Si fa un gran parlare di intolleranze alimentari: sono ormai decenni che moltissime persone cercano di capire se l’origine di qualche piccolo disturbo (o la causa vera del loro sovrappeso) possa essere dovuta a reazioni avverse nei confronti di un qualche alimento. Non è facile dare un giudizio pacato ed equilibrato su questo argomento: in linea di massima, in campo medico, c’è una vera e propria spaccatura sull’esistenza o meno di questo fenomeno, ma, ancor più, c’è un profondo disaccordo sulla possibilità o meno di diagnosticare in modo certo tali fenomeni. Effettivamente, le intolleranze sono reazioni avverse agli alimenti e sono difficilmente diagnosticabili: questo però non significa affatto che non esistano. D’altro canto, esistono tantissimi test che si dicono in grado di scoprire intolleranze ma di nessuno di questi è stata effettivamente provata in pieno la validità scientifica. Tutto quello che è presente in letteratura è controverso.
Dice il Professor Guido Marcer, responsabile del servizio di Allergologia del dipartimento di Medicina ambientale e sanità pubblica – Medicina del lavoro dell’università di Padova:
“Per le intolleranze alimentari invece non sono disponibili test attendibili. I cosiddetti test “alternativi”: Kinesiologia applicata (DRIA test e simili), Test di citotossicità (Cytotoxic test o test di Bryan o ALCAT, ecc.), Test EAV (elettroagopuntura secondo Voll, Vega test, Sarm test, Biostrength test e loro varianti), Test di provocazione/neutralizzazione, Test di provocazione/ neutralizzazione sublinguale, Biorisonanza, Analisi del capello, Pulse test, Test del riflesso cardiaco-auricolare, Test Melisa, Mineralogramma, Iridologia, test Bioenergetico dei Virus e Batteri e simili, non sono attendibili in quanto non sono in grado di individuare agenti causali di presunte “intolleranze alimentari”, sono privi di validazione scientifica e non sono riproducibili.
Inutile e scientificamente infondata è anche la ricerca di anticorpi della classe IgG specifici per alimenti. I test citati, a cui appartiene anche l’ALCAT (Antigen Leukocyte Cellular Antibody Test), basato sullo stesso principio del Citotoxic test proposto nel 1956 e poi abbandonato nella pratica medica, oltre a non fornire informazioni utili dal punto di vista sanitario, sono costosi e possono indurre a diete inutili o dannose.”
Questa è la voce di chi è assolutamente contrario a qualsiasi ipotesi diagnostica nel campo delle intolleranze alimentari. Ci sono però tantissimi studiosi che non la pensano così. Il dubbio quindi rimane aperto: ci possiamo fidare di un esame per scoprire le intolleranze alimentari oppure no? Proprio allacciata a questa domanda, se ne pone subito un’altra, che prende spunto da uno dei test più in voga in quest’ultimo periodo: l’esame del DNA. Ultimamente si sono fatti avanti Aziende e Laboratori che pubblicizzano addirittura la scoperta di eventuali intolleranze alimentari nei confronti di 600 alimenti, attraverso il test del DNA. Direi che, a questo punto, possiamo partire da un dato assolutamente certo: è COMPLETAMENTE FALSO individuare le intolleranze alimentari nei confronti di 600 alimenti attraverso l’esame del DNA!
Non si nasce geneticamente intolleranti, se non nei confronti di pochissime sostanze: le due più importanti sono il lattosio e il glutine. Quindi chi propone test di intolleranze attraverso il DNA, studiando addirittura 600 alimenti dice inequivocabilmente il falso. Il DNA però può essere estremamente utile per comprendere meglio come il nostro organismo metabolizza gli alimenti e può quindi darci delle indicazioni estremamente interessanti su come impostare una alimentazione fortemente personalizzata.
Lo studio del DNA, in relazione all’alimentazione, può essere sfruttato per comprendere meglio le velocità metaboliche delle migliaia di reazioni che si verificano nel nostro corpo. Questo ovviamente può essere di valido aiuto per indirizzare meglio la persona verso un’alimentazione personalizzata. Cerchiamo di spiegare il concetto.
Il nostro DNA non è altro che un computer che è programmato per dare ordini. Gli ordini che il DNA dà sono soprattutto relativi alla sintesi di sostanze particolari chiamate enzimi.
Gli enzimi sono delle sostanze importantissime senza le quali molte reazioni biochimiche nel nostro organismo sarebbero impossibili. Come questo ci può aiutare nello stabilire una alimentazione personalizzata?
Facciamo un esempio:
il gene CYP1A2 è un gene che fa parte della famiglia dei CITOCROMI P450, che sono sostanze importantissime dalle quali dipende il metabolismo di molte sostanze. In particolare il CYP1A2 è responsabile del metabolismo della caffeina.
Studiando il DNA noi possiamo andare a vedere se il nostro computer è programmato per produrre una quantità sufficiente di CYP1A2 oppure no. In tal caso noi sapremmo come ci dobbiamo comportare nei confronti della caffeina: se i nostri geni danno l’ordine di una ridotta produzione di CYP1A2 allora non possiamo permetterci un’assunzione disinvolta di caffè, in quanto non saremmo in grado di metabolizzare la caffeina e quindi potremmo avere effetti indesiderati. Ci sono importantissimi studi (JAMA 2006, Cornelis et al.) che hanno dimostrato come i portatori di alcune varianti di questo gene (CYP1A2) hanno un rischio di infarto del miocardio decisamente più elevato se consumano fino a 4 tazze di caffè al giorno.
Questo tipo di discorso può essere fatto nei confronti di numerosissimi altri alimenti, ma non per questo è corretto parlare di intolleranza. Di seguito è riportato il quadro degli eventi che si verificano nel nostro organismo, tutti a partenza da quel fantastico computer che è il nostro DNA.
Due piccole premesse: a) qualunque sia la velocità dettata dal nostro computer (DNA) occorrono dei fattori esterni (ALIMENTAZIONE SBAGLIATA) per poter creare le premesse per sintomi e disturbi particolari; b) lo studio del DNA si basa su dati certi, inequivocabili e scientificamente accettati da tutti, mentre lo studio delle INTOLLERANZE si basa su dati controversi e non scientificamente accettati da tutti; c) lo studio del DNA ci permette di andare all’origine di un disturbo, mentre lo studio delle intolleranze ci permette semplicemente di indagare uno stadio intermedio della catena fisiopatologica.
Lo studio del DNA si pone quindi prima di qualsiasi altra indagine, proprio perché è da lì che può partire tutto. Anche curare e prevenire le intolleranze dipende da quanto siamo in grado di studiare il nostro DNA e quanto siamo in grado di elaborare i dati in modo da stabilire UNA IDONEITA’ AIMENTARE PER CIASCUNO. Questo è il vero vantaggio di una Mappa Alimentare elaborata attraverso la parametrizzazione dei dati ottenuti con lo studio del DNA: non parliamo di intolleranze, ma di uno stadio che viene ancora prima e che giudica la velocità metabolica degli alimenti, la predisposizione che ciascuno ha di accumulare maggiori tossine in seguito a determinate assunzioni e la capacità che il nostro organismo ha di difendersi dalla produzione di radicali liberi, in seguito a reazioni biochimiche eccessive o troppo rallentate. Quindi la domanda è: perché scoprire (con test giudicati poco attendibili) la situazione di una tappa intermedia (presenza di intolleranze) quando possiamo andare a scoprire qual è il principio di tutto????