Di Elsa Mazzolini
Abbiamo parlato per 22 anni della ristorazione, dei suoi successi e della sua possibilità o difficoltà ad esprimersi in relazione ai problemi di carattere economico, strutturale, culturale, logistico.
Problemi comuni, insomma.
Ma questo non editoriale di dicembre – quello che spesso chiude il bilancio di un anno con auguri, speranze e normali delusioni – è dedicato invece a chi non è in grado di operare per difficoltà che trascendono ogni comune e pur pressante problematica: le minacce mafiose per estorcere il pizzo.
Davanti all’odioso e barbaro ricatto di chi pretende di vivere del lavoro altrui, nel parassitismo che tutto soffoca e uccide, le normali problematiche del nostro settore, quantunque gravi, ci sembrano poca cosa. A Villa San Giovanni una stimata famiglia di imprenditori ha aperto un bel ristorante affacciato sullo stretto, immaginando di affrontare, con timore ed entusiasmo, il piacere e la difficoltà di rapportarsi con clienti piú o meno esigenti.
Ma dall’inizio di novembre il locale subisce l’impossibilità di lavorare: minacce e pallottole recapitate alla famiglia hanno consigliato i 14.000 abitanti della bella cittadina calabrese di disertare la sala panoramica del ristorante Mazza.
Il capofamiglia non ha piegato il capo: denunciando l’accaduto alle autorità, ha iniziato quel massacrante braccio di ferro che, specie nell’isolamento, potrebbe essergli fatale. O, se la gente reagisse, potrebbe significare per sé e per la Calabria, il diritto ad un percorso di libertà.
Gli auguri e la nostra partecipazione sono dunque per la famiglia Mazza e per tutti quelli che hanno osato ribellarsi, in un’Italia che ancora soffre il sopruso mafioso, la bustarella clientelare e i mille compromessi di una società in crisi di valori.