sua dimensione conviviale.
Soprattutto può essere il luogo dove parlare con gli altri, dove ascoltare e, soprattutto, dove imparare a tacere.
E che a tacere sia anche il telefono.
[Editoriale del numero di luglio-agosto 2023 de La Madia Travelfood. Leggilo online oppure abbonati alla rivista cartacea!]