Natura, ironia: grande cucina
Fra le novità più belle del panorama ristorativo italiano ci sono di sicuro le Case, indirizzo che da tempo passa di bocca in bocca fra i gourmet. Un progetto sperimentale senza paragoni per le sue capacità di sinergia, si direbbe quasi polifonico nel virtuosismo degli accordi. Le voci sono tante, ciascuna con il proprio registro: Elvia, la fondatrice, pasionaria delle erbe e druida di magiche pozioni; la figlia Francesca, genius loci dell’Enoteca, dolce e agile come un soprano leggero; Michele, lo chef dall’acuto tenorile, creativo e coscienzioso; e per finire Marcello, il marito agronomo di Elvia, basso continuo e puntello tecnico dell’operazione. Non poteva essere altrimenti in una “country house” che aspira a porsi come microcosmo autarchico, forte di attività eclettiche e ben coordinate. Inaugurata nel 1993 come semplice agriturismo, sull’onda della passione per la cucina di Elvia, non ha mai smesso di crescere, riorientando ogni centimetro in direzione di un benessere bucolico a 360 gradi. Ecco quindi l’albergo nel 2000, e soprattutto l’Enoteca, il ristorante gourmand aperto nel 2005 e subito premiato dalla stella Michelin; e ancora i miniappartamenti, la piscina con i corsi di acquagym e la spa. Sullo sfondo, importantissimo, il parco, vero polmone del complesso. Venti ettari fra orti, uliveti, giardini per le erbe aromatiche, allevamenti di maiali, cinghiali, vitelli, pecore, conigli, capponi, asini e capre; c’è anche un lago per la pesca sportiva, popolato di gamberi di fiume e storioni. Il tutto con la certificazione biologica. La produzione copre quasi interamente il fabbisogno di Ristorante ed Enoteca, con l’eccezione di una parte della banchettistica e ovviamente del pesce di mare; in caso di bisogno ci si rivolge ai contadini della zona, privilegiando chi pratica la lotta integrata.
In produzione anche formaggi e salumi, prosciutti, lonze, salami, salsicce e ciauscoli, stagionati in un locale delle Case. Ad occuparsene è il sous chef Giacomo Messi, che dice: “Ho imparato a casa mia, a Villa Potenza. Faccio salumi marchigiani, secondo gli insegnamenti dei miei genitori”.
Ma i prodotti e la passione non bastano per fare una cucina d’eccellenza: alle Case abitano anche la tecnica, lo stile e la fantasia di un ottimo chef. Nei piatti ha deciso di portare natura e lirismo, come era giusto che fosse, ma anche gioco, spirito libero e ironia, per scongiurare il nostalgismo. Lo dimostrano gli spaghetti al gusto di pop corn (conditi con farina di mais tostato), irresistibile boutade postmoderna che non concede nulla in fatto di prodotti e di sapore, o la squisita frittatina al tarassaco con gelato e salsa di penne all’arrabbiata, spiazzante parodia di un pasto tipico italiano; sul versante bucolico l’umbratile insalatina di erbe selvatiche ai frutti di bosco e l’orto nel piatto, base neutra di cannellini e zucchine che guida l’ospite nella degustazione, quasi un trampolino di lancio per i minuscoli frammenti delle erbe. Dietro le quinte ogni reparto ha il suo forno, il suo piano di cottura, il suo pass, le sue zone di conservazione. Tante piccole cucine autonome, con salamandra ai primi, griglia ai secondi e induzione dappertutto. Importantissimo il pane: il lievito madre ha 6 anni ed è in allestimento il forno a legna. Nel cestino anche la pizza ai pomodorini della casa, una minuta e fragrante varietà autoctona, e un’irresistibile torta alle erbe strascinate. Raccoltissimi e consonanti gli ambienti: due salette rosso pompeiano firmate dal gusto e dalla grazia di Francesca. La cantina che ha allestito conta 1200 etichette, più una bella selezione di rhum, whisky, grappe e Armagnac. Il prezzo del menù degustazione è di 85 euro. Lo chef Michele Biagiola dirige una brigata composta di 10 elementi. Nativo di Morrovalle, a 15 km dal ristorante, è arrivato alle Case nel 2000, appena ventisettenne; oggi cura l’Enoteca, il Ristorante, il servizio nelle camere e la banchettistica: “Dopo l’alberghiero ho fatto vari stages in Francia, anche da Marc Veyrat a Megève, una cucina incentrata sulle erbe come la mia, ma non espressa. In Italia sono stato da Leemann e da Cammerucci: Leemann è una persona che mi è rimasta dentro, ha una concettualità ben definita, anche se a Milano le materie prime sono quelle che sono. Qui per fortuna abbiamo un orto e in cucina sperimentiamo i nostri prodotti; vediamo crescere le erbe spontanee e le raccogliamo quando vogliamo. Abbiamo di tutto, ortaggi, latticini, carni, salumi…
Con i contadini mi faccio sentire, eccome, adesso per esempio sto organizzando la semina. Scelgo io le varietà da piantare, perché se coltivassero cose che non mi interessano, inevitabilmente non saprei cosa farmene. La nostra cucina parte sempre dall’orto: cerchiamo di concretizzare l’idea del piatto confrontandoci con i produttori, in modo che la tracciabilità sia ben definita. Anche nelle fasi di trasformazione cerchiamo di rispettare al massimo la materia prima, in modo che si esalti da sola.
A volte la tecnica migliore è non intervenire, ma spesso è anche la più difficile”.
Elvia, la fondatrice, con la sua passione per le erbe ha anticipato la pandemia che ha contagiato l’alta cucina. Ma qui alle Case le fines herbes non arrivano incellofanate dall’Olanda: “Una volta da queste parti si diceva che ‘l’insalata non è buona se non c’è la campagnola e l’insalata non è bella se non c’è la pimpinella’. Lo ripeteva spesso mia nonna, poi c’era una signora del paese che usciva tutti i giorni e tornava con un fazzoletto di stoffa pieno di foglie, e io ero affascinata.
Quando ero incinta di Francesca il dottore mi consigliò di passeggiare in campagna, perché avevo il colesterolo molto alto. Camminando vedevo tutte queste pianticelle, ma pur essendo la moglie di un agronomo non conoscevo neppure i loro nomi. Allora ho comprato un libro e mentre camminavo studiavo. Così ho contratto questa malattia delle erbe, da cui non sono più guarita. Ancora oggi le raccolgo personalmente in zone lontane dal traffico, talvolta con le radici per poterle ripiantare in giardino, come ho fatto con l’origano siciliano e lo spinacio selvatico. Al menu che presentiamo in Enoteca alleghiamo un libricino con la denominazione botanica, il nome volgare e il relativo disegnino, così la gente può familiarizzare.
Ma ogni erba rappresenta un terroir, come accade con il vino: il gusto cambia con la latitudine, la composizione del terreno e il microclima”.
Francesca è il vero genius loci dell’Enoteca, così discreta che la competenza e la tempra per un attimo rischiano di passare in secondo piano. “Sono arrivata alle Case nel ’99, appena finite le superiori. Volevo fare l’università, ma la passione per la ristorazione ha prevalso. A quei tempi nel Ristorante si faceva un mix di cucine senza un target preciso, che non appagava né il cliente gourmet né il pubblico dei nostalgici; per questo nel 2005 abbiamo fondato L’Enoteca, il cui contesto intimo può soddisfare anche i clienti più esigenti, che di certo non capitano per caso.
Ho guidato personalmente l’allestimento del locale, avvalendomi dei consigli di alcuni amici. Volevo creare un mix fra antico e moderno, come la nostra cucina, qualcosa di famigliare che non fosse mai banale. Oggi mi occupo della cantina con due sommelier, Michele e Matteo: abbiamo scelto prodotti biologici e non, triple A ma soprattutto vini non omologati, che manifestino un preciso terroir, come i nostri piatti. Penso al Trebbiano di Valentini o ai grandi pinot neri francesi. Sono anche direttrice di sala: il servizio è professionale, ma cerco sempre di instaurare un’atmosfera famigliare. Ogni cliente va trattato in modo diverso, secondo l’empatia del momento: è un lavoro bellissimo perché è al riparo da ogni rischio di ripetizione”.
Marcello Giosuè infine è il marito agronomo di Elvia. “Dirigevo personalmente l’azienda agricola delle Case prima che la acquistassimo, ristrutturandola completamente. Con la struttura abbiamo rilevato 21 ettari, mantenendo l’orto, gli allevamenti allo stato brado e il lago con l’acqua di falda.
Stiamo anche perfezionando il nostro olio da cultivar marchigiane e forse nel prossimo futuro allestiremo una fattoria didattica con gli animali, in collaborazione con le scuole”.
Le Case
Località Mozzavinci, 16-17 • Macerata
Tel. 0733/231897
ristorantelecase@tin.it