Si chiude per colpa dello Stato. Così dovrebbero scrivere sulle saracinesche abbassate le mille imprese che ogni giorno sono costrette a chiudere in Italia. Chiudono paradossalmente proprio per l’immoralità ormai istituzionale di uno Stato veloce e inflessibile nel prendere soldi dai contribuenti, ma mortalmente lento a pagare chi lavora per “lui”.
La situazione è drammatica: la pubblica amministrazione non paga e, ai limiti della concussione, perseguita fiscalmente e burocraticamente i suoi creditori ormai allo stremo. Io stessa mi sento seriamente minacciata da questo Stato. Ho cominciato a temerlo nel momento in cui mi sono resa conto di essere prigioniera di imposizioni, restrizioni, ingiustizie, vessazioni, tassazioni al di fuori di ogni ragionevolezza.
Questo Stato non mi rappresenta: io non rubo come fa “lui” dalle tasche dei miei concittadini più deboli, io non calpesto i loro diritti, non vivo sulle spalle di chi fatica e deve pagare prezzi spropositati sul proprio stesso lavoro, non pretendo di avere maggiori privilegi rispetto agli altri, non sono connivente di sistemi speculativi ignobili che divorano il sudato risparmio della gente onesta. Io ho rispetto per il patrimonio ambientale e culturale del nostro Paese, per la scuola, l'istruzione, la ricerca, ma soprattutto per chi ha lottato, ha combattuto, ha sacrificato la propria vita per garantirci uno Stato in grado di riconoscere e assicurare i diritti fondamentali di ognuno di noi.
Invece è proprio lo Stato inteso come apparato politico, amministrativo e burocratico a non rispettare il primo emendamento della Costituzione che fonda sul diritto al lavoro le basi di una società definita civile, è lo Stato che discrimina i propri cittadini favorendo di fatto alcune fasce sociali, sempre più ricche e potenti, rispetto ad altre sempre più esposte ai colpi della crisi. è lo Stato, di fatto, che fa aumentare il numero dei poveri e il loro grado di povertà, che aumenta senza scrupoli le tasse ma diminuisce vieppiù i servizi, che sacrifica i propri giovani agli appetiti di una gerontocrazia incapace di farsi da parte.
Allo Stato avvoltoio che non sa e non vuole cambiare è dedicato lo speciale di maggio sulle imprese della ristorazione che stanno vivendo una crisi epocale.
Di La Madia