“Cari Amici, penso sia importante che voi sappiate che la normativa europea consente un livello di pesticidi nelle bottiglie di vino 5000 volte superiore (con 3 zeri!) al livello permesso nell’acqua potabile. Forse potete aiutarci a risolvere questa situazione?”.
Quasi non bastassero i concimi, gli acidi cloridrici, solforici e muriatici scovati da uno scandalo mediatico nei bottiglioni a buon mercato, recentemente ho ricevuto questa mail di Nicolas Joly, volta ad allertare sui risultati di uno studio condotto da Pesticides Action Network Europe, con il sostegno di Greenpeace Germania, della francese MDRGF (Movimento per i Diritti e il Rispetto delle Generazioni Future) e dell’austriaca Global 2000. Procimidone, Chlorpyriphos e Iprodione sono sostanze che a dispetto del paradosso francese e del resveratrolo, scavano un solco fra la vite e la vita senza scandalizzare nessuno.
La madre di tutte le adulterazioni inizia a monte, lungo i pendii dei filari di vite. Delle 220mila tonnellate di pesticidi disperse nell’ambiente europeo (equivalenti a 1/2 kg di sostanze attive a testa fra fungicidi, erbicidi, insetticidi e regolatori di crescita), in ogni ettaro di vigna ne finiscono ben 21,4 kg. Dati che fanno dell’uva, e conseguentemente del vino, uno degli alimenti più contaminati in assoluto. I primi ad esserne colpiti sono ovviamente i vignaioli, esposti a rischi record tanto per i tumori che per malattie quali il morbo di Parkinson e l’Alzheimer.
Un terzo dei pesticidi utilizzati in vigna, prevalentemente solfiti e fungicidi, è destinato a trasmigrare nel vino. Fra le molecole più spesso rintracciate figurano cancerogeni, perturbatori endocrini o neurotossici, tossici dello sviluppo e della riproduzione. Spicca in particolare il procimidone, classificato dall’Unione Europea come cancerogeno, reprotossico e perturbatore endocrino.
Venendo alle provette dei ricercatori PAN Europe, sono state 40 le bottiglie di rosso esaminate, provenienti da Francia, Austria, Germania, Portogallo, Italia, Sudafrica, Cile e Australia. La totalità dei vini convenzionali è risultata contaminata, da un minimo di 4 a un massimo di 10 pesticidi. Per quanto riguarda i 6 vini provenienti da agricoltura biologica, sono state rilevate solo tracce derivanti da coltivazioni convenzionali confinanti. Ancora più allarmante il contenuto, pari a 5800 volte la soglia consentita per l’acqua potabile. Una cifra astronomica, derivante dall’elevata tolleranza nella coltivazione dell’uva, per la quale è prescritta una soglia specifica che nel caso del derivato alcolico manca. Per quanto riguarda il made in Italy, sono stati presi in considerazione 3 vini convenzionali anonimi di provenienza varia. Il risultato? Una contaminazione senza eccezioni, che apre la strada ad una lunga catena di adulterazioni in cantina, alla ricerca di quel gusto inesorabilmente smarrito sui sentieri fra le viti.