Possiamo cantare vittoria per il nostro export vinicolo in USA? Mah… Io suggerirei di fischiettare soltanto.
Ampio rilievo è stato dato dai media allo sfondamento del muro del miliardo di dollari nel nostro export vinicolo verso gli USA. I commenti ufficiali hanno sottolineato con toni trionfalistici la differenza tra quel solo, misero dollaro che gli americani ci davano nell’82 per ogni litro di vino e i 4,85 dollari che ci danno oggi. Detto così fa davvero impressione. Ma certi dati vanno saputi anche leggere. Sì, perchè nell’82 un dollaro era meno ridicolo di quanto non ci appaia oggi, almeno in rapporto con la nostra vecchia liretta, e soprattutto confrontato coi prezzi del vino di 25 anni fa. Viceversa, i 4,85 dollari di oggi non sono poi così tanti: valgono soltanto 3,70 euro. E non bisogna dimenticare che si tratta di una cifra al lordo di tutte le spese: provate a togliere i costi di spedizione, le provvigioni e quant’altro, e poi vedete cosa resta… Se questo è il prezzo medio, significa che l’America ci compra un po’ di prodotto eccellente, ma insieme a quello anche tanta roba mediocre. Ed è un dato davvero poco confortante: laggiú i bevitori abituali di vino sono solo il 14%, e sarebbe augurabile che almeno loro si orientassero con piú decisione verso la qualità. Certo, l’interesse lievita, ma ad un ritmo tutto sommato assai blando. Anche per quel che riguarda la cultura enologica di base, le ristrette élites metropolitane sono abbastanza avanti ma il resto della popolazione è ancora molto indietro, benchè il prodotto sia presente sul mercato da tantissimo tempo. La realtà è che il vino stenta ancora a sfondare, in quel grande Paese. Per questo chi ha il compito di venderlo deve inventarsi sempre qualcosa di nuovo. L’ultima trovata sono le dimostrazioni a domicilio, come si fa per le pentole e i cosmetici, con ampio ricorso al cosiddetto multilevel marketing, per coinvolgere direttamente il maggior numero di persone nel piú breve tempo possibile. E come carta vincente, per colpire le casalinghe del Midwest, si sfrutta l’immagine trendy e suggestiva di un prodotto gradito ai V.I.P. e in particolare ai divi hollywoodiani. Ma è davvero questo il modo per creare uno zoccolo duro di aficionados del vino, che si mantenga solido e inattaccabile negli anni a venire?