Svoltarono in un’altra stradina, Via Goito, e Luigi indicò un punto più avanti. “Eccoci – disse poi fermandosi davanti all’entrata del Ristorante Franco Rossi – non ci sono mai stato, ma dicono che si mangi molto bene”.
Così il Broker di John Grisham entra per la prima volta da Franco Rossi durante la sua permanenza a Bologna. Ma, oltre al personaggio del romanzo, sarà soprattutto l’autore a fare del ristorante la sua base operativa e il suo rifugio.
E’ un locale che sa essere discreto, Franco Rossi, capace di accogliere volti molto noti al grande pubblico senza generare nessun tipo di ressa o confusione in sala o nella stretta stradina del centro storico a due passi da Piazza Maggiore.
Franco, dopo una lunga formazione internazionale, se ne innamorò nel ’75 e trasformò la vecchia Trattoria Borsa (la Sala Borsa era proprio qui vicina) nel nuovo ristorante a cui diede il suo nome.
Lino arrivò tre anni dopo, appena finita la scuola alberghiera: un peso massimo di lotta grecoromana in odore di olimpiadi che scelse invece la cucina di quello che era già diventato il ristorante di famiglia. “Senza una famiglia alle spalle non si può fare il ristoratore – mi dice convinto Franco – per me è stata determinante”.
Giuseppe Pirpignani lavora qui da quindici anni e nel 2004 è entrato in società con i fratelli Rossi.
La cucina del ristorante è decisamente internazionale, tanto è vero che sono ancora in molti a ricordarsi della prima paella valenciana proposta agli inizi degli anni Ottanta in una Bologna a quel tempo molto più permeabile alle novità culturali che a quelle gastronomiche. Ma anche il rispetto per la tradizione è rigoroso nella cucina di Lino: qui le lasagne si fanno tuttora con cinque strati di pasta dallo spessore canonico e con un rapporto di cinque parti di ragù alla bolognese per ogni parte di besciamella.
Alla disciplina della cucina si contrappone l’internazionalità sempre mutevole della sala in cui Franco si muove in un eterno e piacevole gramelot tra lingue e personaggi diversi ogni sera che arrivano in città proprio per venire a cena qui.
Ancora più gradevole è sempre il dopo cena, mentre le luci si abbassano e aleggia ovunque un’aria di complicità in cui le storie si intrecciano e le persone si confrontano in piacevoli discussioni tra i massimi sistemi e la cucina bolognese.