Spettabile Direttore,
ho avuto il piacere di leggere il Suo editoriale “Chi ci marcia?” e desidero offrirLe, con la stessa genuina schiettezza, il mio punto di vista.
Devo premettere che sono un nuovo entrato nel mondo della ristorazione; i miei soci ed io abbiamo rilevato a giugno di quest’anno un locale. Dunque la nostra storia è breve ma, non per questo, del tutto inesperta.
Il sottoscritto, in particolare, può essere iscritto nella lista di coloro che i conti li sanno fare: nel nostro locale il “controllo di gestione” e la “contabilità industriale o analitica” la utilizziamo fin dal progetto iniziale.
Chiusa la premessa, Le scrivo per sottoporLe la mia più profonda disapprovazione per l’ipocrisia che anche nel settore della ristorazione ha contagiato sia gli addetti in senso stretto, sia – non me ne voglia – i tanti “soloni” che, penna ed inchiostro alla mano, pontificano sul mestiere altrui.
È vero! Condivido quanto dice a proposito della qualità velleitaria spesso utilizzata come alibi per ricavare un guadagno eccessivo (ma faccia un esempio di mercato nel quale questo non è accaduto).
È vero altresì che molti hanno fatto i “furbi” ed hanno approfittato della voragine d’ignoranza ed inesperienza (non parliamo del mondo della politica) nel cambio lira/euro.
Io sono arrivato tardi! Quando i danni erano già stati fatti; da tutti.
Compresi i critici del settore, le guide, i periodici, i giornalisti eccetera.
Nessuno ha la coscienza pulita.
Nessuno per esempio dice nulla a proposito di come si formano i costi che partecipano alla formulazione dei prezzi.
Nessuno dice, per esempio, che il settore, a forza di calci e spintoni del sistema (vedasi ASL, NAS, Vigili del Fuoco, Guardia di Finanza, INPS … e chi più ne ha …) sta faticosamente, obtorto collo, cercando di mettersi “a posto”, anche a causa della minaccia di sanzioni che i più non potrebbero pagare (letteralmente non se lo possono permettere).
Più ricevute fiscali e meno nero, più dipendenti in regola, più pulizia e rispetto per il cliente, eccetera.
Può sembrare una ovvietà, e molti diranno “finalmente”: era ora che le leggi arrivassero nel buio delle cucine …
Ma le cose non stanno così.
Le radici della ristorazione italiana vanno cercate – piaccia o no – nella gestione familiare. Niente a che fare con i sistemi imprenditoriali, lo spirito è/era semplice, mosso da concetti elementari: “se restano soldi li dividiamo, sennò pane e cipolla”.
I dipendenti (le “Risorse Umane” per coloro a cui piace riempirsi la zucca con i modernismi) erano perloppiù poche, mal pagate, non in regola.
Certo, ci sono un’infinità d’eccezioni, di Ristoratori in gamba, di gente seria che ha fatto e continua a fare bene, con onestà.
Ma non contiamo storie.
I Ristoranti, le Pizzerie, i Bar, per la maggior parte hanno vissuto (e molti seguitano) a lavorare fuori dalle regole. Se applicassero le regole, molti sarebbero chiusi da tempo.
Lei che i conti li sa fare, provi a dare un’occhiata ai costi fissi di una struttura elementare, in regola, con quattro dipendenti a libro paga e provi a conteggiare le ore di lavoro effettivo. Scoprirà che sono pochissimi coloro che possono permettersi di restare aperti; pochi raggiungono il break even point e, quando le cose funzionano male (come in questo periodo) si torna al pane e cipolla.
Perché non si parla di quanto costa tenere in regola un locale, delle pulizie per esempio, della HACCP, o dell’antinfortunistica, delle innumerevoli restrizioni legislative (dia un’occhiata alla nuova normativa prossima ad entrare in vigore in Piemonte), oppure dia un’occhiata ai pasticci della legge per il divieto di fumo ed ai costi collegati (sempre che risulti chiaro cosa e come si deve fare)?
Per carità; tutto necessario: era ora.
Ma chi paga?
Perché si è fatto finta di non sapere come stavano le cose? Non se lo domanda nessuno?
E perché un settore che dovrebbe essere il fiore all’occhiello del Paese è stato lasciato soffocare nella propria miopia?
Non era interesse di tutti fare qualcosa?
Dov’è finito il Ministero del Turismo?
Quali politiche “vere/serie/rapide/concrete” sono in corso d’attuazione … fatta eccezione per gli obblighi ad “aggiungere un aspiratore o mettere i rubinetti a fotocellule”, o qualsiasi altra iniziativa orientata a garantire che un Ristorante sia una “Camera bianca”, migliore di una sala operatoria.
Ma chi paga?
E Voi giornalisti, critici, osservatori, se davvero amate il Vostro lavoro, il settore, e credete in un futuro migliore, perché Vi limitate a bacchettare i troppo furbi e non svolgete fino in fondo il Vostro ruolo? Non Vi siete stufati di alimentare quell’ipertrofia critica, spesso figlia del non sapere Voi per primi, come essere d’aiuto?
I ristoratori sono tutti i giorni alla prova e devono rendere conto ai clienti di quel che fanno: tutti i giorni. Voi giornalisti potreste fare di più. Dovreste fare di più.
Perché siete più informati, siete spesso più preparati. Perché avete un osservatorio privilegiato … e perché siete espressione di una forza – come negarlo – capace di molto … se lo vuole.
Perché demolite, quando sarebbe tanto più bello partecipare a costruire?
Perché non fate salire, tutti insieme per una volta, la Vostra voce fino alle porte dei potenti e sbattete i cancelli fino a quando qualcuno Vi darà ascolto e farà davvero qualcosa che non siano le solite, facili bacchettate?
La Ristorazione può fare molto, sia in termini d’occupazione, che di bilancia dei pagamenti. Non parliamo dell’immagine.
Senza malanimo direttore: fate bene il Vostro lavoro. Fino in fondo. Serve a tutti!
Possibile che non ci siano dei “Robin Hood” tra Voi?
Non vi siete stancati di vedere giornali disinformati scrivere male del settore, molto spesso attraverso la penna di autentici ignoranti? C’è ancora chi crede che un piatto di spaghetti debba avere il prezzo della somma del costo della pasta e del sugo!
Non Vi si accappona la pelle quando leggete gli strafalcioni del “Corriere della Sera” quando parla dei costi di un whisky o di una serata a Milano?
Voi che vivete nel settore non potete chiamarVi fuori quando le critiche sono così generalizzate e superficiali. Voi che dovreste sapere come stanno le cose non potete unirvi al coro per non sfigurare.
In questo Paese un contributo a fondo perduto, un finanziamento, un aiuto non lo si è negato a nessuno: le auto, gli elettrodomestici … persino il calcio (ma di esempi se ne potrebbero fare mille): molto comodo politicamente.
Alla Ristorazione non servono contributi.
Servono provvedimenti seri, strutturali, competitivi, gente con le idee, servono progetti, non solo critiche.
Tra poco questo settore comincerà a pagare lo scotto delle troppe furbizie esercitate da troppi anni: chi pagherà?
I soliti!
I più deboli, quelli meno preparati, spesso i più semplici. E quanta gente perderà il posto di lavoro o la propria impresa?
Adesso lo domando io a Lei: qui prodest?
Chi ci marcia?
I migliori saluti.
Fausto Carlo De Filippis
Oleggio Castello (NO)
Di Elsa Mazzolini