“Era ora!! Grazie!!” scrivo a Massimo Bottura appena apprendo la notizia della sua elezione a Miglior Cuoco del Mondo da parte dell’Accademia Internazionale della Cucina che ha sede a Parigi.
“Pensa che soddisfazione, in casa dei francesi!!!!!” – mi messaggia lui di rimando.
I miei e i suoi punti esclamativi sono obbligatori: il primato è di quelli da far inorgoglire anche il più incallito degli antinazionalisti.
Era ora..ma ora? Cosa ci cambia?
Ora c’è che abbiamo il più grande sommelier del mondo (Luca Gardini) e il più grande cuoco del mondo (entrambi emiliano-romagnoli, (come me), guarda caso!!!) ma pensate che questo cambierà qualcosa nelle strategie e nel sentire comune di chi ci governa?
Sono anni che, dal mio modesto pulpito, predico che potremmo vivere quasi unicamente di enogastronomia e turismo, se solo li si considerasse patrimoni nazionali di vitale importanza.
Possediamo, in entrambi i settori, i tesori più apprezzati al mondo. Eppure, guardate: l’ambiente si degrada ogni giorno irrimediabilmente sotto le più orrende speculazioni, il patrimonio artistico si sgretola, la nostra meravigliosa agricoltura è svilita e svenduta, la nostra ristorazione è solo una gallina da spennare e da ostacolare con burocrazie e balzelli insopportabili.
Ancora una volta, in una Nazione di cui ormai si parla ovunque solo per gli scandali e i primati negativi, sono le aziende private piccole e grandi e i privati cittadini con la loro operosità onesta e non sbandierata a offrire al mondo gli unici segnali positivi, addirittura aggirando la putrida immagine di una classe politica avida e corrotta e di endemici sistemi clientelari o mafiosi tipici di un Paese alla deriva.
Bottura rappresenta il nostro piccolo ma grande riscatto. Bottura non si è distinto per estemporanei fuochi d’artificio così cari a determinati – e non voglio dire altro – concorsi famosi; non ha colpito per la prosopopea di una cucina autoreferenziale. E’ stata la sua cultura, la capacità di rispettare le potenzialità espressive delle materie prime del suo stesso territorio d’appartenenza a motivare il verdetto: la cucina di questo chef modenese, per la giuria, è la sintesi perfetta di “tradizione, scienza e arte”.
Per me che ho la fortuna di conoscerlo e apprezzarlo da anni, è la sintesi perfetta anche di “modestia, solide qualità umane e sensibilità” (me le ricordo bene, Massimo, le tue 48 ore e passa senza dormire quando ti abbiamo chiamato per cucinare per i terremotati dell’Aquila…).
La lezione è questa. Sono i valori a vincere. Meditate, governi, meditate…
Di Elsa Mazzolini