Di Daniele Briani
A qualche chilometro da Bolzano nella frazione di San Michele Appiano, in una vecchia costruzione che fin dal XII secolo era adibita a osteria con vendita di vino, la prima stella Michelin dell’Alto Adige continua imperterrita da ventinove anni a proporre i profumi e i sapori che la sua mamma per prima gli insegnò a combinare armoniosamente in un piatto.
Herbert Hintner, per sua stessa ammissione, afferma che un virus lo colpì bambino, facendolo ammalare di questo strano morbo che gli impone una ricerca costante dell’appagamento del gusto. Tra forni e fornelli, pentole e tegami, mischiando il bianco asettico delle piastrelle e il lucido inossidabile della cucina con un arcobaleno di cibi, verdure e spezie, ogni giorno Herbert vince la sua sana malattia allietando il palato dei suoi ospiti. Cinquanta posti a sedere suddivisi in due sale, tra cui dodici nella bellissima stube, che diventano poi sessanta quando in primavera apre il dehors, sono il massimo che la cucina rigorosamente espressa del zur Rose è disposta a servire.
Il passaggio epocale da trattoria degli anni sessanta, condotta dal suocero, a quello di ristorante gourmet è durato circa dieci anni, e nel 1995 è stato sancito dall’arrivo della stella Michelin. Piatti stagionali e territorialità sono i fondamenti della sua formazione gastronomica, ma deviazioni extra, “vaganti”, sono il vezzo di un artista profondo conoscitore dell’ampia varietà culinaria che offre il Bel Paese. Per questo non è strano trovare nel menù, a fianco dell’onnipresente variazione di testina di vitello con gelato alla senape i meno usuali spaghetti alla chitarra con erbe estive o la variante con gamberi e vongole. D’inverno predominano toni e sfumature legate al territorio ed ecco che dei ravioli di farina di pera secca ripieni di formaggio grigio e burro alle noci o una millefoglie di carne salmistrata con vinaigrette al cumino piuttosto che dei fagottini cotti e fritti ripieni di formaggio grigio e gli aromi di stagione bene interpretano la stagione fredda. La carta dei vini, di cui si occupa con competenza la moglie Margot, offre 600 etichette di cui una trentina al calice. Una lista vini sicuramente internazionale, con una massiccia presenza di vini dell’Alto Adige a cui ben si contrappone la forte presenza di prodotti francesi, in particolar modo della Borgogna al cui terroire Margot è particolarmente affezionata.
Secondo te qual è la missione della cucina gourmet nel terzo millennio?
Semplice, mangiare le fragole quando indossiamo i pantaloni corti e non quando indossiamo il cappotto! Se oggi chiedi a un giovane il tipo di stagionalità della frutta, probabilmente ti racconterà di quando c’è il taglio/prezzo al centro commerciale, oppure ti dirà che le arance maturano tutto l’anno perché le spremute te le propinano senza soluzione di continuità. Questo è il potere della globalizzazione: avere tutto in qualsiasi momento e a portata di mano.
Quindi la cucina come valore educativo?
Non solo, anche ecologico e sociale. Oggi il problema mondiale è l’energia: la ricerca e l’utilizzo di fonti rinnovabili e pulite. Tra un decennio la nostra emergenza sarà il cibo perché l’agricoltura intensiva e massificata porterà a un impoverimento dei terreni sempre più sfruttati attraverso l’utilizzo dei concimi chimici, che alla fine provocano un inquinamento delle falde. Acquistare al giusto prezzo le derrate alimentari dal piccolo produttore vicino a casa o da chi produce e alleva in modo rispettoso dell’ambiente porterà ad avere materie prime di assoluta qualità e una circolazione economica più bilanciata verso le fasce produttive che reinvestiranno nella loro area economica.
Questo è quello che insegni alla tua brigata di cucina tutti i giorni?
Questo e altro ancora, perché secondo me cucinare ha una forte valenza sociale, ma significa anche saper mettere assieme degli ingredienti, saper amalgamare nelle giuste proporzioni ciò che conosci e condire tutto con un bel sorriso: un cuoco triste prepara solo piatti tristi. E poi insegno a cucinare, perché con mio sommo dispiacere vedo che molte volte si ha la tendenza a finire le cotture, mentre è fondamentale avere una brigata ampia in modo da preparare solo piatti espressi che diano al cliente gusti freschi, vivi e non stanchi.
Una brigata ampia dunque. Quanti siete in cucina e come scopri il vero talento tra i tuoi allievi?
Siamo da sei a otto persone e il talento è solo una componente di uno chef brillante. Il resto è duro lavoro, che serve affinché questo talento emerga e si esprima fluendo ritmicamente così come tutto in natura fluisce spontaneamente: la creatività non è mai sforzata. Potrebbe sembrare una visione romantica, quasi zen, di questa professione, invece è semplicemente ciò che mi ha permesso di realizzarmi professionalmente da quando per la prima volta a nove anni decisi di diventare chef. E finché cucinare mi farà sorridere, allora continuerò a farlo.
Ristorante zur Rose
Via Josef Innerhofer, 2 – 39057 San Michele – Appiano (BZ)
Tel. 0471.662249 – Fax 0471.662485 – www.zur-rose.com – info@zur-rose.com