Il galateo, overo de’ costumi, di Giovanni della Casa, pubblicato postumo nel 1558, appare ai più una realtà molto distante da quella moderna ed attuale.
Certo, l’opera originale espone un trattato su regole e comportamenti corretti sul buon costume dell’epoca. Un dialogo platonico in cui il “Vecchio”, impartisce lezioni di vita al giovinetto, ossia Annibale, nipote prediletto dell’autore.
Dunque un testo che enuncia una serie di regole comportamentali da rispettare in base alle circostanze (diverso dal Bon Ton, un concetto differente, nato nelle corti francesi del ‘600, identificato come “Grazia del saper vivere”).
Quindi, più semplicemente, il sapersi porre, con la comunicazione verbale e non, in modo armonioso con il contesto e con le persone che ci circondano.
La differenza si può spiegare in modo semplice con un esempio.
Il galateo non prevede che si dica “buon appetito” a tavola; questo perché è un augurio, di origine medievale, che si lega alla mera necessità di mangiare, mentre il pasto deve rappresentare non solo l’azione fisiologica, ma anche l’atto conviviale dello stare insieme, della condivisione. Nel caso in cui, però, un commensale ci auguri “buon appetito”, arriva in soccorso il bon ton che, per conservare cortesia e armoniosità, ci suggerisce di rispondere cortesemente, magari con una formula differente per contraccambiare. Diverse sono le risposte che si possono adottare: “Altrettanto”, “Buon/a pranzo/cena”. Stessa cosa nel caso del “Cin-cin” per il brindisi, si risponderà con termini differenti es.: “Salute”.
Possiamo dare risposta al titolo dell’articolo trasformando la parola “Regole” con la parola “Buone maniere”. Semplicemente perché le buone maniere, quando presenti, non si fanno notare, mentre, al contrario, non è così per quelle cattive.
È alla base di ogni trattato di etichetta che le maniere corrette sono giuste perché logiche e rispettose. Certo vi sono comportamenti e regole che notiamo maggiormente ed altre meno in base allo scenario, ma in ogni situazione fanno enormemente la differenza. Ne è un esempio lampante la comunicazione che, se eseguita in modo corretto, modifica la percezione e cambia l’immagine del contesto.
Certamente, il galateo o il bon ton non sono codici giuridici indiscutibili, dunque nulla accadrà se una buona maniera non verrà rispettata, ma la somma dei dettagli costruisce il complesso.
Si potrebbero spendere intere giornate, come avviene ancora in qualche ristorante attento ai particolari, ad insegnare ad un cameriere come accogliere un cliente o indicare semplicemente in modo corretto e garbato dove è situata la toilette. Sembrano dettagli eccessivi, ma sono dettagli così importanti che, se fatti con cattive maniere, verranno subito notati.
La logica delle regole la si nota maggiormente nella mise en place della tavola. Se si pensa alla disposizione della posateria, si noterà quanto essa sia funzionale e segua una razionalità dedotta in base alla sequenza dei piatti e all’uso delle mani per coltello, cucchiaio e forchetta.
Medesime regole valgono per la comodità che va dedicata al commensale, dallo spazio del coperto, alla distanza dello schienale della sedia da un limite come il muro, fino a una composizione fiorita che non dovrà mai ostacolare la vista fra un ospite ed un altro.
Dunque le regole di galateo esistono e se vi sono dei dubbi su quale sia la giusta scelta da compiere, è bene pensare all’atto più o meno logico.
Nella comunicazione, queste buone prassi, rischiano ancor più di essere volatili.
È necessario ricordare che la comunicazione è effettuata in primis in modo non verbale con i gesti del corpo. Un corpo, quello dello staff di sala, che deve trasmettere sicurezza e professionalità, che deve infondere serenità e gentilezza.
Un fisico ed un viso annoiato e burbero vengono percepiti immediatamente come negativi.
Una volta che lo staff di sala è capace di comprendere che cliente ha dinanzi, di conseguenza è capace di creare l’atmosfera che lo pone a suo agio e aumenterà da un punto di vista psico-economico anche la sua capacità di spesa.
La discrezione è essenziale. Con la comunicazione verbale occorre essere in grado di soppesare ogni parola. È bene non intervenire a sproposito e se non interpellati. Quando percepite una difficoltà del cliente non comunicata, precedetela cortesemente senza essere invasivi. “Se posso permettermi…”, “Se posso consigliarla…” sono forme corrette per introdursi senza essere sgarbati.
Anche la presenza intorno alla tavola deve essere equilibrata. Avere un cameriere che ronza costantemente intorno ai commensali per assicurare un buon servizio non è sinonimo di qualità, anzi.
Lo staff di sala deve sempre avere un occhio sul tavolo, ma a distanza. Deve anticipare le esigenze fornendo un servizio puntuale, curato e leggero.
Il cameriere è allo stesso tempo invisibile e presente; non domanda mai: “Procede tutto bene?”, “Come sta andando la cena?”. Dovrebbe invece aumentare la propria capacità di cognizione su punti critici e reazioni dei clienti per svolgere il suo mestiere in modo eccellente.