Anche in questo, Gualtiero Marchesi è stato un pioniere: nessuno prima di lui si era posto il problema di “codificare” la cucina italiana.
La Francia, si notava, aveva un ulteriore vantaggio: che una personalità cosmico storica come Escoffier, a inizio Novecento, avesse fissato i parametri delle sue preparazioni identitarie, senza per questo imbrigliarne l’evoluzione (o forse sì?).
Sta di fatto che da allora nel cuore di tanti gourmet ha albergato un rassegnato messianismo: l’attesa che la personalità giusta sistemasse anche questa pendenza, mettendoci in pari.
“Si tratta di un tema primario”, commenta lo storico Alberto Capatti. “Recentemente lo stesso Petrini mi ha chiesto di codificare attraverso una serie di pensieri una cucina del futuro, in cui il termine ‘italiano’ abbia un carattere poliglotta.
Le ricette sono pensieri e operazioni infinitamente variabili per ingredientistica e fonti di calore, quindi sono elementi identificatori che però si moltiplicano.
La linea va dal surgelato alla preparazione più nuova. Da questo punto di vista il nostro mondo attraversa tutte le visioni di un piatto.
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