Ad inizio novembre 2019 più di 11.000 scienziati provenienti da 153 Paesi hanno firmato un report pubblicato dalla rivista scientifica BioScience della Oxford Academic che mette in guardia l’umanità dall’imminente crisi climatica, invoca l’urgente riduzione di consumo della carne e quindi l’abbattimento dell’allevamento intensivo e invita a gran voce all’adozione di una dieta a base vegetale “…la crisi è arrivata e sta accelerando più rapidamente di quanto molti scienziati si aspettassero. La situazione è più grave del previsto, minaccia gli ecosistemi naturali e il destino dell’umanità…”.
In Australia, i terrificanti incendi hanno causato la morte di ben oltre 1 miliardo di animali. Se già prima degli incendi il sistema lattiero-caseario australiano, soprattutto quello costituito dalle piccole medie aziende, era in crisi per via di siccità, costi alti e prezzi di vendita ribassati, gli incendi hanno contribuito notevolmente ad inasprire la crisi: gli animali degli allevamenti sono stati decimati ed anche tutto ciò che concorre al sostentamento degli stessi, come la vegetazione e le terre rase completamente al suolo senza più erba, alberi, insetti, ed uccelli. Si sono verificati casi di acque contaminate, strade ed aree bloccate, attrezzature distrutte, cali di energia elettrica che hanno costretto alcuni agricoltori a buttare il latte prodotto, per non parlare delle mucche soppresse, perché ferite gravemente. Secondo l’economista australiana Veronica Fil, questa ecatombe ambientale avrà un serio impatto proprio sul già problematico settore lattiero-caseario australiano, circostanza che, a suo avviso, condurrà inevitabilmente ad un orientamento verso i prodotti a base vegetale: “Neanche un’imposizione dei prezzi del governo potrà risollevare le aziende che soffrono, poiché l’instabilità dei prezzi del mercato internazionale detta le regole del gioco”. Non esiste una soluzione rapida, perché il problema profondo e complesso: alcuni terreni agricoli non sono adatti a determinate coltivazioni e i pascoli bruciati dagli incendi richiedono risorse idriche significative per rigenerarsi. Si ha necessità di incentivi per aiutare gli agricoltori a riutilizzare parte della loro terra, nuove soluzioni da governi e dalle grandi imprese internazionali che in parte stanno già sostenendo il boom del mercato plant-based e che stanno investendo nella ricerca.
Dopo il coronavirus, la Cina è destinata a ristrutturare il suo sistema alimentare. Secondo una delle figure più influenti del business di prodotti plant based in Asia, David Yeung, questa crisi porterà ad un’apertura nei confronti dell’industria alimentare a base vegetale. David Yeung è il fondatore di Green Monday, startup sociale nata nel 2012 che affronta i cambiamenti climatici, l’insicurezza alimentare globale e le questioni di salute pubblica. Offre a scuole, società di catering e a catene di ristoranti un pasto vegetariano una volta alla settimana con l’obiettivo di cambiare le abitudini alimentari. David Yeung possiede una rete capillare di negozi ad Hong Kong, la Green Common, ed è fondatore dell’innovativa Omnipork, brand di prodotti alimentari vegetali a base di funghi Shiitake, piselli soia e riso, per il quale fu nominato “imprenditore sociale” nel 2018. Dallo scoppio del coronavirus, in Cina c’è stato un aumento drammatico del prezzo della carne, il governo ha massacrato oltre 100 milioni di polli per controllare la diffusione del coronavirus, a cui è seguito il massacro di suini dovuto alla peste suina africana. Tutto ciò rivela quanto le pratiche zootecniche siano vulnerabili ed estremamente dannose per tutti. Il governo dovrà riesaminare l’intera catena di approvvigionamento alimentare, in primis, il consumo di animali selvatici avrebbe dovuto essere vietato molto tempo fa. Gli stessi media controllati dallo stato come il China Daily e il South China Morning Post hanno pubblicato editoriali che chiedono un divieto permanente di commercio di specie selvatiche e propongono di porre fine ai mercati di animali vivi.
Se saranno necessari molti sforzi per sensibilizzare e creare cambiamenti, è probabile che la crisi determinata dal coronavirus, unitamente ai cambiamenti ipotizzati dagli esperti, porteranno ad una maggiore apertura ed accettazione delle proteine di origine vegetale e quindi ad una maggiore consapevolezza sull’importanza della sicurezza alimentare.
Allo stato dei fatti nessun governo ha ideato un progetto di riconversione delle industrie degli allevamenti ed è chiaro che, finché c’è la domanda, l’offerta continuerà, ma di questo passo sarà difficile poter soddisfare la Vita sulla Terra. Il commercio esiste perché esiste l’acquirente finale: noi, cittadini del mondo. Qualsiasi siano le vostre ragioni, spirituali, ambientali, religiose, salutistiche o imprenditoriali, iniziate a modificare le vostre abitudini alimentari con una dieta più sana e priva di derivati animali: l’industria ed i governi dovranno inevitabilmente adeguarsi alla crescente domanda e mobilitarsi permettendo il necessario cambiamento.