A soli quindici minuti dal centro della città di Bologna, immersa nella calma della campagna e ancora a stretto contatto con la natura, l’Antica Trattoria di Sacerno è un locale che già dall’esterno chiarisce immediatamente la sua vocazione: un antico casolare ristrutturato, accogliente, molto curato senza essere pretenzioso, che vuole diventare meta irrinunciabile per chi ama il comfort-food
Lui, Dario Picchiotti, della cucina di pesce è giocoliere, saltinbanco, funambolo, acrobata, contorsionista ed equilibrista. Gli piace talmente praticarla nel suo bel ristorante tra il verde della campagna bolognese, da farne un divertimento e una sfida continua, per lui e per gli altri. Già l’aspetto e l’irruenza del personaggio “un po’ fuori dai coppi” ne anticipano la filosofia, che è sostanzialmente, ma riduttivamente, quella dell’ossimoro, dell’impegno però scanzonato, di una passione totalizzante però divertita, da offrire ad un pubblico che vuole essere coinvolto e stare al gioco.
“Il mio è un ristorante di pesce, vi sto servendo la mia nemesi” chiosa Picchiotti mentre a tavola viene servito un cucchiaio di salmone canadese red con panna acida e aneto, piatto simbolo della qualità assoluta della materia prima.
Il pesce dell’Antica Trattoria di Sacerno – rigorosamente pescato e mai di allevamento – arriva a Bologna dai migliori mercati di Chioggia, Cesenatico, Sardegna, Sicilia e Puglia. Fiore all’occhiello della proposta gastronomica: i crudi, tra cui si distingue una tartare di gamberi gobbi con soia e limone amaro. Ci colpisce, di seguito, seppia, ricci e cime di rapa (foto a lato), piatto da pescatore per la rustica saporosità della seppia sporca, in equilibrio con la piccantezza del riccio di mare naturale e in polvere: un gusto selvatico che si unisce a quello amarognolo erbaceo delle cime di rapa.
Il successivo brodetto di Picchiotti consiste in un doppio brodo di carne versato caldo nel piatto, atto a reidratare il pesce che sembra esser appoggiato sulla sabbia, qui ricreata con succo ai frutti di mare disidratato, alghe, aglio, olio e peperoncino: il connubio carne-pesce rappresenta un convincente rimpallo tra gusti opposti e affini e costituisce la personale versione di Dario dell’orientale ramen. Lo spaghetto agli zotoli con burro affumicato alle erbe è invece un palese omaggio alla cucina delle valli ferraresi della Capanna di Eraclio, alla cui patronne Maria Grazia Soncini Dario dice di dovere ideologicamente molto. E infatti il piatto è pienamente riuscito, ricco di una sapidità salmastra, di densi toni amaricanti che non riusciremmo a definire se non come delicatamente “paludosi”. Ode contemporanea alla Bologna dell’800 i balanzoni di bollito, gamberi rossi, canolicchi, arance e capperi, piatto di recupero per via del bollito, ma piatto gastronomico nella sua digressione verso il mare.
Si cambia nettamente registro con il nostalgico risotto con champagne Krug (il ristorante è Krug Ambassade) che Picchiotti esegue come si faceva negli anni ‘70, alla lampada, e davvero (sigh!) con il Krug, malgrado lo implorassimo di usare al suo posto un più modesto frizzantino.
Esagerazione nell’esagerazione, così come si confà al nostro anfitrione, il risotto è cosparso non già di parmigiano, bensì con polvere di ostriche e germogli di rapanello a bilanciare l’ulteriore grassa sontuosità del foie gras.
La presenza piacevolmente ingombrante dello chef non mette tuttavia in ombra quella più discreta di Giada Eleonora Berri che, oltre ad essere proprietaria e sommelier del ristorante, segue con garbo il servizio di sala. Socia dal 2012 e compagna di Dario – ma nel 2014 si aggiunge a loro, nella gestione, anche il giovane Mario Solomita, 23 anni, sous chef di cucina – questa necessaria figura femminile ha saputo creare con competenza una carta importante (circa 450 etichette), a tratti originale grazie all’immissione di prodotti locali o di nicchia che denotano una lodevole curiosità unita ad una precisa autonomia critica.
Apparente acqua cheta, ma di quelle che nel tempo erodono i ponti, Giada lascia volentieri la scena al compagno, sorridendo con amabile ironia quando lui si racconta con rumorosa vitalità:“Nella locanda della Colonna a Tossignano, dove iniziai, ho capito cosa voleva dire provare a fare una ristorazione di alto livello che non si fermasse alla sola cucina, ma che fosse in grado di emozionare anche tramite la cantina e l’accoglienza dell’ospite. Il nostro ristorate deve riuscire a soddisfare il cliente ma, contemporaneamente, deve costruire anche uno stimolo costante per chi, ogni giorno, ci lavora. All’Antica Trattoria di Sacerno propongo una cucina che vuole esaltare le materie prime, selezionate tra le migliori disponibili, a volte tramite sensazioni più immediate, rassicuranti o tradizionali, altre tramite accostamenti più arditi o inusuali, che mirano a valorizzare qualità più nascoste, sempre e comunque con il criterio di esprimere al massimo le proprietà del prodotto” spiega lo chef.
L’aragosta scottata, maionese vegetale e broccoli, l’anguilla con radicchio e brodo di pesce all’orzo anticipano il trionfo di dolci e concludono la nostra degustazione che ha avuto luogo nella grande sala centrale, alternativa a quella disponibile al piano superiore, ideale per raccogliere gruppi o pranzi aziendali e incontri più informali. D’estate il locale si sposta all’aperto, nel piacevole dehors. Quella offerta da Giada e Dario è la risposta adeguata a chi, a pochi minuti dal centro di Bologna, cerca un ambiente elegante ma non troppo formale, un’accoglienza piacevole, una cucina vivace e interessante all’insegna della qualità.
Si aggiunge il pregio del fattore umano riscontrabile nel garbo di Giada e nella vulcanica giovialità di Dario: dietro ai suoi tatuaggi si nasconde un gentleman e uno chef di pregio.