Andare a cena a “La Chiocciola” dopo un temporale è qualcosa di impagabile.
Seppur affiancato da moderni edifici, il ristorante, o meglio la locanda, – termine che più si addice a un luogo pensato come ritrovo per forestieri in cerca di ristoro – si trova in un piccolo ecosistema naturale e culturale, una terra strappata alle paludi, solcata da canali e costeggiata da canneti, dove si incontrano acque dolci e salate. Un luogo in cui, dopo la pioggia, spuntano poco alla volta frotte di chiocciole.
Siamo sulla strada che da Ferrara porta a Ravenna, poco prima delle Valli di Comacchio e del delta del Po, esattamente a Quartiere di Portomaggiore, dove, nelle cucine della Chiocciola, lo chef Athos Adalberto Migliari prepara sublimi e raffinate lumache, prelibate rane e intriganti anguille, portando avanti una tradizione lunga tre generazioni.
Dopo aver lavorato con Vissani, al fianco di Riccardo Agostini de “Il Piastrino” (Pennabilli), ha ereditato la passione, oltre che per la cucina, per Tonino Guerra e per Fellini.
Ma prima di entrare nel merito di scelte e passioni, occorre introdurre Ido, padre di Athos. Definirlo uomo di sala e sommelier sarebbe riduttivo: con i suoi settantotto anni di vita, Ido va incontro agli ospiti con l’attenzione e la cura che solo un oste di altri tempi può avere.
Appena Ido rivolge la parola al cliente si percepiscono il piacere sincero dell’accoglienza e il desiderio di servire aneddoti, accompagnati da pietanze e vini deliziosi.
Mentre Ido introduce ogni piatto, racconta non solo come il figlio lo ha realizzato, ma anche da dove viene l’idea o l’origine dello stesso.
Il menu degustazione o meglio, come dice la carta, “quello che mangerei io (Athos)” è come una traversata su una zattera lungo il delta del Po, con una piccola digressione su un bateau mouche parigino.
Dopo aver preso posto in uno dei tavoli di una sala che è accogliente come potrebbe esserlo il salotto di una bella dimora di una famiglia abituata ad avere ospiti per casa, la cena inizia con una terrina di anguilla accompagnata da un pesto di olive taggiasche e capperi. In questo piatto la tipica grassezza dell’anguilla scompare, mentre il pesto conferisce un tocco di vivacità alla composizione. Segue la seppia “sporca” grigliata servita con una spuma di patate affumicate: la “sporcizia” non è dovuta, ovviamente, alla noncuranza dello chef, ma ad una scelta ben precisa grazie alla quale la sapidità dell’inchiostro si sposa con la nota di affumicato del tubero, mentre la croccantezza finisce dove inizia la morbidezza del bianco mollusco.
Sostenendo che “non si smette mai di imparare”, Ido porta in tavola le lumache alla Borgogna: ci racconta che all’epoca della prima trattoria che gestiva con la fedele compagna di avventura, nonché moglie, Franca (importante e instancabile attrice in cucina, al fianco del figlio) non era consuetudine mangiare le lumache, pur essendo queste molto presenti nel territorio. Nel loro viaggio di nozze a Parigi, Ido e Franca scoprirono quanto invece fossero apprezzate dai cugini francesi e decisero di provare a portarle nei piatti dei loro compaesani. Ci vollero tanta tenacia e diversi anni perché iniziassero ad essere realmente apprezzate.
Anche uno dei piatti clou del ristorante, il risotto con le rane, custodisce un ricordo che unisce il presente al passato: la ricetta affonda le radici nella tradizione dei Migliari, come rivela quella punta di passata di pomodoro che regala un colorito roseo a questo equilibratissimo e delicato piatto.
Poiché siamo a pochi chilometri da Ferrara non potevano non fare la loro comparsa i tortelli di zucca, al centro di una annosa diatriba tra la città estense e Mantova: qui vengono serviti semplicemente con ragù e parmigiano ed è nella loro semplicità che emerge la maestria di Athos.
Sua maestà l’anguilla torna in tavola a rimettere in discussione la sua nomea di cibo “pesante”: cotta sottovuoto a bassa temperatura, resta traccia della sua complicata digeribilità; accompagnata da un’insalata di radicchi al limone e da polenta bianca, assume una delicatezza e una freschezza sorprendenti.
Il percorso non è ancora finito, perché ecco comparire un maialino da latte cotto al BBQ che, assieme alla cipolla rossa agrodolce che lo affianca, si scioglie in bocca in un rotondo abbraccio.
Per concludere Athos propone un cremoso di fragola, con salsa di albicocca, composta di limoni e deliziose piccole meringhe.
E a questo punto, colpo di scena. Il temporale da poco finito ha causato danni ai fili della luce e perché possano essere riparati dobbiamo passare una mezz’ora al buio. Cogliamo l’occasione per metterci fuori: l’assenza di luci ci riporta al passato e ritroviamo un tempo dilatato, lontano dalla velocità del mondo ipertecnologico di oggi. Solo quando ritorna la luce ci rendiamo conto di essere completamente circondati dal lento avanzare di tantissime chiocciole, testimoni di come il ristorante porti quel nome con grande coerenza: come l’omonimo mollusco ha il dono della lentezza che non significa far aspettare il cliente, ma piuttosto ricordargli il valore del tempo, l’importanza di assaporare ogni istante, senza fretta.
In comune hanno anche una spiccata sensualità: le chiocciole sono esseri ermafroditi, possiedono sia gli organi riproduttivi maschili che femminili, senza però essere nè maschi nè femmine. Si accoppiano svariate volte al giorno con partner differenti e dopo ore di corteggiamenti sinuosi. Allo stesso modo i piatti dello chef corteggiano i sensi dei commensali con la loro seducente semplicità.
Infine, come le chiocciole, Athos nel suo viaggio di crescita e sperimentazione, si porta sempre con sé la sua “casa”, la sua famiglia, dalla moglie Arianna all’instancabile mamma Franca, la prima ad entrare e l’ultima a uscire dalla cucina, e infine dalla new entry Angelica Lodi (foto a lato), una giovane, esplosiva e dinamica promessa della ristorazione.
LA CHIOCCIOLA
LOCANDA & TRATTORIA
Via Quartiere – Runco, 94/F
44019 Quartiere di Portomaggiore (FE)
Tel. 0532 329151
www.locandalachiocciola.it
adalberto@locandalachiocciola.it