“Anche le attività di servizio degli alberghi dal lusso più raffinato possono risultare standardizzati, se vincolati a parametri troppo uniformi.
L’unico sistema per distinguersi tra tutti gli altri è cercare quindi di offrire qualcosa che esca dagli schemi e possa generare l’emozione. Io contribuisco a farlo attraverso i miei piatti di grandi prodotti del territorio”.
L’acuta e condivisibile osservazione viene da Christoph Bob, quarantatreenne chef del ristorante Il Refettorio interno al Monastero Santa Rosa, la spettacolare struttura a picco sul mare della costiera Amalfitana, a Conca dei Marini che, al di là della classificazione tra gli hotel cinque stelle lusso, rifiuta qualsiasi ulteriore omologazione. La sua unicità è infatti palese: imparagonabili la sua solitaria nidificazione sulla roccia protesa tra cielo e mare, la storia antica tracciata in un territorio dal fascino struggente e la sua nuova vita che quella storia ha saputo recuperare e valorizzare con rispetto e attenzione.
Oggi un certo tipo di clientela che ha tutto e può permettersi tutto, o quasi, può essere sorpresa soltanto da una proposta di esclusività non ripetibile: basta riuscire a stimolare sensazioni riconducibili alla sfera delle sensibilità individuali.
In un contesto già di per sé sovraccarico di esagerata bellezza, gli effetti speciali non sono certo necessari, anzi risulterebbero inopportuni: le emozioni possono scaturire dalle cose semplici, come l’odore della cera d’api sui mobili antichi che arredano i lunghi e silenziosi corridoi, o il suono anacronistico della campanella che un tempo faceva accorrere le suore e oggi assicura la sollecita e premurosa accoglienza dello staff e magari, ancora, il profumo di pomodori o fragole nel loro momento di maturazione migliore, grazie a quel mix di sole, vento, mare e terreno che nell’orto biologico del Monastero generano prodotti dai sapori intensi e indimenticabili. Qui, tra l’altro, si supera l’abusato stereotipo del Km 0: siamo a soli 10 metri dalla cucina dove Christoph prepara creazioni gastronomiche non con prodotti di stagione, ma con prodotti di pochi minuti dopo il raccolto.
“Naturale” quindi che la carta cambi con il mutare dell’orto e che inserisca asparagi, carciofi romani, fave e fagiolini a maggio, quando il resort apre; peperoni, piselli e fiori di zucca a giugno; melanzane e pomodori in piena estate e così via fino a broccoli, cardi, cavoli e funghi in ottobre, quando l’albergo si avvia alla chiusura invernale.
Nell’attuale periodo di grande caldo, in carta si apprezzano i fusilli con calamari, pomodorini del Piennolo e melanzane al profumo di basilico; i frutti di mare gratinati alle erbe; l’alice panata farcita con la scamorza o l’insalatina di fave all’olio d’oliva affumicato abbinati ad una bella cantina di 320 etichette italiane e internazionali, con attenzione particolare a quelle locali meno note, ma degne di essere divulgate.
Anche la colazione – che con la bella stagione si può consumare nel patio sovrastante il bellissimo giardino profumato di fiori e delle stesse piante medicinali e aromatiche coltivate un tempo dalle monache, nella suggestiva disposizione a gradoni digradanti verso l’infinity pool – è alla carta, così da fornire frutta o salumi appena tagliati, oppure qualche proposta della cucina, al di là dell’offerta quotidiana delle immancabili torte fresche di giornata o delle sfogliatelle (foto sopra), vero vanto e coccola distintiva della struttura perché realizzata su ricetta creata e tramandata proprio dalle monache del Monastero Santa Rosa.
Attuale depositario della ricetta originale e suo impeccabile esecutore è appunto Christoph Bob (foto a lato) con il suo staff internazionale di giovani cuochi coordinati anche da Pasquale Paolillo, trade union tra la sua cucina mediterranea, solare e verace, e la raffinata creatività autoriale dello chef executive. Dall’orto biologico proviene dunque la maggioranza della frutta e della verdura necessarie al fabbisogno del ristorante, pesce e carne sono assicurati da fornitori locali affidabili: alici di Cetara, pasta di Gragnano, pomodori del Piennolo, formaggi artigianali, agnello Laticauda, maialino nero casertano, vanno a comporre piatti che rendono onore ad uno dei più bei territori del mondo.
Ancora una volta, pertanto, le più rigorose espressioni derivate dalle tradizioni regionali passano per mani straniere: Christoph è tedesco come il suo tristellato mentore Heinz Beck, presso il quale ha lavorato come sous chef; e altri chef d’oltralpe come Ducasse al Plaza Athenee e Alain Saliveres al Taillevent di Parigi, Horst Petermann nell’omonimo locale bistellato di Zurigo hanno contribuito alla strutturazione della sua solida preparazione professionale.
Ma sono le esperienze a Villa Feltrinelli a Gargano, al Relais Blu di Massa Lubrense, a Torre del Saracino di Vico Equense ad aver riscaldato la sua tecnica con il calore del sole italico.
Il resto lo ha fatto l’incontro con quella che poi sarebbe diventata sua moglie e che lo ha naturalizzato non tanto come italiano a tutti gli effetti, bensì come paesano della Costiera Amalfitana.
I suoi piatti esprimono dunque tutto il suo amore per una cucina di stampo meridionale, tanto che lui stesso dichiara di evitare creazioni che per eccesso di precisione tecnica possano sembrare “troppo tedesche (!)”.
Spiritualità e terrena passionalità si fondono nella storia di questo esclusivo Boutique Hotel e Spa di straordinaria bellezza, un tempo Monastero dedicato a Santa Rosa da Lima, costruito nel 1681 sulle mura diroccate di una chiesa del 1200. Fu la badessa Rosa Pandolfo, grazie alle possibilità economiche della sua famiglia d’origine, a volerne l’edificazione allo scopo di ospitare le “sacre vergini” che, nel tempo, avrebbero reso un gran servizio alla comunità locale preparando medicinali, codificando ricette e, perfino, convogliando l’acqua del vicino Monte Vocito per offrirla, tramite una fontana in piazza Olmo, ai paesani di Conca dei Marini. Dopo l’abbandono a cui le suore furono costrette, la magnifica e solitaria domus divenne hotel di prestigio nel 1934, arredata con eleganza dalla moglie russa del proprietario di allora e frequentata da ospiti illustri come Jacqueline Kennedy ed Eduardo de Filippo.
Purtroppo anche quella rinascita importante ebbe breve vita e la struttura fu di nuovo lasciata esposta all’incuria e alle offese del tempo. Fu un’altra donna, la terza in questa epopea storica, a determinare il destino dell’ex complesso monastico.
Il caso vuole che l’americana Bianca Sharma, durante una crociera con amici nella Baia di Salerno, scorgesse il lucore delle impervie mura e se ne innamorasse perdutamente fino a decidere di acquistarle per realizzarvi sì in uno dei migliori alberghi al mondo, ma con l’atmosfera autentica di una residenza privata sulla Costiera Amalfitana.
Continuando col tono favolistico del racconto, possiamo narrare che mostri cattivi ostacolarono il percorso della nostra eroina. Malgrado fosse stato attentamente studiato un restauro talmente rispettoso dell’integrità della struttura da rasentare il puntiglio, malgrado le opere edili garantissero lavoro e introiti rilevanti per artigiani, architetti, fabbri, falegnami e un’infinità di maestranze locali varie, malgrado la difficoltà dei lavori e il loro costo elevatissimo suggerissero tempi ragionevoli, malgrado la gestione prevista andasse a privilegiare soprattutto l’impiego di personale del posto, malgrado tutto questo, appunto, quel mostro squisitamente italiano che prende via via il nome di burocrazia esagerata ed elefantiaca, ignoranza, tentativi di approfittamento personali, lungaggini manovrate, tentò stolidamente per anni di contrastare il recupero del sito. Nonostante i non rari momenti di sconforto, Donna Bianca di Santa Rosa (l’attribuzione di un titolo e di un casato qui diventano d’obbligo) tenne duro grazie anche alla preziosa complicità e allo strenuo supporto di Flavio Colantuoni che oggi è direttore del resort, ma che ieri fu l’integerrimo e agguerrito difensore della meritoria impresa.
Lui, già esperto nel settore gestionale in virtù di incarichi in famosi hotel europei, con l’aiuto sostanziale dell’architetto napoletano Francesco Avolio de Martino, seguì passo passo ogni fase del restauro, condividendo con la proprietaria e il figlio di lei, Nathan, l’impegno a salvaguardare minuziosamente tutto ciò che avesse potuto ricreare l’atmosfera e il fascino che il Monastero aveva sempre avuto.
Ecco quindi il recupero dei vecchi portali, delle inferriate, dei fregi, dei dipinti, ecco l’dea di riutilizzare, all’ingresso del Monastero, la ruota in legno che le monache usavano per consegnare, non viste, medicinali e unguenti, ora trasformata in piccolo bar per gli ospiti nella breve attesa prima di occupare le proprie stanze, ecco anche il proposito di ricostruire quell’antica campanella che ieri come oggi riesce a comunicare, con quel leggero scampanio, l’ingresso in un luogo diverso da ogni anche più lussuoso albergo al mondo.
Questo caparbio atto d’amore ha generosamente restituito alla Costiera Amalfitana uno dei suoi gioielli più importanti.
Sono soltanto 12 le stanze e 8 le suite ricavate mettendo in comunicazione tra loro le celle delle monache, tutte con vista su un golfo incantevole dove si affaccia anche la bellissima Amalfi; 20 sole camere in un complesso maestoso, così da garantire il massimo del confort, degli spazi esclusivi e del rispetto della privacy di ogni ospite.
Contrassegnate dal nome delle piante officinali coltivate nei giardini e nell’orto del Monastero, ognuna è diversa dalle altre ed è arredata con gli eleganti mobili d’antiquariato di cui Donna Bianca è raffinata collezionista.
I letti king size ospitati sotto i caratteristici soffitti a volta che all’esterno assumono la loro forma a cupoletta, ben visibile alla sommità della struttura, sono rivestiti in bianco lino italiano; i confortevoli salotti sono arricchiti da antiche suppellettili o da oggetti unici di contemporaneo design; i grandi bagni sono dotati di sali da bagno e di saponi prodotti dall’Officina Profumo Farmaceutica di Santa Maria Novella, ritenuta la più antica d’Europa, gli stessi che, insieme ad oli preziosi e creme, vengono utilizzati nella sontuosa Spa scavata nella roccia, dove massaggi e trattamenti si aggiungono a un clima di relax totale tra profumo di limoni e silenziosa penombra.