Cari ristoratori, stavolta tocca a voi.
Siete stati d’accordo con me (e vi ringrazio) circa le pecche riscontrabili nel variegato mondo della food communication, ma questo non vi rende immuni dalla disamina di analoghe problematiche riguardanti il vostro settore.
Riporto qui di seguito, in ordine sparso, alcune mie idiosincrasie, spesso condivise con amici e colleghi:
1) Nei ristoranti gourmet mi urta l’assenza del tovagliato, spesso totale: né tovaglietta, né runner, né peggio ancora, appoggiaposate. E non mi venite a dire che questa è una scelta estetica minimalista. Si tratta, in realtà, di taglio delle spese di lavanderia!
A me disturba assai, sia a casa mia che, a maggior ragione, al ristorante, mangiare sulla nuda tavola, specie dove pago il costo del coperto, che, dunque, “coperto” non è.
2) Nei ristoranti con pretese gourmet non mi piace l’informalità dell’abbigliamento: il cliente deve poter riconoscere al volo chi è preposto al servizio, senza dover pensare, poi, che fuori e dentro il locale viene usata la stessa camicia, lo stesso pantalone. Mi sa di poco pulito.
3) Se telefono prenotando per due e mi si informa che per due c’è obbligo di mangiare lo stesso cibo, addirittura preannunciando la scelta da web, mi infurio: non torno certo in collegio alla mia età e, quando esco, chiedo il servizio che mi piace, non quello che piace al cuoco.
4) I gusci delle vongole nel piatto! No, proprio non ce la faccio. Sarà abitudine diffusa, ma a parte la regola che nei primi piatti tutto dovrebbe essere commestibile, perché dovrei mettermi a sgusciare le vongole per poterle mangiare davvero con gli spaghetti?
5) L’eccesso di confidenza. Con la scusa che conoscono il cliente, alcuni ristoratori non gli portano il menu, ma gli elencano qualche piatto del giorno. Anche se i consigli verbali sono utili, il menu va comunque sempre portato.
6) I vini rossi a temperatura ambiente. Quale ambiente? Del ristorante, della cantina, del magazzino? Perché tanti non rispettano le giuste temperature? Allo stesso modo depreco l’assenza della glasset per i bianchi, che diventano caldi in pochi minuti. Mali ormai datati ma purtroppo sempre attuali.
7) L’assenza del cucchiaio da salsa. Costa poco comprarne almeno una dozzina per aiutare a raccogliere meglio le salse nei secondi piatti.
O ci obbligate alla scarpetta?
8) Basta, basta, basta con la scusa dello shabby chic per propinarci quel coacervo di sedie e tavoli tutti diversi tra loro e quella pioggia di gabbiette scrostate, di angioletti, cuoricini e candelette sparse ovunque.
Questa moda del finto povero o finto trasandato poteva andare bene fino a qualche anno fa, ma quello che ieri poteva passare per volutamente usurato, appare oggi per quello che in realtà è: finto e trasandato.
Giustifico con ovvia bonomia altri mille peccati veniali che posso riscontrare nell’espletamento del servizio, relativi magari all’età o all’esperienza di chi sta in sala, oppure a qualche libertà ormai diffusa, fuori dal galateo, allo scopo di snellire questa attività, ma non tollero nulla che possa configurarsi come mancanza di attenzione, di educazione o di semplice cortesia.