“I costi delle materie prime sono aumentati, quindi io ho aumentato i prezzi al locale” è un ragionamento fallace.
Nell’ultimo anno, la maggior parte dei ristoratori italiani ha giustamente aumentato i prezzi dei propri piatti. Ciò che chi scrive non condivide è il “perché”. Infatti, nella stragrande maggioranza dei casi, lo si è fatto in conseguenza di un banale aumento dei costi.
Credo che il ristoratore debba mettersi nell’ottica dell’idea che i costi aumenteranno, sempre e comunque. Lo faranno silenziosamente, senza fare rumore e lontano da occhi indiscreti, al contrario di come è successo nel corso del 2020 e dei primi mesi del 2021.
Quindi è necessario programmare e pianificare un aumento prezzi PERENNE E COSTANTE, che non dipende dall’aumento dei listini dei fornitori, ma va avanti indipendentemente dalle fatture in entrata.
Chi scrive ha due certezze: che un giorno si lascerà questo piano dimensionale e che i costi di qualsiasi azienda italiana aumenteranno nel corso del tempo.
E tu che leggi, se fai il ristoratore, devi avere una strategia precisa, pianificata e costante che ti permetta di affrontare tutti questi aumenti di prezzo senza che l’evento scalfisca la tua reputazione e il tuo flusso di clientela.
Non è davvero possibile avere i prezzi uguali all’anno scorso. Neanche a due anni fa.
Mi si conceda di citare un estratto dal libro “Brucia il tuo Menù”, al quale rimando per un eventuale approfondimento:
“Il prezzo dei vostri piatti NON deve avere una correlazione con i costi.”
E se tu sei un commercialista, a questo punto, sarai freddo, a terra. Risorgi dalle tue spoglie e torna qua con me. Dicendo che i tuoi prezzi non devono avere una correlazione con i costi, intendo dire che il prezzo che scegli dipende da dove vuoi posizionarti e dal valore percepito che riesci a creare con le tue trasformazioni.
Prendi ad esempio uno dei piatti più iconici di Massimo Bottura, “Cinque stagionature di Parmigiano Reggiano in cinque differenti temperature e consistenze”.
Se ci guardiamo bene bene, in quel piatto ci saranno 5,00 euro di materia prima. Eppure il prezzo del piatto al pubblico è di 80,00 euro sul menù. Ottanta euro.
Evidentemente Bottura ha capito che il prezzo non dipende dai costi (anche se serve per coprirli!) ma soltanto dal valore percepito che si riesce a generare. Più è alto il valore percepito che riesci a creare attorno ai tuoi piatti, più puoi permetterti di alzare i prezzi senza rimostranze da parte della tua clientela.
Se invece ti limiti ad alzare i prezzi, senza lavorare su un aumento di valore percepito, ti stai scavando la fossa da solo.
Potrai obiettare che Bottura è Bottura, e fa quello che vuole. E avresti ragione. Ma le leggi del pricing non valgono soltanto per lo chef numero uno al mondo, ma anche per chi si posiziona allo spettro opposto: Mc Donald’s.
Qualche tempo fa un americano aveva fatto un esperimento interessante, ordinando un Big Mac “componendolo” per singoli ingredienti: “Per me una fetta di pane, salsa, un hamburger, una fetta di pane, insalata, hamburger, salsa e una fetta di pane”.
Quel “mostro”, che equivaleva al classico Big Mac a cui tutti siamo abituati, costava MENO dell’autentico Big Mac presente sul menù!
Questo perché anche Mc Donald’s ha capito che il prezzo non dipende dai costi (anche se serve per coprirli!) ma soltanto dal valore percepito che si riesce a generare.
Dunque, NON dipendete da nessun costo, SPECIALMENTE non dal Food Cost! Buon aumento prezzi!