In contrazione, nel corso del 2023, il mercato fondiario nel settore vitivinicolo italiano che conta 526 certificazioni tra Dop e Igp. Secondo quanto riferito dagli esperti del CREA, il Consiglio per la ricerca in agricoltura e l’analisi dell’economia agraria, nel corso dei primi nove mesi dell’anno appena trascorso le vendite sono rallentate, anche per le crescenti difficoltà di accesso al credito (che è diminuito a 500 milioni di euro l’anno nel settore vitivinicolo), per la riduzione dei prezzi nelle esportazioni e quindi per la perdita di valore a bottiglia di quasi il 2%, con il conseguente crollo di vendite sulle piazze principali.
Prima fra tutte gli Stati Uniti dove, secondo l’Osservatorio di Federvini, si registra una flessione del 9,9% che fa assestare il giro d’affari 2023 a 1,3 miliardi di euro.
In Canada, la riduzione del valore dell’export del vino made in Italy nel 2023, è stata addirittura del 17,4% (per un fatturato di 286,6 milioni di euro).
In Giappone si è perso l’11,2% del fatturato rispetto al 2022 e il business si è assestato a 140,4 milioni di euro.
In Cina, che ha iniziato a produrre vino massicciamente, il vino italiano perde l’11,2% del mercato, circa 70 milioni di euro e vanno male anche alcune piazze europee come la Danimarca (-11% del valore dell’export), il Belgio (-3%) e la Svizzera (-1,4%).
L’ andamento del mercato del vino, unito alla combo di fattori prima enunciati e all’inflazione, ha portato, secondo gli esperti, ad un’erosione del prezzo dei vigneti fino al 24% in meno di venti anni, registrando nel solo 2023 un crollo del valore delle superfici vitate fino al 35% (dati di stima sulla media nazionale).
LE BANCHE DATI FONDIARIE
Il CREA cura l’indagine sul mercato fondiario e degli affitti sin dal 1947 e i relativi risultati vengono pubblicati in un apposito capitolo dell’Annuario dell’agricoltura italiana. Il suo rapporto sul mercato fondiario rappresenta a tutt’oggi una delle più importanti fonti statistiche, se non l’unica in ambito nazionale.
Tuttavia non si parla di dati statistici puntuali ma di risultanze di ricerche basate su fonti diverse perché, ad oggi, non esiste una banca dati univoca e puntuale su prezzi e volume delle vendite, men che meno divisa per tipologia di destinazione del terreno agricolo. Il Crea li ricostruisce anche in base ad una serie di interviste a testimoni considerati qualificati, circa 500 (di cui oltre 300 provenienti dal settore vitivinicolo), i quali riferiscono della situazione relativa alle vendite. Questo sistema delle interviste denominato “Il barometro del mercato della terra”, di recente introduzione, permette di avere il polso più puntuale possibile anche sugli effetti dei cambi climatici nelle vendite dei vigneti.
“Purtroppo, non sono disponibili i dati reali complessivi – afferma Andrea Povellato, Dirigente di ricerca CREA presso il Centro di ricerca Politiche e Bioeconomia oltre che Coordinatore della postazione regionale per il Veneto, un territorio che dedica quasi il 100% della SAU alla produzione vitivinicola – Noi riusciamo a farci un’idea di come il mercato fondiario si stia muovendo anche con specifico riferimento al vitivinicolo, attingendo a diverse banche dati non coordinate tra loro, alla letteratura di settore e alle nostre interviste basate su un questionario online. Quello che emerge ad oggi, è un calo dei prezzi medio nazionale del 35%. Potenzialmente si potrebbe realizzare una banca dati univoca, tuttavia non si è arrivati a questo punto. Pur essendo ‘seduti’ su una montagna di informazioni, per mancanza di collaborazione tra enti e anche per una questione di tutela della privacy che rende ostico l’accesso ai dati, ad oggi non esiste nonostante si parli di un settore dell’agricoltura fondamentale per l’economia italiana”.
Secondo le ultime rilevazioni dell’Osservatorio del mercato immobiliare dell’agenzia delle entrate che si riferiscono al terzo trimestre del 2023, in questo periodo si continua a registrare il calo tendenziale del mercato dei terreni già rilevato nei tre mesi precedenti.
Dopo il recupero del 2022 (dato da un effetto rimbalzo dopo il blocco pandemico), il 2023 si era aperto ancora con una crescita dei volumi di compravendita per i terreni, seppur debolmente positiva, ma già nel secondo trimestre si è assistito a una flessione significativa che trova conferma anche nel terzo trimestre.
A livello nazionale la dinamica tendenziale delle superfici scambiate fa segnare, con più di 26 mila ettari, nel confronto tra trimestri omologhi nel 2023 rispetto al 2022, un calo nazionale dell’11,4%, massimo nelle regioni centrali dove si registra un -25%.
Il Sud, con più di 7mila ettari di terreni compravenduti, continua a essere il mercato di maggior peso tra le macroaree del Paese e a mostrare la maggiore capacità di resistenza, con una riduzione tendenziale degli scambi nel 3° trimestre 2023 di circa il 6%.
“La congiuntura di mercato sfavorevole – afferma Paolo Solini, direttore del Consorzio del vino di Montepulciano – fa temere per ulteriori crolli dei prezzi che, nel 2023, si sono assestati intorno ai 200mila euro per ettaro per il ‘Nobile’ e 80-100mila euro/ha per il rosso. Bisogna comunque tenere a mente che l’altalenanza delle quotazioni è fisiologica in questo tipo di mercato. Credo che per qualsiasi denominazione o aree, gli investimenti stranieri possano essere un valore aggiunto quando sono equilibrati con la rimanente proprietà autoctona.
Secondo una stima interna, le attività di compravendita nell’areale del consorzio, ha riguardato circa il 10% delle superfici. Il 2023 vede l’andamento del mercato fondiario leggermente al di sotto de solito, ma non in modo preoccupante. Siamo intorno al -5% sul 2022”.
La banca dati OMI, si occupa del settore agricolo in generale ma per avere un’idea di come si stia muovendo il settore vitivinicolo, si potrebbe volgere uno sguardo alla regione Veneto la cui Sau è quasi interamente dedicata alla vitivinicoltura.
I dati riportati dall’OMI riferiscono che nei primi 9 mesi del 2023, le superfici compravendute nel Nord-Est del Paese siano diminuite del 24%, da 5.667 ettari a 4.316. Nel confronto tra il secondo e terzo trimestre 2023 e 2022, la flessione delle superfici vitate compravendute è, rispettivamente del 18,2% e del 10,8%.
Ampliando il quadro su scala nazionale, con riferimento al terzo trimestre 2023, il mercato agricolo nel suo complesso, che rappresenta il 90% delle vendite di terreni, ha subito un brusco rallentamento su trimestre precedente: -11,9% che segue al -9,8% che aveva caratterizzato il primo trimestre 2023.
Il vino di Montepulciano
In controtendenza con l’andamento generalizzato del mercato delle vendite fondiarie che è in flessione, nell’areale toscano del vino di Montepulciano (e in generale in tutta la regione, considerata la più interessante per le operazioni di compravendita fondiaria) si registra una importante crescita degli investimenti negli ultimi anni. Quasi in concomitanza con l’ok al testo del Disciplinare del Vino Nobile di Montepulciano “Pieve” (la nuova tipologia della prima Docg d’Italia che sarà in commercio dal 1° gennaio 2025 con l’annata 2021 con un valore aggiunto previsto tra il +50 e +70% sulle altre denominazioni, con produzioni in 12 nuove zone, definite nel disciplinare di produzione Uga, Unità geografiche aggiuntive, che saranno anteposte con la menzione “Pieve” in etichetta), il gruppo canadese che fa capo a Eric Toppetta, Tenuta Poggio alla Sala Società Agricola, ha rilevato, nel corso del 2023, Gattavecchi investendo oltre 10 milioni di euro.
L’operazione e stata preceduta da quelle, rispettivamente, del gruppo Frescobaldi che ha acquisito la Tenuta Calimaia, circa 70 ettari a Cervognano; il gruppo Bindella con una spesa di circa 8 milioni per la nuova cantina e la Vecchia Cantina di Montepulciano per circa 3 milioni.
Un’indagine compiuta sui propri associati dal Consorzio del Vino Nobile di Montepulciano, rivela che il 42% delle aziende produttrici sono nate o hanno cambiato il proprietario negli ultimi dieci anni, il che significa che nuovi investitori hanno individuato Montepulciano e il Vino Nobile come obiettivo dei propri interessi economici.
Proprietari provenienti da fuori regione (il 60%), ma anche da Montepulciano (il 25%), mentre il 15% degli investitori degli ultimi dieci anni ha passaporto straniero.
TUMULTO IN OLTREPO PAVESE
Una delle ultime operazioni, annunciata lo scorso 30 gennaio, che ha creato molto scalpore nel mercato fondiario vitivinicolo è l’acquisizione da parte delle Cantine siciliane Ermes (che contano oltre 13mila ettari tra Sicilia, Emilia-Romagna e Abruzzo) di Cantina Sociale di Canneto Pavese nella terra dell’Oltrepo Pavese, terzo polo produttivo di vini italiano per estensione, dopo il Chianti e l’astigiano.
Una terra di vini, ma anche una zona molto complessa dove si fa fatica a fare sistema tra vitivinicoltori e quindi creare valore per il vino nonostante le molte eccellenze presenti, primo fra tutto il Pinot Nero.
All’indomani della messa all’asta della Cantina sociale di Canneto, coinvolta in uno scandalo giudiziario per frode in commercio (inchiesta ‘Dioniso’) e l’accusa di associazione a delinquere per i vertici, la cantina – che ha un complesso immobiliare di circa 25mila mq e oltre 2mila soci conferitori -, è stata acquisita dal gruppo siciliano per circa 2 milioni di euro battendo l’altro colosso locale presente alla vendita, Terre d’Oltrepò (650 soci per circa cinquemila ettari, fatturato di 28,2 milioni al 2022). L’operazione si inserisce in un contesto di rilancio dei vini locali che, pur vantando eccellenze di tutto rispetto, attualmente sono venduti soprattutto sfusi con una predominanza di mercato della private label che arriva al 60%. Dacché le quotazioni dei vigneti oscillano trai 5mila euro fino ai 35-40mila per ettaro per quelli dedicati ai vini più pregiati prodotti che sono quelli del cosiddetto Metodo Classico.
Non a caso, negli ultimi mesi, l’areale sta attirando l’attenzioni degli investitori anche in relazione alle sue enormi potenzialità frenate dall’atomizzazione produttiva che da sempre caratterizza questo polo.
Una nuova attenzione che sta modificando radicalmente e velocemente il quadro del mercato fondiario della zona che ha sempre visto protagonisti delle vendite gli agricoltori diretti. Per fare altri esempi, nel corso del 2023, la Guido Berlucchi, griffe franciacortina guidata dalla famiglia Ziliani, ha acquisito dalla famiglia Brambilla, Vigne Olcru di Santa Maria La Versa che si estende su 8 ettari vitati, perlopiù a Pinot Nero, il resto a Chardonnay e Moscato Bianco.
L’operazione è stata perfezionata grazie al supporto di Colline e Oltre Spa, newco di Intesa Sanpaolo e Fondazione Banca del Monte di Lombardia, per realizzare interventi congiunti di rilancio e qualificazione del settore vitivinicolo ed enogastronomico e di valorizzazione del territorio dell’Oltrepò Pavese.
Gli stessi enti hanno supportato l’operazione di acquisizione (al momento della chiusura dell’articolo si parla solo di contratto preliminare) da parte del colosso veronese dell’Amarone, Masi Agricola, quotata in borsa, della società agricola Casa Re, 13 ettari in corpo unico a Montecalvo Versiggia in Valle Versa. Un altro grande gruppo veneto, della Valpolicella, recentemente sbarcato in Oltrepò Pavese è Tommasi che ha acquisito la Tenuta Caseo e prima ancora, si registra l’ingresso di Zonin 1821 e dei Fratelli Cordero i quali, nel 2022, dalle Langhe sono approdati a Santa Giulietta.
LE VENDITE IN ITALIA
Marchesi Antinori, una delle più antiche aziende vitivinicole familiari high Quality, a fine giugno ha acquisito il 100% di Stag’s Leap Wine Cellars, dopo 16 anni di partnership con l’azienda americana Ste. Michelle Wine Estates. Stag’s Leap Wine Cellars è considerata una delle aziende vinicole più importanti dell’area della Napa Valley, in California. Fondata nel 1970 da Warren Winiarski, la tenuta è oggi conosciuta in tutto il mondo soprattutto per la produzione di Cabernet Sauvignon di eccellenza.
Oltre all’acquisizione, è stata annunciata anche la nascita della prima società di distribuzione interna, la ‘Vinattieri 1385’, che permetterà ad Antonori di commercializzare in autonomia tutto il vino prodotto a marchio proprio. Un altro grande player operativo nel corso del 2023 è stato il Gruppo Schenk (fondato in Svizzera con 3.500 ettari di vigneti tra Svizzera, Francia, Italia e Spagna ed una rete commerciale di proprietà in Germania, Belgio e Regno Unito). Il gruppo, che registra un fatturato aggregato di 67 milioni di euro (+14% sullo stesso periodo 2022), ha chiuso nel corso dell’anno operazioni importanti come l’acquisizione di 37 ettari di vigna a conduzione biologia nel Salento per Tenute Masso Antico, limitrofi ai 70 già acquisiti nel 2021 per la tenuta in Puglia, e di 6 ettari destinati a vigna, ancora da piantare, a Montepulciano, in Toscana, in terra di Vino Nobile, per Lunadoro, che si aggiungono ai 12 di vigna già in possesso della tenuta poliziana (acquisita nel 2016) di cui 10 ettari a Sangiovese e 2 ettari a Merlot e Cabernet, su un totale di 45 ettari di terreni.
I VIGNETI PIÙ COSTOSI
Le più prestigiose denominazioni del vino italiano hanno i terreni agricoli più preziosi d’Italia.
Secondo il rapporto del Crea 2022, intitolato ‘Indagine sul mercato fondiario e degli affitti in Italia’, il primo del ranking è il Barolo, il cui valore oscilla tra 250.000 e 2 milioni di euro per ettari. Seguono i vini dell’Alto Adige, nella zona del Lago di Caldaro (tra 440.000 e 900.000 euro), e poi da quelli di Montalcino, terra del Brunello (dove si partirebbe da 250.000 euro per arrivare a 900.000). Seguiti, ormai a ruota, dai vigneti della Doc Bolgheri, che stanno in una forbice tra 240.000 e 750.000 euro. A completare il vertice della classifica anche i vigneti Docg di Valdobbiadene, culla del Prosecco, che vanno da 300.000 a 600.000 euro, poi i meleti della Val d’Adige, tra 350.000 e 500.000 euro ad ettaro, e ancora, i vigneti a nord di Trento, tra 220.000 e 500.000 euro ad ettaro, ed i vigneti Doc, ancora in Alto Adige, della Val Venosta e della Valle Isarco di Bressanone, tra i 300.000 ed i 500.000 euro ad ettaro, quota massima raggiunta anche dai terreni dedicati all’ortofloricoltura irrigua nella Piana di Albenga, in Liguria.
Tra i vigneti toscani che registrano il maggior valore per ettaro, c’è la Bolgheri Doc che è la più giovane delle denominazioni d’origine della regione con il valore a bottiglia più alto d’Italia. Il valore dell’ettaro vitato iscritto a Doc (oggi chiusa) è salito vertiginosamente negli ultimi cinque anni e, attualmente, arriva fino ad un milione di euro (per ettaro) raggiungendo i prezzi fondiari del Brunello di Montalcino.
Mentre sul Chianti Classico e sul Gallo nero toscano si viaggia sui 250mila euro, secondo in dati del rapporto Crea 2022 (con dati 2021). Quotazioni di massima interessanti, secondo il Crea, si registrano per la Docg della Colline di Asolo e Pedemontana, tra 250.000 e 350.000 euro ad ettaro, quelli Doc nella Collina Bresciana, tra 130.00 e 250.00 euro ad ettaro, mentre quelli del Chianti Classico vanno dai 90.000 a 210.000 euro in provincia di Firenze, e da 90.000 a 150.000 in quella di Siena, sempre secondo il Crea. Ancora, tra i vigneti più preziosi troviamo quelli Doc delle Colline Bergamasche (120-200.000 euro ad ettaro), quelli Doc a Chambave, in valle d’Aosta (100-150.000 euro ad ettaro), e ancora quelli di pianura del basso Piave (65-150.000 euro ad ettaro), e ancora quelli eroici di Pantelleria (110-140.000 euro ad ettaro), e quelli Doc dedicati al Valtellina Superiore, tra 80.000 e 130.000 euro ad ettaro, mentre quelli Doc del territorio del Collio, in Friuli, oscillano tra 45.000 e 120.000 euro ad ettaro. “Per la Pac, gli attesi cambiamenti degli importi degli aiuti diretti al reddito e l’introduzione di nuovi meccanismi premiali basati sulla sostenibilità (ecoschemi) non sembrano avere effetti significativi sul prezzo della terra – spiega Povellato -. Si segnala un cauto ottimismo per le aspettative riguardanti il futuro nonostante le incertezze del quadro economico internazionale, la revisione degli aiuti diretti al reddito, le misure previste dal Green Deal e gli eventi climatici estremi.
Continua a crescere, nel complesso, la domanda nel mercato degli affitti, trainata soprattutto dai seminativi irrigui nelle aree di pianura, mentre diminuisce lievemente per i vigneti di alto pregio. In crescita i canoni d’affitto, legati all’inflazione, nelle aree dove il mercato è stato particolarmente vivace, mentre in altri contesti il livello dei canoni è rimasto pressoché stabile”.
I FONDI DI INVESTIMENTO
L’attenzione del mondo finanziario al settore agricolo italiano, è crescente. Lo si evince dalla costituzione di fondi di investimento specifici che già, nel giro di un lustro, hanno chiuso operazioni importanti.
Il Fondo italiano d’investimento, società di gestione del risparmio (Sgr) nata su iniziativa del Ministero dell’economia e delle finanze, partecipata da Cdp Equity, Intesa Sanpaolo, UniCredit, Fondazione Enpam, Fondazione Enpaia, Abi-Associazione bancaria italiana, Banco BPM e BPER Banca – ha recentemente promosso il Fondo italiano Agri&Food che si propone di raccogliere 250 milioni da investire in 10-12 aziende per favorire l’aggregazione del settore agroalimentare italiano.
Nel 2018 DeA Capital – società del Gruppo De Agostini che si occupa di investimenti in private equity (attività di investimento istituzionale in capitale di rischio di aziende non quotate caratterizzate da un elevato potenziale di sviluppo) e nel settore dell’alternative asset management, quotata alla Borsa Idi Milano – ha promosso IDeA Agro, il primo fondo di private equity italiano dedicato a investimenti in aziende della filiera agricola, localizzate nel territorio italiano e che operano in modo ecosostenibile.
Hyle Capital Partner, Sgr che opera sul mercato italiano e promuove e gestisce Fia, Fondi di investimento alternativi, chiusi riservati, nel 2019 ha promosso il fondo Finance For Food One e, tra le operazioni chiuse figura Contri Spumanti per un valore di 106,9 milioni di euro.
“Gli investimenti in vino sono pianificati sul lungo termine, minimo 5 anni. Dieci sarebbe l’orizzonte temporale ottimale – precisa Noe mi Zurli, responsabile Italia di RareWine Invest, il maggior fornitore di vini da investimento della Scandinavia -. Prendere decisioni in base a momento storico non ha senso. Per gli investitori, la percentuale di vino italiano o in portafoglio che consigliamo varia dal 15 al 20%. Se il portafoglio è piccolo anche 30%”. Secondo il Forum Wine Monitor, solo nel 2021, le operazioni dei fondi di investimento nel settore vitivinicolo hanno avuto un valore complessivo di 8 miliardi di dollari con player provenienti dagli USA, dall’Australia, dalla Francia e dalla stessa Italia.
C’è chi investe sulla parte operativa e chi su cantine a elevata redditività, al di là della collocazione geografica e del valore del brand, specie tra gli investitori finanziari.
L’acquisizione di azienda risulta di gran lunga la formula più diffusa, sia per numero di operazioni sia per valori complessivi. Tra i vantaggi degli investimenti in vigneti c’è quello che il vino è un asset senza vincoli, che funge da copertura a bassa volatilità contro le perturbazioni di mercato in obbligazioni o azioni.
È anche un asset fisico che si comporta bene nel combattere l’inflazione.Il mondo degli investimenti in vino sta vivendo una serie di circostanze uniche nel 2023, offrendo opportunità interessanti sia per gli investitori esperti che per i neofiti. Secondo Mads Jensen, CEO del Gruppo RareWine invest: “Questo è il momento di considerare l’espansione del portafoglio di vini, piuttosto che vendere le proprie posizioni. Quest’anno, abbiamo assistito a un livello insolitamente basso di attività di trading nel mercato del vino. Periodi di calma sul mercato come questo tendono a riflettersi in prezzi leggermente più bassi. Un ambiente macroeconomico globale statico ha influenzato questa stagnazione.
La dimensione del declino nel 2023 ha raggiunto i limiti di quanto gli esperti normalmente si aspettano in un anno solare completo”. Jensen vede questa situazione come un’opportunità per i nuovi investitori di entrare stabilmente, senza acquistare ai massimi di mercato.
[Questo articolo è tratto dal numero di marzo-aprile 2024 de La Madia Travelfood. Puoi acquistare una copia digitale nello sfoglia online oppure sottoscrivere un abbonamento per ricevere ogni due mesi la rivista cartacea]