Chi scrive, durante uno dei suoi viaggi, si trovava a Valencia.
Un pomeriggio, dopo una giornata a girovagare per le viuzze del centro storico e aver vissuto un’esperienza piuttosto terrorizzante sul cucuzzolo della Torre del Miguelete, si imbattè in un volantino che recitava poche, semplici e concise parole.
CAÑAS = 70 CENT
Sul retro una foto degli interni del locale e le indicazioni per raggiungerlo.
La cañas – a scanso di equivoci – è l’equivalente della birra piccola italiana (da 0,20l) e questo volantino diceva in maniera chiara che una di quelle sarebbe costata solamente 70 centesimi. Chi scrive non è affatto nuovo a queste promozioni, in quanto spesso le crea, e ha intravvisto in essa una semplice ma efficace strategia di menu engineering.
Obbligatorio dunque approfondire la questione.☺
La domanda che aleggiava nell’aria era una sola: “Come può un ristorante pensare di guadagnare vendendo birra a 70 cent?”
Chi scrive lo avrebbe scoperto presto. Dopo un paio di svincoli, eccolo: si trattava di una sorta di evoluzione del tapas-bar spagnolo che serviva le classicissime tapas (piccoli piatti da condivisione tipici della tradizione spagnola), i pinchos (tapas un poco più elaborate e monoporzione) e qualche complemento, ma che aveva inserito nel suo arsenale commerciale un paio di innovazioni che dal punto di vista di chi scrive facevano e fanno la differenza.
L’esperienza offerta era quella di un ristorante informale e veloce. Un concetto fast-casual, tanto di moda negli ultimi tempi.
Appena varcata la soglia, l’accoglienza è nelle mani del personale di sala, che dopo aver fatto accomodare gli ospiti e spiegato nei dettagli il funzionamento del locale, parte con la domanda di rito:
LUI: “Cosa bevete?”
IO: “Avevo visto un volantino con la cañas a 70 centesimi; come funziona?”
LUI: “Funziona proprio così. Se vi fermate un poco di più vi porto la birra media o direttamente il litro, che costa solamente 3,00€”
Una decisione piuttosto semplice per chi scrive, e un’ottima strategia commerciale per lui, che nel giro di pochi secondi aveva innalzato il valore di un cliente per l’azienda di più del 400%, portando la spesa media dai 0,70€ iniziali ai 3,00€ finali.
E con una birra fresca davanti, era possibile non mangiare qualcosa?
Questo tapas-bar proponeva due scelte:
(1) La prima opzione erano tapas e pinchos freddi messi in bella vista sopra al bancone e dietro ad un vetrina retro-lluminata dalla quale era possibile servirsi in autonomia, ad un prezzo relativamente basso (1,50€ a salire)
(2) La seconda opzione erano tapas e i pinchos caldi, leggermente più costosi, sfornati direttamente dalla cucina durante il corso della serata e annunciate dal suono di una campana e dall’urlo dell’addetto cameriere “CALIENTITO!”
Piccola nota: le tapas e i pinchos caldi escono a scaglioni di 5-6 per volta, quasi fossero delle piccole “edizioni limitate” e questo aumenta il senso d’urgenza.
E’ una delle leggi portanti dell’economia: meno offerta, più domanda. Infatti è davvero difficile che rimanga qualche tapas o pinchos sul vassoio del cameriere.
Ma non finisce qui. Infatti, in questo caso, i camerieri non erano solamente dei porta-piatti, ma bravi venditori formati per far aumentare la spesa media degli avventori.
Infatti facevano il giro dei tavoli con il vassoio in mano e chiedevano, sorridendo e con garbo, se si volesse consumare una di quelle tapas, descrivendo brevemente il piatto e premurandosi di specificare che non sapevano quando sarebbero uscite le prossime.
Il messaggio era chiaro: “O decidi ora e le acquisiti subito, o difficilmente per il resto della sera le rivedrai!“
Non mancavano le gentilezze (con un retrogusto molto commerciale): “Oh, la birra è vuota, ne porto un’altra? Oh, vuoi la piccola? Dai facciamo la media!”
E via così.
Risultato? I tavoli giravano all’inverosimile, lo scontrino medio si alzava considerevolmente fino a toccare i 10-15€ e tutti sembravano felici e contenti della propria scelta.
La situazione appena descritta è ciò che si vede fa fuori, lato cliente.
Ma lato ristoratore la questione è molto più interessante.
Frontend + Upsell + Backend: questi sconosciuti.
Lo scopo di una qualsiasi attività commerciale è acquisire clienti ed aumentarne il valore nel tempo. Quello che gli americani chiamano CLV (customer lifetime value), cioè il valore del cliente per il periodo di tempo che è rimasto effettivamente cliente.
La ristorazione non fa eccezione e, anzi, si presta molto bene ad applicare questi principi.
Il tapas-bar valenciano dell’esempio precedente sembra saperlo molto bene e sembra applicarlo persino meglio (e i numeri gli danno ragione, in quanto è una catena da 275 unità in tutto il mondo).
Infatti ciò che rende interessante il modello di acquisizione clienti del tapas-bar di cui sopra è la somma di tre semplici ma potentissime strategie, che in gergo potremmo chiamare (1) frontend, (2) upsell e (3) backend.
Queste tre strategie hanno scopi diversi:
(1) Il frontend serve ad acquisire clienti.
(2) L’upsell serve ad aumentare il valore del cliente acquisito.
(3) Il backend serve a creare il VERO guadagno, aumentando ulteriormente il valore del cliente per l’azienda.
Graficamente potremmo vederlo così:
Sull’asse delle Y (quello verticale) c’è il valore del cliente per l’azienda, mentre sull’asse delle X (quello orizzontale) c’è il prezzo del prodotto che si sta proponendo. Come si può notare il frontend è un prodotto caratterizzato da un prezzo basso e da un relativo basso valore per il ristorante. L’upsell serve semplicemente ad alzare la spesa del cliente, mentre il backend crea il vero guadagno. Infatti quest’ultimo è caratterizzato da prodotti ad alto prezzo (relativamente al frontend) e un conseguente alto valore per l’azienda. Se volessimo calare nel contesto del Tapas-Bar di cui sopra questi tre termini, potremmo fare in questo modo:
(1) Il frontend in questo caso è la cañas a 0,70€. Un prodotto a bassissimo prezzo e un valore ridottissimo (si potrebbe addirittura decidere di venderlo andando in perdita) che ha il solo e semplice scopo di “portare dentro” clienti. Non c’è guadagno e non c’è marginalità sulla birra a 0,70€, ma c’è dietro una strategia ben precisa di acquisizione clienti.
(2) L’upsell è una semplice domanda (“Porto il litro di birra o la media invece che la piccola?”) e serve ad aumentare il valore del cliente, immediatamente, ponendolo di fronte ad una questione “no brainer” cioè talmente tanto semplice da prendere da risultare scontata. Nel caso di cui sopra ha funzionato (e funziona nella maggior parte dei casi) portando chi scrive a spendere 3,00€ invece dei 70 centesimi che rappresentavano il mio valore nel momento in cui sono entrato nel locale. Possono sembrare pochi, ma non lo sono. E’ un aumento del 400%. E un aumento di 2,30€ per cliente, alla fine dell’anno, si fa sentire in maniera estremamente positiva.
(3) Il backend è rappresentato dalle tapas e dai pinchos freddi e caldi, che servono al tapas-bar per aumentare la spesa media. In quegli oggetti c’è il vero guadagno del tapas-bar. Per tirare le somme, è possibile guadagnare anche vendendo birra a 70 centesimi. Chi legge, come può applicare le stesse strategie al proprio locale?
Buon lavoro.