Memoria e Temperamento di una donna chef.
La cucina
La poesia è fatta di riscoperte ben più che di invenzioni, ha scritto Jorge Luis Borges. Folgorata dal “Cuoco Maceratese” di Antonio Nebbia (“un libro dal quale mi sono sentita scelta, che ho letto tante volte e al quale non smetterò mai di ritornare”), Rosaria Morganti ha deciso di fare ripartire il suo futuro dal passato. Lo testimoniano i princisgrassi, sempre presenti in carta ed eseguiti a ricetta invariata, ma anche la crema di paganelli, umile pesce in disuso che sprigiona la scintilla del brodetto alla civitanovese.
“Mi piace cucinare tutto ciò che può contribuire a un piatto pieno di sapore, evitando le preparazioni ‘piatte’, senza picchi gustativi; non amo invece le ricette universali, quelle uguali da nord a sud, come la lombatina di agnello. Per questo cerco di valorizzare i prodotti del territorio dimenticati, i pesci umili, le erbe di campo e certi frutti. Sono soddisfatta quando riesco a ripresentare l’anima di questo pezzo di Marche, spero con un po’ di tecnica e qualche fusione di elementi attuali. Ma parto sempre da ciò che ricordo, da quel che mi piaceva mangiare da piccola”.
Premesse impegnative per una cucina che non può fare a meno di battere il territorio alla ricerca delle materie prime più autentiche. Nel campo delle carni la predilezione va a bovini di razza marchigiana, maiali, capretti, oche e animali da cortile dell’azienda biologica Doriano Scibè, allevati allo stato semibrado.
Per quanto riguarda il pesce, Rosaria continua invece la sua battaglia con i grandi grossisti, affinché quello migliore non parta immediatamente per il mercato di Milano, e anche per salvare dalla pattumiera le varietà più umili, come i succitati buatti.
Gran parte delle verdure proviene dall’orto dietro al ristorante, ancora coltivato dai genitori della cuoca. Fornisce una cornucopia di finocchi, erbette aromatiche e di campo, pomodori, zucchine in fiore, cardi, patate e carote: “D’estate è bellissimo: una delle emozioni più forti è entrarvi nella fissità della calura e sentire questa miriade di profumi. Ogni tanto mio padre però mi sgrida: Ma i fiori di zucca te li sei dimenticati?”. Una garanzia tangibile di stagionalità.
Il fabbisogno di olio è parzialmente coperto da una piccola produzione familiare da cultivar frantoio e raggia: un extravergine di temperamento usato tanto a crudo che in cottura; ma per i piatti più delicati è disponibile una selezione da coroncina maceratese.
Ci sono poi gli oli aromatici, di sesamo, zucca (a completamento delle zuppe o dei piatti di zucca) e pistacchio (per il pesce e a volte anche il cioccolato). Segnalato nel menu l’uso di olio di semi di girasole da estrazione a freddo, il cui gusto neutro non copre il sapore del pesce in cottura. Di grassi animali invece neanche l’ombra, a parte il lardo e il burro in pasticceria. L’uso di salumi è limitato; provengono da Passamonti o da Scibè, che stagiona le sue carni all’antica, passando dall’affumicatura al solaio, “quindi il gusto c’è tutto”. Il loro servizio mira e reinventare l’antipasto attraverso l’accostamento di nuovi elementi. Alcune preparazioni di maiale sono fatte in casa, vedi l’insalata di coppa, la pancetta sull’insalata o il cotechino di mamma Ida. Manca il carrello dei formaggi, che sono comunque ben rappresentati, soprattutto grazie al pecorino e alla ricotta super di Marino Marchesi, pastore bohémien che è fuggito dalla città per allevare agnelli sui monti Sibillini. Portati spesso a maturazione ai Due Cigni, i suoi prodotti danno a Rosaria la certezza di un gusto pieno e affidabile.
Per accompagnarli nel cestino sono riposti cinque tipi di pane, fatti in casa e proposti a rotazione; fra di essi la focaccia integrale ruvida con la crusca, l’olio di oliva e le noci della casa; il pane semintegrale con finocchio e zafferano; quello bianco alla zucca; i grissini con il sesamo e la carta da musica.
Il locale
L’edificio ampio e moderno che ospita il ristorante si affaccia sulla via che conduce all’Abbazia di Santa Maria a Pié di Chienti, laddove Motecosaro Scalo comincia a sfumare nella periferia di Civitanova. Chiaro e spazioso, l’interno è segmentato da pannelli con gigantografie dei piatti della casa. Suddividono un ambiente unico, idoneo a banchetti numerosi: i coperti potenziali sono 200, quota che scende nella quotidianità a 40. Sui tavoli, rivestiti da tovagliati in lino e cotone delle Fiandre, con la trama grossa e nuance fra l’avorio e il crema, i clienti trovano piatti Richard Ginori semplici e bianchi, bicchieri Riedel e posateria Calderoni. All’esterno si può usufruire di un vasto parcheggio.
La cantina
Rosaria è una nota e affermata sommelier, ma ha trovato nel collega Silver Frati un complice nel quale ripone totale fiducia. La loro carta dei vini conta 1200 etichette, con una particolare predilezione per i vitigni autoctoni, le Marche (che coprono il 25% del totale, con una notevole profondità di annate), il Piemonte, la Toscana e in generale i grandi rossi. Silver ha lavorato in Australia, terra che ha lasciato non pochi souvenir in carta; ben rappresentati anche i biodinamici delle Triple A. Alle mezze bottiglie si preferisce il servizio al calice; più che onesti i ricarichi. Per il dessert e il dopocena si può scegliere fra vini naturali passiti, Tokaj ungherese, Recioto Dal Forno e una trentina di distillati al carrello, fra Cognac, Armagnac, Calvados e Rhum di diverse provenienze. Le bottiglie sono ospitate in un piccolo locale climatizzato o nella cantina del giorno, con la selezione di Silver. Non c’è carta delle acque, ma le bottiglie proposte a rotazione sono una decina. I beniamini del momento? Roccolo Grassi per la serietà e la professionalità; Collestefano per la sorprendente evoluzione del Verdicchio di Matelica.
Materiali usati in cucina
“Non smetterò mai di cercare di migliorarmi tecnicamente” dice Rosaria, che ha voluto rifornire le sue cucine di molti utensili di ultima generazione. Usatissimo il Pacojet, che entra in campo per gelati dolci e salati, creme e mousse (a seconda della stagione pomodoro e macis, olive, ciauscolo, pecorino…), mentre la cottura sottovuoto a bassa temperatura si svolge nel forno Rational a vapore/convezione. Texturas sì o no? “Sono aspetti della cucina contemporanea con cui voglio avere un rapporto di conoscenza”, spiega Rosaria. “Per esempio a volte posso usare la gomma xanthana, come addensante a freddo che non altera il prodotto. Ma nelle nostre abitudini c’era già tutto, anche se forse i fenomeni non erano conosciuti. Ecco, direi che mi piace conoscere le novità per capire meglio ciò che già facevamo”.
Brigata di cucina
Insostituibile spalla di Rosaria è il cugino Sandro Morganti, socio del ristorante diplomato all’istituto alberghiero.
Lavorano insieme sin dagli esordi, condividendo conoscenze, gioie e fatiche quotidiane.
La brigata è completata da Patricia, una giovane cuoca incaricata di pane e pasticceria, ed Emanuele, che cura con Rosaria antipasti e primi. Sandro ha il monopolio dei secondi, mentre Ida, l’energetica mamma di Rosaria, si incarica ogni giorno della pasta fresca (il cui catalogo comprende gnocchi, spaghetti di patate, taglierini con la farina integrale, lasagnette farcite di elementi aromatici e verdure…), dei grandi classici come la galantina e della selezione delle verdure. I nuovi piatti nascondono spesso lo zampino di Silver Frati, le cui esperienze altolocate portano suggerimenti utili anche per l’abbinamento.
Brigata di sala
Il maître è Silver Frati, sommelier e interlocutore privilegiato di Rosaria nel rinnovo della carta.
Nativo di Rimini, si è formato nel prestigioso ristorante londinese del Berkeley Hotel, cui deve il suo inappuntabile stile internazionale, attento ma non invasivo, sempre elegante e puntuale. Affiancato da un aiuto in sala (dove talvolta viene raggiunto dalla stessa Rosaria), indossa una divisa di colore grigio scuro, più formale alla sera.
Il ristorante
Alle spalle di una grande donna spesso ce n’è un’altra (o forse due); in questo caso si tratta di mamma Ida e nonna Assunta, esperte cuciniere contadine di feste e case nobiliari, che ricordano da vicino l’epopea della Madri di Lione. “Da piccola non ho potuto studiare, anche se mi sarebbe piaciuto, perché sono nata ai tempi della guerra; poi ho avuto sempre ben chiaro che nella vita volevo combinare qualcosa. Ho iniziato a fare piccoli banchetti e piano piano ho messo da parte l’occorrente per 3-400 persone, posate, fornelloni, pentole eccetera. Avevo imparato da mia mamma Assunta, girando con lei a cucinare; ma ancora adesso do una mano a Rosaria quando occorre”, racconta Ida. È stata lei la prima e unica maestra di una cuoca praticamente autodidatta, che all’alberghiero ha preferito il liceo classico e la facoltà di medicina. “Ho convertito l’azienda banchettistica di mia madre in ristorante per dare un’evoluzione alla strada già compiuta”, racconta Rosaria. “Alcuni personaggi, fra cui Sergio Mei e Bruno Loubet, mi hanno fatto credere nelle mie possibilità e ho iniziato a ricercare, perché qualche idea molecolare ce l’abbiamo tutti quanti. Personalmente voglio che un piatto stupisca, nel rifacimento o nella tecnica, ma in bocca non può mai mancare il suo sapore. In questo senso mi sento interprete di una cucina al femminile: perché una donna ha un senso di responsabilità diverso verso le proprie radici”.
In carta vale la regola del 4: 4 proposte di carne, 4 proposte di pesce e un’alternativa vegetariana in tutte le portate (ma d’estate il mare soffia un’opzione alla terra). Per i più curiosi ci sono le degustazioni di antipasti (5 tipi a 30 euro) e carni (25 euro).
Oltre agli intramontabili princisgrassi, “un piatto universale che piace a polacchi, napoletani e piemontesi” (22 euro), sono da provare la triglietta scottata in salamandra con semi di zucca, erbe aromatiche, aspretto di melagrana e zucca gialla arrostita, il cui leggero agrodolce è riequilibrato dal gusto intenso del pesce (11 euro); l’insalata di mazzancolle spadellate con cavolfiore all’olio di sesamo, scalogni confit e salsa di pistacchi emulsionata, un tocco di freschezza in libertà (12 euro); i saccottini ripieni di lenticchie con crema di ricotta salata e tartufo (12 euro); il capretto di Scibè in 3 diverse cotture, fritto con i finocchi, al forno con il pecorino e i cardi, come spiedino alla griglia (22 euro).
I dessert sono preannunciati da una crema di ricotta montata allo sciroppo d’acero con mele cotogne cotte nel miele di coriandolo e spezie, felice esempio di “quelle piccole cose che consentono di rielaborare il territorio”.
A seguire 6 proposte calde o fredde, con la presenza di classici o di specialità della casa, al momento la cassata semifreddo (8 euro). Rosaria ha un debole per il cioccolato, ma ama valorizzare anche la frutta dimenticata, spesso proveniente dagli alberi di famiglia; ad esempio le mele dei monti Sibillini, le visciole, le mele cotogne, i cachi e le nespole, che fa maturare nel solaio finché non si riducono da sole in marmellata.
I Due Cigni
Via S.S. Annunziata 19
Montecosaro Scalo (MC)
Tel. 0733/865182
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